MARIEGOLA DI COLLIO

 

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La Mariegola di Collio è un codice miniato realizzato nel 1523 con testi e miniature di varie epoche, conservato nel Museo diocesano di Brescia.Nato per contenere lo statuto della Confraternita dei santi Antonio Abate, Faustino e Giovita attiva a Collio, spicca particolarmente per le miniature delle prime due pagine, realizzate da un artista nell’ambito di Floriano Ferramola. Il codice è datato 25 marzo 1523 e viene eseguito su commissione della Confraternita dei santi Antonio Abate, Faustino e Giovita attiva nella chiesa di Sant’Antonio Abate a Memmo, frazione di Collio.
Il codice, propriamente una mariegola, cioè un testo contenente lo statuto della confraternita, assolve alla sua funzione per tutti i secoli successivi fino alla prima metà del Novecento, quando cessa di essere utilizzato e viene trasferito nella Biblioteca Queriniana di Brescia, dove rimane fino agli anni ’70.Dalla fine del secolo si trova esposto presso il Museo diocesano cittadino, nella sezione riservata ai codici miniati.Si tratta di un manoscritto membranaceo di pergamena di media qualità, misurante 28,4×19,6 cm, suddiviso in questo modo:
Fogli 1r-8r: miniature e testo dal 25 marzo 1523. Vi è redatto l’originale statuto della confraternita;
Fogli 8v-50v: testi di varie epoche dall’11 marzo 1580 al 1949, con molti fogli bianchi. Vi si trovano altri documenti manoscritti relativi alla vita devozionale della comunità.
Ogni foglio è suddiviso in 32 linee e presenta una numerazione tarda nell’angolo superiore destro. I fogli più antichi sono redatti in scrittura gotica libraria italiana, con presenza di varie mani, mentre i successivi sono in scrittura corsiva umanistica. L’inchiostro utilizzato è sempre il nero, ma i titoli e le rubriche sono in rosso.
Il codice presenta due grandi miniature nelle prime pagine, ognuna suddivisa in due riquadri, uno maggiore al centro e uno minore alla base, contornati da una spessa cornice decorata a candelabre con altri ornamenti ai quattro angoli: il foglio 1v è decorato da una Crocifissione al centro e da una Orazione dei santi Sebastiano e Cristoforo in basso, mentre ai quattro angoli vi sono i simboli degli Evangelisti, mentre il foglio 2r presenta i Santi Antonio Abate, Faustino e Giovita al centro, le Tentazioni di sant’Antonio in basso e i Padri della chiesa agli angoli. Il resto dell’ornamentazione del codice, invece, riguarda principalmente iniziali e capilettera.
La legatura è originale cinquecentesca, in legno ricoperto di pelle, con motivi romboidali e floreali impressi a secco.

 

 

Lucica Bianchi

Nino Cellamaro

 

Bibliografia consultata:

Paola Bonfadini, Mariegola della Confraternita dei santi Antonio Abate, Faustino e Giovita in AA.VV., Nel lume del Rinascimento, catalogo della mostra, Edizioni Museo diocesano di Brescia, Brescia 1997

Gaetano Panazza, Le arti applicate connesse alla pittura del Rinascimento in Storia di Brescia, vol. III, Treccani, Brescia 1964

Gaetano Panazza, La confraternita dei santi Antonio Abate, Faustino e Giovita a Memmo di Collio, Gardone Val Trompia, 1979

IL VIRGILIO VATICANO

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nell’immagine: Folio 22 recto dal Virgilio Vaticano, contenente un’illustrazione dall’Eneide raffigurante la fuga da Troia

Il Virgilio Vaticano o Vergilius Vaticanus è un manoscritto miniato contenente frammenti dell’Eneide e delle Georgiche di Virgilio, scritto a Roma intorno all’anno 400, e conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana (Cod. Vat. lat. 3225).Il manoscritto fu probabilmente realizzato per un aristocratico pagano.Annotazioni presenti sul manoscritto indicano che rimase in Italia fino al VII secolo e che nel secondo quarto del IX secolo era a Tours.Alcune annotazioni furono introdotte da uno scriba francese attorno al 1400.Del manoscritto si sono conservati 76 folii con 50 illustrazioni. Se, come si usava all’epoca, conteneva originariamente tutti i lavori canonici di Virgilio, il manoscritto originario doveva contenere 440 folii e 280 illustrazioni circa.Il testo è una “scriptio continua” (cioè le parole sono scritte di seguito senza interporre spazi) in capitale rustica,(scrittura calligrafica maiuscola dell’antica Roma), opera di un singolo scriba. Lo scriba scrisse il testo lasciando lo spazio per le illustrazioni all’interno delle colonne di testo o, più raramente, a pagina intera.Successivamente tre illustratori differenti produssero le illustrazioni, riprese da libri iconografici. Le illustrazioni sono contenute all’interno di cornici e includono paesaggi, architetture e altri dettagli; nei paesaggi, il terreno grigio si mescola a bande di rosa, violetto o blu per dare l’impressione di una distanza sfocata. Le figure umane sono dipinte in stile classico con proporzioni naturali e disegnate con vivacità. L’illusione della profondità è resa bene; l’uso della prospettiva nelle scene in interno dimostra il ricorso a idee precedenti, ma occasionali errori dimostrano che i miniatori non conoscevano bene la materia. Lo stile delle miniature è molto simile a quelle del frammento dell’Itala di Quedlinburg(Itala è il più antico manoscritto biblico miniato conservatosi).
Insieme al Virgilio Romano e all’Ilias Picta, il Virgilio Vaticano è uno dei più antichi manoscritti contenenti il testo dell’Eneide illustrato.

a cura di Lucica Bianchi e Trifone Cellamaro

LA RICERCA DEL TEMPO SACRO

La Legenda Aurea è una raccolta medievale di biografie agiografiche composta in latino da Jacopo da Varazze, frate domenicano e vescovo di Genova. Fu compilata a partire circa dall’anno 1260 fino alla morte dell’autore, avvenuta nel 1298. L’opera costituisce ancora oggi un riferimento indispensabile per interpretare la simbologia e l’iconografia inserite in opere pittoriche di contenuto religioso.La Legenda Aurea fu dopo la Bibbia l’autentico bestseller tardo medievale: se ne contano migliaia di manoscritti, oltre a moltissime edizioni a stampa. Ma il buon domenicano genovese, con la sua raccolta agiografica, non aveva certo voluto né potuto far un lavoro di critica storica: egli si era limitato a raccogliere le leggende correnti, in qualche caso ad aggiungervi o a togliervi dei particolari, spesso a ricucirli in veri e propri “romanzi devoti”, come si vede il 6 gennaio a proposito dei magi e il 14 settembre riguardo alla leggenda del legno della vera Croce, temi che come si sa incontrarono uno straordinario successo nell’interpretazione degli artisti.Tuttavia, la critica era stata e resta durissima a proposito della verosimiglianza storica di quelle leggende: e i dotti gesuiti bollandisti, impareggiabili studiosi critici delle biografie santorali, la condannarono senz’appello come “leggenda non d’oro, bensì di piombo”. Più indulgenti, studiosi di valore come Alain Boureau hanno definito l’opera una “compilazione”, cosa che del resto nel medioevo non era affatto indecorosa, al contrario.

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Vite di santi – miniatura iniziale dalla “Legenda Aurea” di Jacopo da Varazze, Francia ,1382 – Londra, British Library.

a cura di Lucica Bianchi e Trifone Cellamaro