DAL RACCONTO DEI NONNI LE ORIGINI DI UNA TRADIZIONE CHE ANCORA OGGI COSTITUISCE MOTIVO D’ORGOGLIO PER IL NOSTRO TERRITORIO
Dalle vigne (i cui terrazzamenti si possono ammirare ancora oggi sul cosiddetto versante dei Cech) si raccoglieva l’uva accumulandola in grandi ceste che venivano depositate in un grande recipiente chiamato tino tramite un piccolo marchingegno posto sopra di esso “la macchina per schiacciare l’uva”. Vi si saliva tramite una scala tenendo in mano la cesta con l’uva che veniva poi rovesciata nel tino. L’uva rovesciata veniva schiacciata da due rulli dentati azionati da una manovella. Questo lavoro poteva essere svolto sia da una persona che da più persona contemporaneamente. Da questo procedimento si formava il mosto dalla cui fermentazione si otteneva il vino. Il mosto veniva controllato periodicamente. Gli acini che rimanevano dopo la spremitura potevano ammuffire ed era dunque necessario spremerli appositamente con uno specifico utensile, una sorta di cucchiaio o paletta. In questo modo, non solo gli acini non ammuffivano, ma si ricavava altro mosto. Quando, dopo un certo periodo, necessario per la fermentazione del mosto, il vino era pronto, veniva raccolto con dei secchi e posto a maturare nelle botti. Dopodiché si passava al processo di torchiatura. I resti di questo procedimento venivano spremuti ulteriormente fino che rimanevano scarti chiamati vinacce con cui veniva prodotta la grappa.

Curiosità
In tempi molto più antichi, l’uva non veniva schiacciata coi rulli, ma direttamente con i piedi. Un curioso aneddoto vuole che, per dissuadere i bambini dal voler assaggiare il vino non adatto alla loro età, gli si raccontava che coloro che pigiavano gli acini ci facevano la pipì sopra.
Il torchio
Esistevano due tipi di questo strumento: uno più antico, composto da una botte formata da aste di legno intervallate da brevi spazi, sopra la quale si trovava un’asta orizzontale collegata da un perno (un disco di legno su un’asta verticale che si muoveva su e giù a seconda di come veniva mossa l’asta orizzontale da due o più uomini contemporaneamente) e uno più recente in realtà molto simile al primo. Sotto la botte si trovava un ripiano di legno con una scanalatura nella quale veniva fatto scorrere il vino, raccolto poi in una bacinella e travasato nelle botti tante e tante volte per conservarne la qualità.
Antonella Alemanni
https://museoetnograficotalamona.wordpress.com/2016/04/22/come-si-faceva-il-vino/