I RIMEDI DELLA NONNA

DAL RACCONTO DEGLI ANZIANI SCOPRIAMO COME CI SI CURAVA SENZA OSPEDALI E ASL

Quando i nostri nonni erano bambini ci si ammalava esattamente come oggi se non di più ma i rimedi su cui si poteva contare per curarsi erano essenzialmente naturali alcuni dei quali sopravvivono ancora oggi come cure alternative, mentre di molti di essi persiste qualche dubbio circa la loro efficacia.

Per curare il mal di testa era uso fare impacchi sulla fronte e sulla nuca bendaggi sui polpacci e lavaggi ai piedi.

Per curare la bronchite si preparavano degli impacchi denominati polentine a base di farina di lino con una goccia di olio, oppure si applicavano sul petto pezze di lana imbevute di grappa o degli impiastri di resina di larice che decongestionavano le vie respiratorie. In alternativa c’era anche un rimedio interno, uno sciroppo preparato con germogli di pino messi a bollire con lo zucchero e filtrati in una bottiglietta dove lo sciroppo veniva conservato pronto per l’uso, che consisteva nell’assumere un cucchiaino un cucchiaino ogni qualvolta comparivano i sintomi cioè la tosse e l’ostruzione delle vie respiratorie. Si potevano anche applicare, sul petto e sulla gola, due cipolle tagliate a fette cotte senz’acqua e ricoperte con un tessuto oppure ricorrere a preparati a base di miele e grasso d’oca.

Per gli ematomi causati da traumi da caduta o altro si applicava sulla parte interessata una pezza imbevuta di resina di larice cotta in una pentola che poi andava gettata via oppure si ricorreva a bendaggi freddi oppure ancora a preparati a base di argilla e acqua con aceto.

Il rimedio più comune per la tosse consisteva in latte caldo e cipolle, ma esisteva anche un’altra possibilità: un preparato a base di zucchero candito due cucchiai d’olio d’oliva e due tuorli d’uovo, un preparato da assumere immediatamente dopo il primo attacco di tosse.

Il rimedio più diffuso per il raffreddore consisteva in latte caldo e miele ma si usavano anche sciacqui al naso con acqua salata, bagni in acqua tiepida e aceto e coperte di lana con cui avvolgersi.

Al mal di gola si rimediava applicando bendaggi freddi ai piedi e ai polpacci e bendaggi a più strati sulla parte interessata: un panno di lino o cotone ben caldo e imbevuto di olio poi un panno asciutto poi una sciarpa di lana.

Il rimedio per gli attacchi d’asma consisteva in uno sciroppo a base di ravanello nero e miele che si poteva preparare anche scavando l’interno del ravanello e riempirlo di miele tenendo il tutto a riposo per un giorno. Si applicavano anche dei bendaggi imbevuti di aceto ai polpacci e agli avambracci oppure fiori di fieno al petto. In ultimo si facevano bagni completi alternativamente freddi o caldi.

Sebbene all’epoca non fosse così diffusa si conoscevano rimedi anche per l’insonnia. Un rimedio tra i più diffusi a quel tempo viene usato ancora oggi da chi soffre di questo disturbo e consiste nel bere una tazza di latte tiepido prima di coricarsi. Altri rimedi consistevano in bendaggi ai polpacci e

al ventre oppure in passeggiate serali e nell’immersione dei piedi nudi in acqua andando a letto subito dopo senza asciugare i piedi, ma limitandosi a togliere l’acqua con le mani.

Il mal di stomaco si curava con bagni d’acqua tiepida o succhi di cavolo.

I crampi muscolari si curavano avvolgendo la parte colpita in un panno di lana.

Per i dolori mestruali si applicavano impacchi caldi sul basso ventre.

Contro i disturbi della menopausa si usavano decotti di aghi di pino e lavaggi con acqua e aceto.

Contro i dolori reumatici si usava un infuso a base di foglie di betulla.

Per i disturbi dei piedi (dolori, gonfiori, geloni) si consigliava di camminare spesso a piedi nudi oppure si applicavano bendaggi freddi (di acqua e aceto per i gonfiori) oppure si alternavano bagni caldi e freddi. Per lenire i gonfiori un altro buon rimedio consisteva nell’immergere i piedi in un infuso caldo di radici di felce. Per i piedi freddi e i geloni si usava applicare d’estate foglie di felce fresca mentre d’inverno foglie di felce secca inoltre d’estate si consigliava di camminare a piedi nudi nei prati umidi di rugiada, mentre d’inverno si portavano spesse calze di lana.

Gli stati di nervosismo venivano curati con bagni d’aghi di pino, infusi di biancospino e acqua zuccherata oppure immergendo le braccia in acqua fredda.

Contro la stitichezza si bevevano infusi di camomilla miele e olio di lino (oppure di olio di oliva e semi di lino).

Per i disturbi agli occhi si usava lavarli e applicarvi foglie di vite e geranio per calmare i dolori mentre per i gonfiori di applicavano sotto i lobi delle orecchie fette di cipolle crude.

Contro le infreddature si usavano infusi di salvia oppure inalazioni dell’infuso di camomilla e fiori di fieno oppure ancora scorze di cipolla fatte bollire nell’acqua che andava bevuta.

Per fermare il sangue che colava dal naso si usava fare impacchi freddi sulla nuca oppure si immergeva dell’ovatta nell’acqua calda e poi la si usava per tamponare il naso.

I tamponi d’ovatta si usavano anche per curare piccole ferite per curare le quali si usava anche un decotto a base di corteccia di quercia.

Quando capitava che spine o schegge penetrassero profondamente nella pelle si applicava sulla parte interessata resina di pino oppure fette di cipolla o pomodoro.

Alle punture d’insetto si rimediava applicando fette di mela sulla parte interessata.

Per i tagli esistevano vari rimedi. I tagli superficiali erano curati tamponandoli con del cotone immerso in acqua calda oppure spalmandovi sopra olio d’oliva ricoperto con una pezza. I tagli più profondi si curavano con un decotto di foglie di malva oppure di equiseto nei quali si immergeva una pezza da applicare sul taglio.

Per uccidere i pidocchi si adoperava petrolio miscelato con acqua da strofinare sui capelli.

Per il mal di denti si applicavano sulla parte interessata chiodi di garofano oppure foglie di una pianta chiamata in gergo slavaz.

Questo articolo è da considerarsi teorico. Anche volendo provare qualche rimedio a casa non bisogna mai trascurare di chiedere un parere medico

Antonella Alemanni

 

PROVERBIO

Si tu veu restà sensa mieè mandela al suu ul mis de febreè

Se vuoi restare senza moglie mandala al sole nel mese di febbraio

Questo proverbio serviva a mettere a parte tutti circa i malanni che potevano derivare dai cambi di stagione in particolare proprio dal sole di febbraio.

https://museoetnograficotalamona.wordpress.com/2016/04/20/i-rimedi-della-nonna/

Lascia un commento