Alla fine del 1800, quando era in atto l’esplorazione delle montagne e delle loro valli nelle parti più elevate, anche grazie alla nascita del Club Alpino Italiano, la loro “pubblicizzazione” che le ha portate alla conoscenza generale avvenne, normalmente, per opera di personaggi di cultura appassionati della montagna e curiosi di approfondirne la conoscenza in tutti i loro aspetti. Questi personaggi diffondevano le loro scoperte con scritti vari su giornali locali e nazionali e con altre pubblicazioni, come abbiamo visto con Bruno Galli Valerio.
La stessa nascita del CAI era stata opera di questi personaggi e fino ai primi del novecento furono praticamente solo loro a frequentare la montagna, ma non da soli. Le loro curiosità e la loro passione erano in parte fermate dalle difficoltà nell’affrontare le asperità delle cime e delle terre alte, dove, peraltro, vivevano i montanari. Molti di loro erano pastori, e soprattutto i cacciatori, ed erano abituati a muoversi su questi aspri terreni con disinvoltura per la dimestichezza che avevano con l’ambiente che abitavano e che percorrevano continuamente per svolgere i loro lavori.
E’ quindi a loro che si rivolsero i cittadini aspiranti alpinisti, ma anche i cartografi che erano incaricati di stendere le mappe delle zone montuose, per la conoscenza che essi avevano della loro zona e per l’abilità con cui si muovevano su questi terreni rocciosi e senza sentieri. I cittadini a loro volta, il CAI in particolare, formarono i loro accompagnatori, dando loro le conoscenze tecniche sull’uso di attrezzi nuovi come, corde, piccozze, ramponi necessari per potersi muovere in ambienti rocciosi e ghiacciati. Furono quindi istituiti dei corsi per la formazione delle “Guide Alpine” col rilascio di apposti titoli per poter esercitare la nuova professione.
In Valtellina nacquero le celebri guide della Valmasino, della Valmalenco, di Bormio e della Valfurva, e altre sporadicamente come a Delebio, Ponte Valtellina e Piateda dove troviamo Giovanni Andrea Bonomi che fu, praticamente l’unica guida delle Alpi Orobie Valtellinesi, molto nota nell’ambiente alpinistico dell’epoca per le sue doti di abilità, sicurezza e affidabilità.
Giovanni Andrea Bonomi
Come si vedrà, Giovanni Andrea deve a Bruno Galli Valerio il fatto di essere diventato Guida Alpina, professione che gli portò un po’ di benessere.
Anche grazie alle Guide Alpine, le nostre montagne, le nostre valli e le popolazioni che vi abitavano furono portate alla conoscenza del grande pubblico.
GIOVANNI ANDREA BONOMI (1860-1939)
Giovanni Bonomi (l’ultimo a destra), nella foto di gruppo delle guide del corso CAI 1899.
Nasce a Piateda, nella frazione di Agneda, a 1228 m di altitudine, in una della convalli della val Venina. Il papà, Giovanni Angelo, alla fine degli anni ’70, accompagnava occasionalmente, alpinisti della neonata sezione C.A.I. di Sondrio e cacciatori, sulle sue montagne. Giovanni Andrea seguiva queste comitive, portando i bagagli, dando così una mano al padre e facendo i primi guadagni. Cresciuto, iniziò a svolgere autonomamente l’attività di guida ad alpinisti e cacciatori, ma la sua attività alpinistica si sviluppò soprattutto negli anni ’90 ed è legata a Bruno Galli Valerio, che si dedicò all’esplorazione sistematica delle Alpi Orobie e a descriverne le bellezze negli articoli che pubblicava sul giornale “La Valtellina”. La sua attività di guida, diventata ufficiale, dopo che aveva frequentato, nel 1899, in Grigna, il primo corso per la formazione della Guide alpine organizzato dal CAI Milano, si sviluppò, nel primo periodo sulle Orobie, per poi allargarsi ai gruppi del Disgrazia, del Bernina, al Badile, al Cengalo, al monte Bianco e al Rosa.
Marino Amonini ha recuperato, fra i documenti personali conservati dagli eredi Bonomi, anche la documentazione degli attestati di guida alpina, che di per sé sono un certo pregio archivistico (si tratta infatti dei primi attestati di guida alpina rilasciati dal CAI di Sondrio).
Nella sua carriera, il Bonomi accompagnò anche personaggi famosi come D. W. Freshfield sul pizzo Redorta e il principe Scipione Borghese sullo Scais e sul Redorta, nello stesso giorno. Dopo il 1900, il suo rapporto alpinistico con Bruno Galli Valerio, di cui era anche molto amico, si affievolì per allargarsi ad altri alpinisti del CAI di Milano. Nel 1898, in occasione di una salita al Cengalo in Val Masino, il Bruno Galli Valerio scriveva : …“è sufficiente non aver paura e seguire esattamente i suoi ordini”. La sua attività si sviluppò per circa un ventennio e seppe guadagnarsi una meritata fama di guida affidabile, prudente e sicura. Era impareggiabile nell’individuare sempre, in ogni salita, la via più logica per raggiungere la vetta. Ecco un giudizio dell’alpinista Enrico Ghisi del CAI di Milano: “…Giovanni Andrea Bonomi, tipo di forza e di intelligenza alpinistiche straordinarie, congiunte ad una semplicità di costumi, ad un ingenuo candore, ad una modestia così intensa che davvero se ne rimane ammirati. Splendido arrampicatore, imperturbato per nevi e per ghiacci, la sua celebrità alpinistica sarebbe grande se il suo domicilio non lo rilegasse in una valle così ingiustamente negletta”. Infine, di lui così scrive Giuseppe Miotti: “…il Bonomi continuò un’intensa carriera che conobbe solo i limiti imposti dalla sua infelice residenza che lo teneva fuori dal grande giro della clientela. Ciò nonostante fu una guida leggendaria… per qualche anno fu seguito anche dal figlio Bortolo che però, dovette smettere per scarsità di clienti”. La carriera di Giovanni Bonomi fu, tra alti e bassi, molto longeva.
Morì ad Agneda nel 1939, dove fu sepolto.
La “Via Bonomi” alla vetta dello Scais.
Bibliografia
– Marino Amonini: “Giovanni Bonomi, guida alpina”- Biblioteca Civica Piateda-1985.
-G.Miotti, G.Combi, GL.Maspes: “Dal Corno Stella al K2 e oltre, storia dell’alpinismo valtellinese” – CAI Valtellinese, Sondrio 1996.
Guido Combi (GISM)
- Agneda 1898
- Chiesa Agneda 1898
- Giovanni Bonomi