CHIARO DI LUNA, UNA VITA

 

TALAMONA 21 marzo 2014 presentazione di un libro alla casa Uboldi

 

IL RACCONTO DI UN’ESPERIENZA UMANA CHE SI INTRECCIA CON LA STORIA ENNESIMA DIMOSTRAZIONE DI COME LA STORIA QUELLA GRANDE ALTRO NON E’ CHE UN INTRECCIO DI MOLTEPLICI PICCOLE STORIE

Ogni individuo è un Mondo a sé, un Mondo, una vita, costruita sulla base delle esperienze vissute, degli incontri fatti e delle storie di chi ci ha preceduto, il tessuto familiare di cui tutti siamo il prodotto. Sono questi piccoli mondi queste piccole storie a creare tutte insieme il grande arazzo dell’umanità e della Storia, un concetto più e più volte ribadito nel corso delle serate alla Casa Uboldi, serate durante le quali molto spesso le piccole grandi storie di gente comune con vite a volte fuori del comune hanno trovato il loro spazio per essere raccontate. L’ultima in ordine di tempo questa sera alle ore 20.45. La storia della signora Adriana Peregalli, un’insegnante e pittrice che, come ha spiegato lei stessa in un videomessaggio in chiusura, ha voluto lasciare una testimonianza concreta del suo vissuto in primo luogo come eredità ai figli. Ed è così che è nato il libro CHIARO DI LUNA, UNA VITA che ha poi inaspettatamente (a detta dell’autrice) riscosso anche un discreto successo di pubblico. Un libro che nasce anche in primo luogo dalla grande abilità della signora Adriana di conversare e raccontare storie. È così che un giorno i suoi amici, Sandro e Gina Dell’Oca col marito di quest’ultima Pinuccio Corti, hanno deciso di registrare queste conversazioni mettendole poi per iscritto cercando di mantenere lo stile e la freschezza del linguaggio originale le espressioni dialettali, non badando alla grammatica e alla sintassi quanto piuttosto la volontà di favorire il magico fluido scorrere del racconto in modo che le parole della signora Adriana non andassero perdute. Ed è il risultato di questo lavoro che questa sera ci è stato presentato dai suoi solerti artefici attraverso letture di spezzoni del libro e una presentazione fotografica, un racconto come quelli che chiunque potrebbe ascoltare dalle proprie nonne di casa se ne avesse il tempo, la voglia, la pazienza. Una storia che comincia nel 1925 quando Adriana nasce a Rogolo, ultima di quattro fratelli accolta con grande festa e circondata dall’amore della famiglia. Una storia popolata da persone di spessore in primis i genitori in particolare il padre (figlio di una maestra talamonese Rosa Maggi), il cui nome, Esuberanzio, ne tradiva la personalità forte, il carattere originale, la tendenza ad avere le proprie idee e a difenderle ad oltranza, un padre cui Adriana sarà sempre molto legata e che intratteneva col prete del paese rapporti burrascosi che ricordavano molto don Camillo e Peppone, un padre a cui la madre di Adriana non è da meno, anche lei con una forte personalità e un grande amore per la cultura che diffondeva trasformando al pomeriggio il suo negozio di sarta in un salotto come quello delle dame dei due secoli precedenti dove si leggevano i romanzi di Carolina Invernizio, la scrittrice più in voga all’epoca. Una storia intrisa di valori e sistemi di vita perduti dove una famiglia amorevole come quella di Adriana non era così scontata, una famiglia che nonostante non usasse eccessiva severità, come invece si usava allora, ha saputo trasmetterle l’importanza dell’onestà e del rispetto da dare, ma anche da pretendere da tutti. Una storia che attraversa e viene attraversata da anni difficili come quelli del fascismo resi ancor più difficili dal fatto che il padre di Adriana era un socialista che rifiutava di tesserarsi al fascismo cosa che ad Adriana rese la vita difficile, soprattutto a scuola dove veniva presa di mira dalle maestre senza che questo facesse venire meno il suo amore per la cultura, amore che la portò a divenire maestra a sua volta ascoltando le lezioni di nascosto per non essere arrestata; gli anni della sua formazione come insegnante coincisero infatti con quelli difficili della lotta partigiana, anni caratterizzati da episodi poco piacevoli, in cui si uccideva e si moriva, in cui i confini tra bene e male non erano ben definiti, anni di cui gli è stato proibito di parlare, durante i quali Adriana doveva nascondersi perché ben nota alle autorità come collaboratrice partigiana, un ruolo che tuttora Adriana continua ad onorare come presidente dell’ANPI (l’associazione nazionale dei partigiani) di Delebio. Una storia fatta di momenti terribili che l’hanno costretta a crescere in fretta, ma anche di momenti lieti, normali per ogni ragazza, come le prime esperienze amorose prima della sorella maggiore e poi sue e gli anni più felici della sua vita da insegnante. Una storia caratterizzata anche da incontri inconsapevoli con uomini che poi sono diventati famosi come lo scrittore Alberto Bevilacqua da poco scomparso e Silvio Berlusconi. Una storia intitolata CHIARO DI LUNA perché la signora Adriana ha visto il suo passato sfocato e lattiginoso come un paesaggio al chiaro di luna, un titolo che ella ha dato anche ad un suo quadro che compare sulla copertina del libro. Una storia che la signora Adriana ha tramandato con la pacata saggezza che dona l’esperienza, l’aver attraversato e affrontato con coraggio la maggior parte della propria esistenza. Una storia che non si dipana secondo un preciso percorso cronologico, ma che segue il caotico filo dei ricordi. Una storia che ha appassionato il purtroppo esiguo pubblico in sala e che, come ha sottolineato l’assessore alla cultura Simona Duca nella sua introduzione “rappresenta uno spaccato di vita ai tempi della resistenza che, come tutte le storie di questo genere sono testimonianze preziose che tutti dovremmo portarci dietro.

Antonella Alemanni

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