VITA NEI CAMPI (DI MONTAGNA)

ATTRAVERSO IL RACCONTO DEI NONNI ALLA SCOPERTA DELLE PRINCIPALI ATTIVITA’ CONTADINE

La vita una volta si svolgeva molto all’aperto. L’economia era un’economia di sussistenza. Ogni famiglia possedeva un pezzo di terra (piccolo o grande a seconda dei mezzi) e dalla terra la gente ricavava tutte le risorse necessarie per vivere, coltivandola o ricavandone foraggio per gli animali allevati. Vediamo più in dettaglio come si svolgevano queste attività.

Agricoltura

Una volta l’agricoltura era molto più diffusa e prospera di quanto lo sia oggi e questo per due motivi ben precisi: in primo luogo non esisteva l’industrializzazione e dunque, come già accennato, l’economia era basata su un sistema di sussistenza in base al quale ognuno produceva quanto più gli era necessario senza eccessi, inoltre essendoci anche molte meno case le estensioni di prato e di terreno erano più vaste.

Zappatori

Ogni famiglia, anche la più povera, possedeva un orticello dove coltivare, mais, fagioli, pomodori, carote, insalata e cicoria. Inoltre ogni famiglia possedeva un’estensione di prato più o meno vasta la cui erba serviva come foraggio per gli animali e sulla quale spesso crescevano spontaneamente alberi da frutto che in questo modo divenivano proprietà della famiglia.

Tutti questi prodotti erano a uso famigliare, ma qualche volta una parte di essi era venduta al mercato per ricavarne un piccolo profitto. Per poter vendere i prodotti, bisognava caricarseli in spalla nei gerli e andare a piedi fino al mercato di Morbegno oppure a volte anche più lontano ad Albaredo o Tartano. A Talamona era più difficile fare scambi dato che ognuno aveva i suoi appezzamenti da cui ricavava i propri prodotti. Questa è una significativa testimonianza di quanto la vita fosse dura.

Quando erano di stagione inoltre, si andava in alta montagna a cogliere i frutti di bosco anch’essi una parte per proprio consumo e una parte per la vendita (in base ovviamente alla quantità raccolta). Alcuni frutti del bosco come quelli autunnali erano particolarmente importanti. Le castagne venivano chiamate il pane dei poveri e con esse effettivamente si poteva fare una farina adatta alla panificazione. Dalle noci si ricavava olio per le lampade, che in un’epoca senza elettricità era l’unica forma di illuminazione disponibile. Si coglievano anche i funghi qualche volta, ma esclusivamente ad uso famigliare.

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Allevamento

Le famiglie contadine allevavano soprattutto mucche. Ogni famiglia ne possedeva almeno una. Questi animali costituivano un profitto poiché da esse, dal loro latte soprattutto si potevano ricavare molti prodotti e risorse utili.

Il latte veniva consegnato nelle latterie che provvedevano alla sua lavorazione procedendo poi alla rivendita dei prodotti. Il guadagno così ottenuto veniva suddiviso in parti uguali tra i soci produttori e fornitori di latte così come ci si divideva equamente i prodotti. I soci di una latteria erano praticamente tutti compaesani.

Tutti avevano, come si è detto, almeno una mucca, ma erano le latterie a possedere gli strumenti necessari alla lavorazione del latte. La percentuale di latte che ogni famiglia teneva per sé per sussistenza era minima rispetto a quella che veniva venduta.

Come ogni società, anche quella casearia aveva le sue regole: ogni socio doveva consegnare il suo latte esclusivamente alla sua latteria di riferimento. Chi vendeva il latte in proprio veniva dissociato. Del resto era molto difficile che qualcuno riuscisse a vendere il latte per proprio conto, dato che era molto più comodo per tutti questo sistema e non si conoscevano infondo altre modalità di vendita, altri contatti.

Una piccola eccezione si verificava quando durante la stagione estiva tutti gli allevatori col loro bestiame si trovavano sui maggenghi in alta montagna e li poteva capitare che si vendesse il latte in proprio, anche se in realtà questo periodo era dedicato soprattutto al riposo e alla cura degli animali.

In inverno era giocoforza che si portasse il latte in latteria. Non essendoci nessun mezzo efficace di conservazione, tenere il latte in casa avrebbe infatti significato farlo andare a male. Gli alpeggi estivi erano invece delle vere e proprie latterie di montagna. I contadini si portavano appresso le proprie famiglie e ciascuno doveva contribuire in qualche modo: curando le mandrie, cucinando, aiutando nel corso delle varie procedure di lavorazione.

Non era una vita facile. Ci si alzava presto e si lavorava duramente fino a tarda sera per tutta l’estate.

L’allevamento delle mucche era il più diffuso nelle nostre valli. Ma non mancavano allevamenti di pecore e capre anche se erano pochi. da questi animali si ricavava lana, carne e latte.

Infine qualcuno allevava i maiali, ma erano in pochi, soprattutto a La Sirta e l’uso che si faceva di questi animali era esclusivo a scopo alimentare di sussistenza, il classico maiale che veniva ucciso per ricavarne la carne da consumare alla domenica o nelle occasioni particolari.

Le famiglie non vendevano mai ne i propri maiali, ne i prodotti che da essi ricavano.

Del maiale, come recita anche un vecchio adagio popolare, non si buttava nulla. La carne della testa veniva usata per fare il salame, la carne sui fianchi e sulla schiena diventava lardo, che veniva salato e mangiato così come la pancetta. Il grasso veniva cotto col burro per ricavarne una sorta di olio che fungeva da condimento per tutto l’inverno e veniva conservato in un recipiente di terracotta . i grassei erano cio che rimaneva di questa preparazione di grasso di maiale e burro. La carne delle zampe dei maiali veniva tagliata a fettine e mangiata con le verdure. Tutto il resto della carne diventava salsicce, le ossa e le interiora servivano per fabbricare il sapone e il sangue veniva cotto arrostito e solidificato dentro una pentola per ricavare le salsicce al sangue.

Antonella Alemanni

https://museoetnograficotalamona.wordpress.com/2016/04/22/vita-nei-campi-di-montagna/

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