LUGLIO TRA LE STELLE

TALAMONA dal 3 al 31 luglio la Casa Uboldi diventa planetario

 

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UN’INTRODUZIONE ALL’ASTRONOMIA A CURA DI CESARE VOLA, PROFESSORE DI FISICA

L’astronomia è una tematica che ancora mancava nel vasto e variegato catalogo di tutte quelle affrontate nel corso di questi circa tre anni di attività della Casa della Cultura. Una tematica che si presta molto bene alle sere d’estate quando (temporali e nuvole permettendo) il cielo è limpido e l’aria è piacevolmente fresca e si può star fuori sino a tardi a meditare sull’infinito. Il cielo è legato all’umanità si può dire in maniera trasversale, attirando sia persone che lo scrutano per cercare di comprenderne i misteri e le dinamiche (astronomi, astrofisici e studiosi affini) sia persone che si limitano a contemplarlo per cantarne la bellezza e le emozioni che suscita (poeti e artisti, ma anche innamorati). Nel corso di queste sere di luglio, alla Casa Uboldi, ci si è concentrati soprattutto sull’indagine scientifica del cielo, resa in modo semplice e chiaro da Cesare Vola, che questi argomenti è abituato per mestiere ad insegnarli a platee di studenti e dunque sa come attirare e tenere ben desta l’attenzione anche in chi trova ostici tali argomenti. Sfidando dunque la possibilità di una diffidenza verso la tematica, il periodo che di solito la gente utilizza per le vacanze estive, Cesare Vola ha ottenuto la possibilità per quest’anno di prolungare l’apertura della Casa Uboldi (che di solito chiude con le serate nel mese di giugno) e parlare, nel corso dei cinque venerdì di luglio a partire dalle 20. 45 circa, dei misteri del cielo, degli argomenti essenziali per formare un’introduzione all’astronomia accessibile a tutti, salutata da un discreto successo di pubblico.

 

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Venerdì 3 luglio 2015: il cielo a occhio nudo, pianeti e costellazioni

In un percorso di introduzione all’astronomia non si può cominciare che parlando del cielo a occhio nudo, sebbene la serata, funestata da un temporale, non si prestasse a tale argomento. “mi è sempre piaciuto osservare il cielo, studiarlo” ha dichiarato Cesare Vola introducendo la sua lezione “ed ecco che stasera vorrei cominciare proprio da questo. La cosa fondamentale da sapere, quando si osserva il cielo cercando di capire cio che succede, è che per fare cio il cielo va osservato per anni, tutte le sere un poco per volta e fare come facevano gli antichi”. Gli antichi infatti, fin dalla preistoria hanno osservato il cielo, costruendo persino dei rudimentali osservatori con le pietre dette megalitiche, perché molto grandi (come ad esempio Stonehenge). Con questi osservatori (rudimentali si, ma molto precisi tanto che alcuni studiosi hanno definito Stonehenge un computer di pietra) gli antichi osservavano le stelle “perché sin da allora si era capito che le stelle nel cielo si muovono” ha proseguito Cesare Vola “gli antichi avevano la percezione di essere fermi mentre tutto intorno a loro nel cielo si muoveva. È normale pensare di essere fermo, avere questa sensazione e dunque stando fermi gli antichi contemplavano il cosiddetto firmamento. Ma mentre gli antichi potevano contare soltanto sui loro occhi per vedere le stelle, noi al giorno d’oggi disponiamo di programmi facilmente scaricabili sul computer. Questa sera useremo un programma chiamato STELLARIUM che permette di rimuovere l’atmosfera (che filtra la luce del sole e dunque ostacola la visione del cielo) e la terra e permette di impostare un luogo da cui osservare il cielo e una data, senza dover aspettare ogni notte per anni o le condizioni atmosferiche favorevoli come dovevano fare gli antichi e come si è dovuto continuare a fare fino a tempi più vicini a noi” mentre spiegava Cesare Vola ha impostato lo stellarium sul cielo visto in quel preciso momento da Parigi e ha portato l’attenzione sulla costellazione del Gran Carro “la costellazione più facile da osservare” ha detto prima di passare alla spiegazione vera e propria “la prima cosa che possiamo osservare, è che le stelle nel cielo stanno sempre, una rispetto all’altra nella stessa posizione ed è per questo che gli antichi ad un certo punto si sono inventati le costellazioni” poi tornando a concentrarsi sull’Orsa Maggiore (altro nome del Gran Carro) ha aggiunto che “bisognerebbe osservarla per tutta la notte dalle nove della sera fino alle nove della mattina per vedere che succede. Qui e ora possiamo effettuare la stessa osservazione con questo programma mandando avanti i minuti” a questo punto si è osservata la volta celeste che ha cominciato a ruotare pian piano. Spostandosi pian piano nella volta celeste attraverso il programma con mouse e cursori è stato possibile ad un certo punto visualizzare accanto al Gran Carro o Orsa Minore il Piccolo Carro o Orsa Minore, importante perché tra le stelle di cui questa costellazione è formata troviamo la famosa Stella Polare, l’unica che mantiene in cielo una posizione fissa mentre tutte le altre stelle le ruotano intorno “in montagna prendendo come riferimento un albero o una roccia e stando a guardare il cielo per almeno un paio d’ore questo fenomeno di rotazione si nota bene anche se dopo un po’ stordisce. Gli antichi si ammattivano osservando questo fenomeno cercando di capire come e perché succedeva. Cercando di trovare una spiegazione al fenomeno, gli antichi elaborarono il concetto di volta celeste, una sfera che sta tutt’intorno alla Terra. In questa volta celeste la Stella Polare occupa una posizione esattamente sopra la Terra mentre sotto intuivano la presenza di altre stelle che non potevano vedere. Ma come se la immaginavano la Terra gli antichi? Rotonda o piatta? Ancora oggi c’è una società anglosassone (con tanto di sito Internet) che sostiene che la Terra è piatta. Gli antichi invece, soprattutto i Greci, nell’elaborare il loro modello, hanno considerato la Terra come una sfera circondata dalla sfera del firmamento. Ma chi muove le stelle contenute in questo sistema di sfere che hanno ideato? Il motore immobile, cioè una sorta di divinità (che per i cristiani più avanti sarebbe stato semplicemente Dio) che fa girare le stelle una volta al giorno”. Queste stelle sono chiamate fisse perché pur ruotando, lo fanno, come è già stato detto, mantenendosi sempre nella stessa posizione, e dunque in qualche modo ferme, una rispetto all’altra. “ma oltre alle stelle fisse esistono anche le stelle mobili, i pianeti (che gli antichi chiamavano comunque stelle perché non avevano un’idea precisa di quello che vedevano), che percorrono il cielo passando da una casa dello Zodiaco all’altra. Lo Zodiaco è un insieme di costellazioni che percorrono un cerchio in cielo, intorno alla Terra e per la maggior parte non sono facili da osservare, perché composte di stelle per la maggior parte poco luminose. Da qui dove ci troviamo alcune si possono osservare puntando lo sguardo verso sud” a questo punto Cesare Vola ha mostrato tramite lo stellarium la posizione delle costellazioni dello Zodiaco e dei pianeti sulla volta celeste “Venere e Giove li vediamo vicini” ha detto e ha parlato di un fenomeno avvenuto nei giorni immediatamente precedenti, una particolare congiunzione tra questi due pianeti che qualcuno ha definito, molto romanticamente, bacio “questo succede perché i pianeti seguono traiettorie mobili, diverse da quelle delle stelle, costanti e regolari. Ma mobili rispetto a che cosa? Rispetto alla posizione che occupano in riferimento alle costellazioni dello Zodiaco. Si spostano da una costellazione dello Zodiaco all’altra”. Per spiegare meglio il concetto Cesare Vola ha utilizzato un’altra funzione dello stellarium che permette di selezionare uno specifico corpo celeste e di seguirne il percorso in cielo rispetto a tutti gli altri. Ha selezionato Marte. “in questo momento Marte si trova nei Gemelli, una costellazione che si vede abbastanza bene perché ha due stelle luminose, Castore e Polluce, e perché si trova sopra l’Orsa Maggiore” facendo passare velocemente i giorni impostando di volta in volta varie date col programma si è potuto osservare come e dove Marte si spostava. Gli antichi per osservare questa stessa cosa dovevano pazientare notte dopo notte talvolta lottando contro condizioni atmosferiche avverse, prendendo dei riferimenti da Terra. “ecco come gli antichi sono arrivati ad elaborare il sistema composto da un gran numero di  stelle fisse e sette stelle mobili: il Sole, la Luna, Mercurio, Giove, Venere e Saturno. Ecco come, sul nostro stellarium, man mano, Marte si sposta, arriva in Cancro (non visibile a occhio nudo se non in alta montagna col cielo limpidissimo), viene superato da Mercurio… si può osservare che ogni pianeta si sposta da una costellazione dello Zodiaco all’altra, ma ognuno lo fa in modo diverso, ognuno seguendo una propria traiettoria, una propria velocità. Si può notare una stella mobile che si sposta molto più veloce delle altre, ed è la Luna che compie un giro completo nell’arco di un mese, circa 28-30 giorni”. Osservando il cielo con lo stellarium si è potuto notare come, tra i dodici segni dello Zodiaco molto noti, perché sono anche quelli usati per gli oroscopi (dei quali in chiusura si è parlato) c’è una tredicesima costellazione che compie un cerchio nel cielo Ophiucos “cui qualcuno si riferisce sui giornali come ad un tredicesimo segno Zodiacale” intanto Marte sullo stellarium ha continuato a mostrare il suo percorso e a un certo punto è tornato indietro “perché? Gli antichi impazzivano cercando di rispondere a tali quesiti, cercando di spiegare in particolar modo questo strano comportamento delle stelle mobili, chiamato moto retrogrado, in base al quale, ad un certo punto si fermano e tornano indietro (ad eccezione del Sole e della Luna che non compiono questo tipo di moto). Dopo Marte l’attenzione è stata puntata sulla Luna e poi su Mercurio (che dalla Terra non si potrà mai vedere, perché è troppo vicino al Sole e dunque lo si può intravedere o al tramonto o all’alba. Un altro pianeta che non si allontana troppo dal Sole (nel senso che non è mai al suo opposto, ma a differenza di Mercurio lo si vede perfettamente, anzi è l’oggetto più visibile e luminoso del cielo notturno dopo la Luna) è Venere, che gli antichi chiamavano astro del mattino e della sera perché è l’ultima a scomparire al mattino e la prima a comparire alla sera (per qualche popolo si trattava di una stessa stella, per altri invece due stelle diverse). Per un po’ Cesare Vola è andato avanti a mostrare lo stellarium riportandoci in qualche modo indietro nel tempo, alle lunghe notti contemplative degli antichi che cercavano di spiegarsi quello che osservavano. Gli antichi però partivano dal presupposto di essere fermi al centro della volta del firmamento ed è su questo principio che basavano tutte le loro osservazioni e le conseguenti deduzioni. “ma la Terra è ferma o si muove?” ha domandato a questo punto Cesare Vola provocatoriamente “il primo che ha affermato che anche la Terra si muove è stato Pitagora di Crotone in Calabria (famoso soprattutto per il teorema geometrico che porta il suo nome ndr) il primo a formulare un primo embrione di teoria eliocentrica (Sole fisso al centro e Terra che gli gira intorno). In realtà credevo che il primo nella storia a sostenere l’eliocentrismo fosse stato  Aristarco da Samo, ma secondo Cesare Vola più di uno studioso giunse a questa conclusione in maniera indipendente il più famoso dei quali resta Pitagora. Questi studiosi restarono comunque in minoranza rispetto a chi sosteneva l’idea della Terra ferma. Qualunque sia l’idea di partenza, il problema resta comunque il doversi spiegare questi moti dei pianeti, il fatto che Mercurio e Venere non si allontanano mai troppo dal Sole e che gli altri pianeti ogni tanto tornano indietro. Una prima teoria sul moto dei pianeti venne elaborata da Tolomeo che la scrisse in un libro oggi conosciuto coma l’Almagesto, ma che in origine si intitolava MATEMATIKE SINTAXIS (cioè sintassi matematica; la parola almagesto deriva invece da una commistione di arabo e greco: magesto deriva dalla parola greca magno cioè grande, mentre al è l’articolo arabo, questo perché questa opera che era andata perduta in Occidente nel Medioevo venne recuperata dagli Arabi), una visione che ispirò anche Dante, che influenzò la cultura occidentale per moltissimo tempo. Tolomeo introdusse il concetto di epiciclo, disse cioè che i pianeti descrivono un’orbita intorno alla Terra chiamata deferente e una più piccola chiamata epiciclo stando attorno ad un asse immaginario che congiunge la Terra e il Sole. I pianeti compiono contemporaneamente questi due tipi di moti. Con questa spiegazione i conti sembrano tornare. “Quello che conta in astronomia è far si che i conti tornano” ha puntualizzato ad un certo punto Cesare Vola “finchè si ha una teoria che fa quadrare tutto la si considera efficace e valida. Nel momento in cui qualcosa comincia a non tornare bisogna elaborare un’altra teoria. Questa teoria di Tolomeo ha funzionato bene finchè gli antichi davano per scontato che la Terra fosse ferma ed erano sicuri che la Terra fosse ferma, spiegando questa loro sicurezza con esempi che a noi oggi potrebbero sembrare stupidi, ma che allora non venivano percepiti come potremmo percepirli oggi. Si diceva ad esempio che la Terra doveva essere ferma perché se non lo fosse stata gli oggetti cadendo si sarebbero spostati all’indietro perché la Terra si muoveva sotto di essi. Questo problema per molto tempo è stato il più importante e spinoso della scienza. I sostenitori della teoria eliocentrica non sono mai stati presi seriamente in considerazione e dunque questa idea è stata praticamente dimenticata finchè nel Cinquecento arrivò Copernico, uno scienziato polacco, che come gli antichi provò a mettere in matematica il cielo, perché infondo l’astronomia non è altro che questo, mettere il cielo in matematica e vedere se i conti tornano, se i calcoli matematici e i modelli trovano una perfetta corrispondenza con cio che si osserva effettivamente. Copernico dunque elaborò questo modello eliocentrico presentandolo come semplice ipotesi matematica, soprattutto per non incorrere nelle ire della Chiesa. In realtà in ogni epoca chi ha provato a presentare idee diverse da quelle che la maggioranza credeva non solo non è stato ascoltato o creduto, ma ha rischiato di essere ucciso. Un tale Anassagora ad esempio una volta ebbe a dire che il Sole non poteva essere trasportato in un carro (come vuole invece la mitologia greca ndr) perché le sue dimensioni reali (e non quelle che apparivano guardandolo da lontano ndr) erano pari se non maggiori a quelle del Peloponneso. Nessuno sa bene che fine fece Anassagora, ma le poche fonti a disposizione su questa storia non tramandano buone notizie”. Ecco perché lo stesso Copernico non si volle esporre troppo. Tuttavia anche nella sua teoria alcune cose non tornavano. Il problema risiedeva nelle orbite dei pianeti che Copernico riteneva fossero circolari, anche se questo creava inesattezze nei suoi calcoli, tenendo anche conto dei moti della Terra di rotazione e rivoluzione che rendevano difficile determinare con esattezza la posizione degli astri nel cielo. “in compenso però Copernico ha spiegato bene i moti retrogradi che non sono altro che il risultato del moto della Terra in relazione agli altri pianeti. La Terra segue anch’essa il suo itinerario nel cielo tra le case dello Zodiaco ha anch’essa una sua velocità e una sua traiettoria che la porta ad un certo punto a superare gli altri pianeti che perciò visti dalla Terra, sembrano tornare indietro. Ma se la Terra si muove perché non ce ne accorgiamo? Ancora oggi c’è chi mette in discussione il fatto che la Terra gira intorno al Sole. Galileo trovò però una soluzione al problema ideando quello che è il primo embrione della teoria della relatività. Galileo prese come esempio le navi: esse si muovono indubbiamente, ma stando su una nave, in condizioni normali non si ha la sensazione di muoversi (il che spiega anche il mal di mare e in epoca più moderna il mal d’auto che viene proprio perché ci si muove mentre si ha la sensazione di stare fermi e a qualcuno questo fa un brutto effetto ndr) e così con la Terra. Questo sembrava dare una risposta definitiva a chi pensava che la Terra doveva essere per forza ferma. Il bello della scienza è che tutto quasi sempre nasce e si sviluppa attraverso il dibattito, purtroppo quasi mai amichevole. Galileo si trovò perseguitato dall’Inquisizione e dovette abiurare cioè rinnegare le sue idee e fare penitenza per averle sostenute. Indipendentemente da tutto questo restava comunque da risolvere il problema delle orbite circolari che non davano una posizione esatta dei pianeti in cielo, ma solo approssimata. A risolvere questo ulteriore problema ci pensò Keplero con le sue tre leggi, la prima delle quali afferma che le orbite dei pianeti non sono affatto circolari, ma ellittiche. Ma l’occupazione principale di Keplero era fare oroscopi ed ecco perché era particolarmente preoccupato di determinare con esattezza le posizioni degli astri ed ecco perché osservando il cielo minuziosamente è riuscito ad arrivare all’enunciazione delle sue tre leggi. Gli astrologi moderni, si basano ancora sui calcoli di Keplero, non guardano più il cielo e sbagliano tutto. I conti dunque sembrerebbero tornare apparentemente. In seguito Newton mettendo insieme le idee di tutti questi studiosi che lo hanno preceduto creerà la fisica newtoniana raccolta in un compendio intitolato PRINCIPIA MATHEMATICA basato sull’Almagesto di Tolomeo, la geometria di Euclide, le idee di Copernico, Galileo e Keplero (Newton ebbe a dire che reputava se stesso come un nano sulle spalle di giganti ndr) una fisica fondamentale che costituirà una pietra miliare della scienza valida per i successivi due secoli finchè non è sorto un altro problema. Il problema di dimostrare che la Terra ruota effettivamente. Il fatto di dire che la Terra ruota oppure no non è mai uscito dal campo delle ipotesi, dei calcoli, delle astrazioni finchè nel 1850 non ci fu l’esperimento del pendolo di Foucault. Prima di questo esperimento solo Galileo era convinto di avere la prova certa della rotazione terrestre ritenendo che le maree ne fossero un effetto (non voleva credere alla teoria dell’influenza della Luna che già qualche suo contemporaneo ipotizzava). Su internet si possono trovare video che dimostrano questo esperimento che però per funzionare non deve essere compiuto all’equatore o nelle sue vicinanze, dove il movimento del pendolo è talmente rallentato da sembrare praticamente fermo (ai poli invece è velocissimo, il tutto si svolge nell’arco delle ventiquattro ore) un esperimento che comunque si basa sui ragionamenti e i dibattiti dei secoli precedenti che facevano quadrare i conti sia con la Terra ferma che con la Terra in movimento. Il fatto è che anche se torna tutto quello che è vero si può dimostrare e con l’esperimento di Foucault la rotazione terrestre si poté dimostrare, calcolandone persino la velocità in base alla latitudine. E con questo la prima lezione di astronomia con l’ausilio dello stellarium e di presentazioni interattive, si è conclusa lasciando spazio alle domande e alle osservazioni del pubblico. In questo frangente si è potuto scoprire fra l’altro quanto la scienza e i suoi protagonisti spesso siano ammantati di leggenda (ad esempio l’esperimento di Galileo sulla Torre di Pisa e gli specchi ustori di Archimede) e si è potuto capire che gli oroscopi moderni non vanno presi in considerazione perché gli astrologi moderni non guardando più il cielo non sono più in grado di attribuire il giusto segno a ciascuno. Il segno infatti è la posizione del Sole nel cerchio dello Zodiaco al momento della nascita. Per calcolarla bisogna prima di tutto osservare il cielo e tenere conto di un fenomeno chiamato precessione degli equinozi. Il non averne tenuto conto fa si che nessuno è del segno che pensa di essere e questo si è potuto verificare facilmente con lo stellarium inserendo la posizione del Sole nel giorno di nascita dei presenti che volevano togliersi questa curiosità. Il fatto è che una volta astronomia e astrologia erano un’unica scienza che si proponeva sia di spiegare gli altri che di capire eventuali influenze di questi sulla Terra e sulla vita. Ad un certo punto questi due rami si sono divisi fino ad arrivare ad oggi. L’astrologia non è più una scienza perché gli astrologi non si sono aggiornati rispetto a Keplero e non sanno più guardare il cielo.

Venerdì 10 luglio: la meccanica celeste, il sistema solare

Prima di cominciare questa nuova lezione un piccolo riassunto della puntata precedente ricordando cio che si può osservare nel cielo e le idee e le conoscenze che gli uomini nel corso dei secoli e dei millenni hanno ricavato da queste osservazioni dapprima avendo come punto di riferimento esclusivamente la visione dalla Terra, in seguito basandosi sui calcoli e altre prospettive. Un altro giro tra le stelle e i pianeti sullo STELLARIUM per osservarne il moto. Partendo da qui Cesare Vola ha introdotto la nuova lezione spiegando che lo studio del cielo dal punto di vista della Terra consiste essenzialmente nella misurazione di angoli dopo aver preso dei punti di riferimento precisi che possono essere alberi o rocce solitamente. L’angolo si deve formare tra la nostra posizione sul piano orizzontale e quella dell’oggetto, una linea verticale chiamata azimut che congiunge il piano orizzontale all’oggetto in cielo tramite questa linea verticale ideale che si costruisce aiutandosi coi riferimenti cui si accennava prima. Da questo punto Cesare Vola è partito per ricollegarsi al punto in cui la lezione dell’altra volta è terminata: le leggi di Keplero. Sono in tutto tre e partono dal presupposto che il Sole è fermo al centro, mentre i pianeti gli girano attorno descrivendo delle orbite che già la scorsa volta si è detto essere ellittiche. Un presupposto che funziona immaginando non di essere sulla Terra bensì al di fuori e guardare da fuori, dall’alto, quello che succede. Keplero però le formulò misurando gli angoli e dopo complessi calcoli ed osservazioni notte dopo notte. Così non solo giunse alla conclusione che le orbite dei pianeti sono ellittiche, ma a questo principio ne fece seguire altri due. Il secondo principio afferma che un pianeta spazia aree uguali in tempi uguali cioè il pianeta impiega lo stesso tempo a coprire vari tratti del suo percorso, un principio che richiede, per essere capito, complesse misurazioni e osservazioni. Il terzo principio afferma infine che i quadrati dei tempi di rivoluzione (cioè del giro completo che il pianeta effettua intorno al Sole) è proporzionale al cubo della distanza media dal Sole del pianeta stesso “il che vuol dire” ha chiarito Cesare Vola “che più un pianeta è lontano dal Sole, più gira lentamente, come abbiamo avuto occasione di osservare anche grazie allo STELLARIUM”. Ma l’aver scoperto questi tre principi non è sufficiente a Keplero per comprendere pienamente il mistero della meccanica celeste. Sarà in seguito Newton a compiere maggiori progressi in tal senso. Newton scopre infatti le forze, una grandezza fisica che in realtà non ha una vera e propria definizione e non si può nemmeno vedere. Cio che si riesce a vedere è il moto, è l’angolo, tutto cio che è possibile determinare sono posizioni e tempi. “però Newton si inventa questa forza” ha spiegato ancora Cesare Vola “si inventa questa idea secondo cui gli oggetti celesti sono attratti l’un l’altro da queste forze misteriose. Questa idea ha a che fare con la leggenda della mela che gli cadde in testa. Fatto sta che supportando questa sua idea con una moltitudine di calcoli complicatissimi Newton è giunto ad importanti scoperte, ha potuto tra l’altro spiegare meglio le leggi di Keplero che secondo Newton sono in qualche modo giustificate dalla forza di attrazione da lui scoperta. Quel che restava da capire era perché un oggetto che cade dritto verso il basso, come la fantomatica mela, e un pianeta che percorre la sua orbita, possono essere soggetti alla stessa legge, influenzati dalle medesime forze. i due tipi di moto appaiono completamente diversi e dunque non ha senso che la forza che attrae sia la medesima. Newton ha ragionato per molti anni di seguito per arrivare ad elaborare teorie che oggi a scuola si spiegano in pochi minuti, al massimo poche ore di lezione, basandosi anche sugli studi di chi lo ha preceduto. La conclusione è che gli oggetti cadono dritti verso il basso perché sono fermi invece il pianeta tende a cadere verso il Sole ma il suo moto rotatorio gli fa descrivere un orbita ed è come se continuasse a cadere all’infinito” si potrebbe fare un semplice esempio per chiarire meglio il concetto ci provo ora io in virtù del mio passato di quasi astrofila. Dunque pensiamo ad un elicottero. Perché vola e non cade? Cosa lo tiene sospeso per aria? Il moto rotatorio dell’elica. Proviamo a spegnere il motore e a far fermare le eliche quando l’elicottero è ancora in aria e cadrà esattamente come una mela dall’albero. Ecco come la medesima forza, la forza di gravità (supportata probabilmente anche dal principio di inerzia secondo cui un oggetto tende naturalmente all’immobilità o al moto rettilineo uniforme finchè non sopraggiungono altre forze a modificarne lo stato iniziale, ma questo non è stato detto e dunque non ne sono proprio del tutto) agisce in modi che sembrano completamente diversi ed ecco come i pianeti si trovano a compiere movimenti ellittici di rotazione intorno al Sole. A questo punto è meglio tornare a concentrarsi sulle spiegazioni di Cesare Vola che per illustrare meglio come le orbite dei pianeti si compiono, si influenzano tra loro anche in base alla velocità del moto ha fatto delle simulazioni con un programma del computer, simulazioni che tra l’altro mostrano come un razzo fatto arrivare ad una certa distanza dalla Luna possa essere sparato come un proiettile a grandi distanze nel Cosmo (con una manovra chiamata fionda gravitazionale). In questo modo sono state mandate le sonde a perlustrare il Sistema Solare e oltre (e sarà così che invieranno le future missioni su Marte? Chissà! Ndr), in questo modo la Nasa fa tutti i calcoli delle sue missioni. Ci si basa sulla posizione dell’oggetto, sulla sua velocità e si è in grado di capire, con una discreta approssimazione, tutto quello che succede. Allo stesso modo gli astronomi calcolano la probabilità di possibili impatti con comete e asteroidi (come Aphopis che nel 2029 passerà molto vicino alla Terra; qualcuno all’inizio aveva calcolato che avrebbe impattato con essa con un’ energia pari a ottanta bombe atomiche, finchè nuovi calcoli hanno un pochino ridimensionato la cosa) i quali però, a causa delle ridottissime dimensioni rispetto ad altri corpi celesti, descrivono orbite dalle traiettorie stranissime, addirittura iperboliche a volte, che le portano addirittura in alcuni casi a sciogliersi dentro il Sole o a disintegrarsi a contatto con le atmosfere dei pianeti vicino cui transitano. Tramite questo programma si è potuto osservare anche come le orbite ellittiche dei pianeti siano in realtà molto ampie, tanto da essere praticamente indistinguibili da vere e proprie orbite circolari. Ma tutto questo oggi non sarebbe stato possibile se non fosse esistito Galileo ormai più di quattro secoli fa e non avesse inventato il suo famosissimo cannone occhiale, detto anche cannocchiale, tramite il quale egli poté osservare i corpi celesti (che da quel momento smisero di apparire come puntini nel cielo per rivelarsi come delle sfere) più da vicino scoprendone le imperfezioni, una cosa impensabile fino a quel momento. La sfera celeste e tutto quanto in essa contenuto al di fuori della  Terra veniva ritenuto perfetto, un principio teologico prima ancora che filosofico. Ora esistono i programmi del computer che permettono di scrutare il cielo di vedere tutto da vicino, ma Galileo dovette fare tutto solo con l’ausilio del suo strumento e finì col diventare cieco. Tra l’altro di primo impatto nemmeno capiva cio che vedeva: gli anelli di Saturno con qualche puntino intorno (i suoi satelliti più grandi), un po’ più chiaramente i satelliti maggiori di Giove che egli chiamò lune Medicee in omaggio dei suoi protettori fiorentini, le macchie solari (che solo oggi sappiamo essere zone più fredde di appena 2000° rispetto alla superficie del Sole, ma continuiamo ad ignorare perché si formano e anche perché continuano ad apparire e scomparire in cicli di circa undici anni; qualcuno pensa sia dovuto ai campi magnetici, ma è solo un’ipotesi). Galileo osserva tutto questo col suo strumento fatto di lenti di vetro che fanno si che la luce vi passi attraverso e questo deforma l’immagine e più lo strumento è grande più il difetto si nota. Un difetto che sarà Newton ad ovviare, introducendo, al posto delle lenti di vetro, degli specchi, un principio su cui ci si basa ancora oggi per costruire telescopi di proporzioni gigantesche sulle cime dei monti, molto costosi e in grado di scrutare lo spazio profondo. Ma tutto questo senza Galileo non sarebbe mai accaduto. Non avremmo mai avuto siti specifici per osservare i movimenti delle macchie solari se Galileo non si fosse bruciato gli occhi per osservarle per primo illudendosi di schermare la vista con un  semplice vetro affumicato. Galileo inoltre scoprì che osservando il Sole non solo poteva seguire i movimenti delle macchie, ma anche i transiti dei pianeti. Galileo si concentrò soprattutto sui transiti di Venere e scoprì che anche questo pianeta aveva le sue fasi, come la Luna. Concentrandosi invece più attentamente sui satelliti di Giove scoprì che quelli più interni, quelli più vicini al pianeta con le loro orbite, stanno ad una distanza che è ciascuna doppia rispetto a quella del satellite precedente  “nella fisica quando si riscontrano simili coincidenze, c’è anche per forza un motivo, un principio alla base che la spiega” ha puntualizzato Cesare Vola “ma lo vedremo dopo” ed è così passato ad introdurre un altro affascinante problema che però non ha a che fare direttamente con le osservazioni di Galileo “vicino alla fascia degli asteroidi tra Marte e Giove” ha spiegato “ve ne sono una parte che seguono Giove e un’altra che lo precede. Perché? La meccanica celeste consiste proprio nella risoluzione di problemi di questo genere. Tra l’altro nella fascia degli asteroidi” ha proseguito Cesare Vola con una piccola digressione “si trova Cerere scoperto da un nostro conterraneo, Giuseppe Piazzi di Ponte nel 1803” un asteroide che in anni recenti è stato promosso a pianeta nano o pianetino. Dopo questa curiosità Cesare Vola ha posto un’altra questione riguardante gli anelli di Saturno “Saturno non è l’unico pianeta ad avere anelli” ha detto “Tutti i pianeti esterni (i cosiddetti giganti gassosi ndr) dunque anche Giove, Urano e Nettuno, hanno intorno sistemi di anelli. Però Saturno è l’unico che li ha così belli. Sono composti principalmente da polveri e quello che dobbiamo chiederci è perché questi anelli si sviluppano in questo modo” prima di rispondere a queste domande è però venuto il  momento di conoscere un po’ i pianeti del Sistema Solare. Mercurio, il più vicino al Sole; Venere,inizialmente ritenuto un oggetto celeste interessante, considerato quasi un gemello della Terra, ma con una temperatura di 400°, un’atmosfera densa per la maggior parte composta di anidride carbonica e composti solfurei (che generano piogge acide), densa al punto da esercitare una pressione intollerabile (pari a 100 atmosfere in questo caso intese come unità di misura della pressione) sui corpi che la attraversano, comprese le sonde che vi vengono inviate e che bisogna studiare in modo che siano resistentissime; Giove il pianeta più grande del Sistema Solare, che è stato sul punto di diventare un secondo Sole, un gigante gassoso che ha ben in evidenza una enorme macchia rossa che altro non è che una zone di tempeste ininterrotte da circa trecento anni secondo le stime degli astronomi, una macchia che col tempo può variare leggermente nelle dimensioni e qualcuno ipotizza potrebbe un giorno sparire del tutto; Urano che si può vedere dalla Terra seppur con difficoltà; Nettuno tutto blu con una macchia scura che, come nel caso di quella rossa di Giove è zona di tempeste. Dopo i pianeti è venuto il momento di scoprire le comete, quelle che compiono transiti ricorrenti. La più famosa è quella di Halley che passa nei nostri cieli ad intervalli abbastanza regolari di 75 anni. Più che sulle comete l’attenzione si è concentrata sulle orbite particolari che condividono anche con Plutone recentemente declassato da pianeta a pianetino, orbite definite eccentriche, in questo caso non intendendo questa parola come sinonimo di strano o stravagante, ma a significare il centro spostato. Tra le comete quella un po’ meno eccentrica è la Churyumov- Gerasimenko, recentemente visitata dalla sonda Rosetta e con un’orbita più interna ed è questo a renderla meno eccentrica. Tra l’altro per mandare la sonda Rosetta sulla cometa tramite un percorso complicatissimo ci si è dovuti basare sui calcoli e le simulazioni cui si accennava osservando quel programmino di simulazioni e del calcolo delle orbite, che tra l’altro se calcolate in modo preciso non si rivelano affatto perfettamente ellittiche e questo succede proprio in virtù delle forze di attrazione reciproca cui si è precedentemente che fanno si che quando due oggetti celesti (o anche un oggetto celeste e una sonda che una volta in cielo è soggetta alle medesime leggi) si trovino a passare a distanze relativamente brevi questo in quell’istante influenza la traiettoria delle loro orbite che modificano più o meno leggermente il loro percorso (un principio di iterazione chiamato precessione del perielio). Quando i corpi non sono due ma tre il problema delle reciproche influenze si complica ulteriormente e diventa un problema detto appunto a tre corpi che ci riporta alla questione degli asteroidi vicino a Giove che un po’ lo seguono e un po’ lo precedono. Abbiamo Giove e il Sole che si influenzano reciprocamente e questo fa si che i corpi che vi ruotano attorno si posizionano in specifici punti detti lagrangiani. Gli asteroidi occupano esattamente quelle posizioni perché sono i loro punti lagrangiani. Si sono posizionati li subendo le influenze dell’orbita di Giove nell’arco di milioni di anni. Abbiamo già detto come anche i pianeti si influenzino tra loro ed è in virtù di queste influenze che, sapendo fare i calcoli giusti, qualcuno ha scoperto pianeti fino a quel momento sconosciuti sulla base delle interferenze  alle orbite dei pianeti conosciuti. Nettuno è stato scoperto così come ipotesi teorica prima di essere effettivamente visto, osservando strani spostamenti dell’orbita di Urano. A calcolare l’ipotesi dell’esistenza di Nettuno fu uno scienziato di nome Le Verrier. Allo stesso modo qualcuno, osservando strani spostamenti e irregolarità nell’orbita di Mercurio ha ipotizzato l’esistenza di un pianeta più interno, tra Mercurio e il Sole, che qualcuno ha chiamato Vulcano  e che alcuni sostengono di avere visto osservando i famosi transiti sul Sole, ma della cui esistenza in realtà non vi è alcuna prova. È un fatto però che l’orbita di Mercurio presenti delle stranezze e che questo sia un bel problema da risolvere, perché è una questione che non rispetta la meccanica di Newton, meccanica che invece spiega, basandosi sul problema a più corpi, le reciproche influenze, determinate con calcoli complessi, perché i satelliti di Giove cui si accennava prima occupano esattamente quelle posizioni intorno al pianeta e perché gli anelli di Saturno assumono quella morfologia. Conoscendo queste leggi ed essendo in grado di trarne le giuste conclusioni e dunque i giusti calcoli si possono fare previsioni molto accurate sui moti degli oggetti celesti, anche quelli irregolari, a distanza di molto tempo. Ecco come gli astronomi possono prevedere anche eventuali impatti o impatti sfiorati come quello dell’asteroide Aphopis tra 15 anni che anche se pare, secondo i più recenti calcoli eseguiti non colpirà la Terra, non ha un nome molto rassicurante. Aphopis era infatti il serpente contro cui Ra il dio del Sole egizio, doveva lottare transitando con la sua barca (in compagnia tra l’altro del dio Thot e della dea Bastet) nelle terre della notte. Secondo gli Egizi, se Aphophis avesse ucciso Ra il Sole non sarebbe mai più sorto. Dunque chiamare così un asteroide sa un po’ di Apocalisse, anche se non dovesse succedere nulla come gli scienziati più recentemente hanno concluso con un esiguo margine di errore tenendo conto del tracciato delle orbite delle influenze e dunque delle variazioni delle stesse. Per rinfrancarsi un po’ da previsioni apocalittiche e teorie complesse c’è stato spazio per fare un bel gioco, il gioco dei pianeti. Le persone dovevano imitare il moto dei pianeti intorno al Sole e non è stato un gioco fine a se stesso perché giocando si è avuto modo di affrontare in modo divertente altri concetti concernenti il tema della serata. Innanzitutto poter verificare in modo pratico la meccanica celeste ha permesso di comprenderla meglio (scoprendo tra l’altro che, per quanto riguarda Venere, i curiosi effetti dei suoi movimenti rotatori, fanno si che un giorno sia più lungo di un anno) e inoltre si è potuto capire alcune dinamiche del rapporto Terra- Luna di come si influenzino a vicenda generando sulla Terra il fenomeno delle maree, in parte  condizionato dall’inclinazione della Terra che ruota anche intorno al baricentro tra la Terra e la Luna. Poi s’è capito che la Luna fa un giro in un mese e ci impiega lo stesso tempo sia a girare su se stessa che girando intorno alla Terra dunque mentre la Luna gira il Sole fa in tempo a ruotare su se stesso trenta volte. La Luna gira mostrando sulla Terra sempre la medesima faccia. Perché? In parte perché anche la Terra compie i suoi moti di rotazione e di rivoluzione e lo fa in tempi diversi rispetto alla Luna, ma non si tratta semplicemente di questo. Il movimento delle maree fa si che il movimento rotatorio della Terra sia progressivamente più rallentato finchè un giorno anche la Terra mostrerà la stessa faccia alla Luna. Al tempo dei dinosauri i giorni duravano 16 ore ed è stato questo progressivo rallentamento della Terra a far si che si sia poi arrivati a 24 anche perché pian piano la Luna nel tempo aumenta la sua distanza dalla Terra. L’ultima parte della serata è stata dedicata alle domande e allo scambio di impressioni e osservazioni e ad approfondire le ultime scoperte riguardanti Europa, una delle lune medicee di Giove scoperte da Galileo, una palla di ghiaccio al di sotto del quale le sonde hanno recentemente rilevato acqua liquida soggetta a maree molto potenti per via della forte influenza di Giove. Questi movimenti creano camini di acqua calda che sulla Terra si trovano in prossimità di vulcani sottomarini e sono l’habitat ideale di batteri termofili, che cioè prosperano ad alte temperature e dipendono per vivere dalle sorgenti calde e non dal Sole. Ebbene si crede che su Europa la vita si sia sviluppata in questo modo, forme di vita che basano le reazioni chimiche del loro metabolismo sulle fonti di calore. Europa è l’unico luogo del sistema solare al di fuori della Terra dove è realmente più probabile trovare la vita (va detto che cercare la vita nell’universo non implica per forza aspettarsi di trovare animali superiori o forme di civiltà progredite, perché anche i microrganismi sono vita ndr). Il problema è che questa vita si troverebbe sotto uno strato di ghiaccio spesso centinaia di chilometri che rende molto difficile capire cosa c’è realmente sotto. E con queste ipotesi affascinanti di vita extraterrestre e dubbi circa la natura finita o infinita dell’Universo (che forse si avrà modo di approfondire prossimamente ndr) si è conclusa questa seconda lezione di astronomia.

Venerdì 17 luglio 2015: stelle, galassie e nebulose

La lezione questa sera è cominciata ricordando l’arrivo della sonda Horizon su Plutone “un pianeta ancora tutto da scoprire” ha spiegato Cesare Vola “una palla di ghiaccio, roccia e metano. La sonda ha percorso 9 miliardi di chilometri e ha impiegato nove anni per arrivare su Plutone attraverso le varie manovre di salti e orbite influenzate che abbiamo visto l’altra volta col programmino di simulazione al computer. Plutone è un pianeta più piccolo anche della Luna e possiede un pianeta gemello, Caronte”. Parlando delle dimensioni e della distanza di  Plutone dalla Terra si è introdotto l’argomento di questa serata, le stelle “che sono molto più grandi e molto più lontane dalla Terra” ha sottolineato Cesare Vola che ha introdotto il discorso delle dimensioni attraverso un filmato di YOU TUBE che mette a confronto vari oggetti celesti, partendo dalla Luna sino ad arrivare alla più grande stella conosciuta, il Cane Maggiore “osservando il Sole col telescopio, lo si vede di forma sferica e dunque arbitrariamente si crede che tutte le stelle abbiano questa forma” spiegava Cesare Vola mentre sul video sfilavano oggetti celesti sempre più grandi “in realtà osservando le stelle più lontane anche coi più potenti telescopi, si possono osservare solo puntini luminosi e dunque non si è sicuri se quei puntini siano effettivamente sferici. La forma sferica per queste stelle molto grandi e molto lontane è una rappresentazione convenzionale sulla base di calcoli e ipotesi che, sulla base della luce che proviene dalla stella osservata, cerca di ricostruirne le dimensioni e la distanza prima di tutto”. Le distanze, in proporzione, più facili da determinare, sono quelle all’interno del Sistema Solare. Per misurare la distanza del Sole dalla Terra ad esempio si osservano i transiti di Venere, “si misura il tempo impiegato da Venere per i suoi transiti e si usa questo dato come punto di partenza per tutta una serie di calcoli” ha detto Cesare Vola “e va da se che il Sole è la stella che si conosce meglio. Ma misurando i transiti di Venere o comunque di un pianeta sul Sole bisogna prima conoscere la distanza su quel pianeta. Bisogna utilizzare gli angoli. Il pianeta diventa il vertice di un angolo i cui lati si dipanano da due punti precisi della Terra dei quali si conoscono esattamente posizione e distanza tra loro in modo da calcolare l’ampiezza dell’angolo sulla base del quale si determina la distanza del pianeta utilizzata a sua volta per calcolare la distanza dal Sole”. Ma quando ci si spinge oltre il Sistema Solare e si comincia a calcolare la distanza delle stelle? “anche su grandi distanze, l’unità di misura restano gli angoli” ha seguitato a raccontare Cesare Vola “bisogna osservare la stessa stella in due periodi diversi dell’anno, tenendo conto del fatto che la Terra e il Sole hanno una loro orbita e che questo fa si che quando osserviamo una stella non la vediamo sempre nello stesso punto del cielo e dunque bisogna tenere conto del risultato di più osservazioni. L’enorme distanza delle stelle è un qualcosa che già i Greci antichi intuivano. Qualcuno intuiva già che la Terra non fosse ferma al centro, ma altri provavano sgomento nel pensare quanto fosse difficile determinare le esatte dimensioni della cosiddetta sfera del firmamento che a quei tempi si pensava circondasse la Terra”. A questo punto si è passati a fare una sorta di campionario delle stelle un po’ più note a cominciare naturalmente dal Sole con le sue famose macchie. Stavolta Cesare Vola è riuscito a mostrare quel famoso video della NASA che illustra i movimenti delle macchie solari che non solo si spostano, ma appaiono e scompaiono, quel video che, nel corso della scorsa lezione non si è riusciti a vedere “le macchie ricordiamo hanno un ciclo di 11 anni articolato in più fasi” ha puntualizzato Cesare Vola mostrando la superficie del Sole sul video “si parte dalla prima fase senza macchie finchè se ne formano sempre di più. Dopo aver raggiunto il picco massimo al quinto anno, pian piano iniziano a scemare”. Gli astronomi hanno documentato questi cicli a partire dal 1760 e oggi esistono dei grafici precisi che illustrano questi dati e che Cesare Vola ha mostrato  subito dopo il video “studiando questi grafici si cerca di capire meglio il fenomeno” ha detto “ma l’unica ipotesi che è stata avanzata a riguardo è che hanno a che fare coi campi magnetici. Il Sole ha tanti poli al suo interno e dunque il suo magnetismo è instabile. Le macchie solari potrebbero essere un fenomeno legato a questa instabilità. Le macchie così come il vento e le tempeste solari (che occasionalmente arrivano sino ad investire la Terra interferendo con il suo campo magnetico ndr). C’è chi si specializza nello studio delle macchie solari, contandole, catalogandole”. Questo per quanto riguarda la superficie del Sole. Andando più in profondità, sino ad arrivare nel cuore del Sole, nel suo nucleo, si scopre il fenomeno della fusione nucleare. Un fenomeno che ha a che fare con degli elementi chimici che conosciamo anche sulla Terra “tanto per cominciare l’idrogeno” ha detto Cesare Vola “la parola deriva da hydro cioè acqua e genesi perché combinandosi con l’ossigeno, bruciando con l’ossigeno genera l’acqua. L’idrogeno è l’elemento più semplice e leggero di tutto l’universo. Gli atomi degli elementi più semplici nei nuclei delle stelle si combinano per formare atomi di elementi sempre più complessi ed è dalle stelle dunque che si sono formati tutti gli elementi naturali classificati nella tavola periodica fino ad arrivare al  più pesante che è l’uranio. Dall’idrogeno in primo luogo si origina l’elio un gas nobile (i gas nobili non si combinano con altri elementi e hanno molecole composte da un solo atomo già stabile di per sé ndr) e questo è il primo passaggio fondamentale della fusione, quello che avviene all’interno del Sole. Ma in alcune stelle la fusione va avanti anche nei passaggio successivi ed ecco perché si può dire che la materia si sia formata dentro le stelle, quella di cui anche noi siamo fatti” si può proprio dire che siamo figli delle stelle senza che questo sia inteso come metafora. Al di fuori del Sistema Solare, le stelle più vicine sono quelle del sistema di Alfa Centauri tra cui Proxima Centauri, definita proxima perché in assoluto è quella più vicina alla Terra subito dopo il Sole “dalla Terra questo sistema di stelle è visibile solo nell’emisfero sud (sta in prossimità della Croce del Sud che indica tale punto cardinale con esattezza nel cielo così come, nel nostro emisfero boreale, la Stella Polare indica esattamente il Nord ndr) oltre ad essere il sistema più vicino questo sistema è anche uno dei più semplici al di fuori del nostro” ha continuato a raccontare Cesare Vola “è infatti composto di tre stelle, quando ci sono sistemi che ne possono contare anche sei o più. La luce (che viaggia a circa 300 mila kilometri al secondo ndr) ci impiega quattro anni per raggiungere queste stelle che girano ciascuna attorno al suo baricentro e sono molto simili al Sole, non molto più grandi, con piccole variazioni di peso tra loro, osservabili anche con un cannocchiale che permette di vedere i loro movimenti verso il basso e verso l’alto rispetto al baricentro e come i loro movimenti nel tempo variano, una variazione che si palesa solo dopo molte osservazioni costanti. Il sistema di Alfa centauri è dunque composto da queste due stelle simili al Sole che ruotano ognuna intorno al proprio baricentro una verso l’alto e una verso il basso variando i loro movimenti nel tempo, ma anche da una terza stella, Proxima Centauri, poco luminosa e con un’orbita molto lontana rispetto alle due stelle che formano il sistema binario. La cosa interessante recentemente scoperta è che queste stelle hanno dei pianeti che girano loro intorno, osservabili sempre attraverso i transiti sulle stelle stesse, pianeti che potrebbero essere abitabili”. È una delle questioni più affascinanti dell’astronomia moderna quella dei pianeti extrasolari, tra i quali si cerca in modo particolare quelli più simili alla Terra, quelli abitabili o che potrebbero essere addirittura già abitati, magari da civiltà evolute. Durante la serata c’è stato modo di fermarsi a riflettere su tali questioni. È un fatto che nel corso dell’ultima decina di anni sono stati scoperti e catalogati, in vari sistemi stellari anche molto lontani, migliaia di pianeti (di cui puntualmente si è sempre data notizia nelle riviste specialistiche: ricordo ad esempio di aver letto, credo sia stato l’anno scorso o due anni fa, della scoperta di un pianeta fatto tutto di diamante, per non parlare poi dei vari Kepler numerati in serie che pare avrebbero condizioni ottimali per la vita ndr) “i transiti dei pianeti sulle rispettive stelle” seguitava intanto a spiegare Cesare Vola “fanno si che in quel frangente la stella sia un po’ meno luminosa e che riprenda la sua luminosità consueta al termine del transito. Tenendo conto di cio si effettuano tutte le misure del caso che sono sempre estremamente precise. In questo modo all’inizio si trovavano solo pianeti grandi e poi si sono cominciati a trovare anche pianeti piccoli. A tutt’oggi tra stelle e pianeti si è scoperta un’infinità di oggetti celesti. Quel che preme agli scienziati è trovarvi l’acqua e, se non la vita, almeno condizioni  con essa compatibili anche se comunque, essendo pianeti lontanissimi, sarebbe impossibile per noi andarci”. Ma studiare le stelle implica solo calcolarne la distanza dalla Terra e scoprire se capita, pianeti che vi orbitano intorno? “molti studi dipendono dall’osservazione di questi puntini luminosi come a noi appaiono le stelle” ed è con queste parole che Cesare Vola ha introdotto un nuovo punto della lezione di questa sera che ha a che fare con la luce “la luce bianca che passa attraverso un prisma si scompone nei colori dell’arcobaleno. Ma cosa succede quando è la luce di una stella, quando ad illuminarsi è ad esempio l’idrogeno a seimila gradi centigradi? Succede che l’idrogeno rivela delle barre di luce, la quale non contiene tutti i colori. Queste barre si dispongono una di fianco all’altra a formare quello che viene definito spettro. Per ogni elemento però, queste barre si dispongono in modo diverso. Si può dire dunque che lo spettro sia la firma dell’elemento, la sua impronta digitale, che permette di identificarlo e distinguerlo dagli altri in modo inequivocabile. Studiando gli spettri presenti su una stella attraverso la sua luminosità si può dunque capire di che cosa è fatta. L’elemento presente in maggiore quantità è sempre l’idrogeno, ma cio non esclude la presenza di altri elementi. Studiando gli spettri però si può anche osservare che le stelle si evolvono nell’arco di miliardi di anni perché un po’ alla volta l’idrogeno va diminuendo l’elio va aumentando e poi compaiono gli elementi più pesanti, quello cui si accennava prima finchè alcune stelle al loro interno possono avere anche del carbonio e tutti gli elementi, per cui studiando gli spettri si vedono come le stelle sono fatte e come cambiano nel tempo. Se l’idrogeno è la benzina contenuta nelle stelle, man mano che si consuma la stella cambia e può anche morire, spegnersi. Il nostro Sole brucia idrogeno da cinque miliardi di anni, ora è stabile e potrebbe bruciare idrogeno ancora per altri cinque miliardi dopo i quali si trasformerà in una gigante rossa espandendosi e inglobando vari pianeti interni tra cui si pensa anche la Terra, ma gli studiosi non ne sono del tutto certi (certo è che anche se non verrà distrutta, non potrà non subire notevoli variazioni climatiche ndr). Il cielo contiene stelle di varie età molto vecchie e molto giovani. Le più vecchie sono le nane bianche arrivate praticamente alla fine della loro vita, la cui luminosità è dovuta al loro calore residuo, che si consumerà del tutto nell’arco di decine di migliaia di anni e le cui dimensioni sono praticamente quelle di un piccolo pianeta per via della materia che si è compattata al suo interno. Quando una stella si spegne del tutto diventa nana nera, ma ancora non ce ne dovrebbero essere in cielo (e anche se ci fossero non emettendo luce sarebbe difficilissimo vederle ndr)”. Gli scienziati dunque sanno determinare il ciclo delle stelle in base alla loro luminosità agli elementi, che le compongono, le dimensioni, il colore della superficie (a proposito le stelle rosse sono più fredde di quelle azzurre; anche se percepiamo l’azzurro come colore freddo e il rosso come colore caldo in realtà è vero il contrario e lo si potrebbe verificare surriscaldando un pezzo di metallo: quando comincia a surriscaldare è rosso, se continuiamo a somministrare calore diventa azzurro; con le stelle è lo stesso ndr). Ci sono stelle che hanno cicli molto brevi. Si accendono improvvisamente in cielo e altrettanto improvvisamente si spengono. A queste stelle gli scienziati danno il nome di nove cioè stelle nuove. “La NASA ha fotografato ad esempio i resti di una nova (diventata ora una coloratissima nebulosa ndr) risalente al 1054 e documentata storicamente ad esempio dai cinesi”. Ha raccontato Cesare Vola. “Attraverso gli antichi documenti gli scienziati hanno capito il punto da cui è stata osservata e li hanno puntato i loro strumenti osservando appunto la nebulosa formatasi dopo la morte della stella. Le stelle bruciano idrogeno finchè si spengono e cominciano a collassare mentre continuano a girare su se stesse aumentando la velocità man mano che collassano ed espellendo materia la materia di cui è fatto tutto cio che conosciamo. Si tratta di argomenti molto vasti e questo fa si che sia impossibile che oggi esista lo studioso eclettico che si interessa di un po’ di tutto, perché se ogni argomento è vastissimo il tutto diventa molto complicato”. Immensi raggruppamenti di milioni e milioni di stelle formano le galassie. La nostra è la Via Lattea, quella più vicina a noi è Andromeda che si osserva nel cielo nei pressi della costellazione omonima. Cesare Vola l’ha individuata sullo STELLARIUM. Andromeda dista a due milioni di anni luce da qui. Così come le macchie solari, le stelle e i pianeti extrasolari, anche le galassie vengono catalogate. Di ogni oggetto celeste bisogna capire la distanza e la posizione anche rispetto ad altri oggetti. “c’è  stato un astronomo che ha cercato di capire se le galassie ruotano su se stesse” ha raccontato Cesare Vola mentre mostrava Andromeda sullo STELLARIUM “e per farlo ha confrontato le fotografie delle galassie scattate in momenti diversi. In tempi più recenti altri scienziati hanno scoperto che questa galassia contiene una moltitudine di stelle e su questa scoperta hanno realizzato un video” Cesare Vola lo ha mostrato “Andromeda è una galassia simile alla nostra, più o meno delle stesse dimensioni” ha poi continuato a raccontare “e poiché la luce ci mette due milioni di anni per raggiungerla noi la vediamo com’era due milioni di anni fa (se su Andromeda ci fosse una civiltà intelligente in grado di scrutare la Terra con un potente telescopio, la vedrebbe ancora abitata dagli uomini primitivi ndr). Questo ci fa capire l’enorme difficoltà di poter ipotizzare lunghi viaggi nello spazio per equipaggi umani. Pensiamo all’esempio di prima di Plutone. La luce da Plutone a qui impiega un’ora per fare il percorso, la sonda ci ha impiegato nove anni. Ed è dunque fuori dalla nostra portata pensare di raggiungere un oggetto celeste, che la stessa luce, che è la cosa più veloce che c’è, impiega due milioni di anni per raggiungere. La via Lattea e Andromeda hanno un diametro di circa centomila anni luce (Andromeda ha una forma più allungata ndr). Anche la via Lattea si può vedere dal cielo, in alta montagna, un braccio della via Lattea come una striscia bianca (che è il motivo per cui la nostra galassia ha questo nome: i Greci antichi credevano che i coppieri degli dei avessero rovesciato latte in cielo; del resto anche la stessa parola galassia deriva dal termine greco per latte ndr). Un’altra galassia più piccola che si può osservare in cielo è la nube di Magellano così chiamata perché fu Magellano ad avvistarla la prima volta sottoforma di macchia bianca quando giunse nei mari del sud. Ma di galassie su internet se ne trovano moltissime di tante forme anche bizzarre” Cesare Vola ne ha mostrata anche una a forma di sombrero. Tornando però alla nostra galassia bisogna dire che noi, lungi dall’essere al centro dell’universo, non siamo nemmeno al centro della nostra galassia, bensì in posizione periferica, in uno dei suoi bracci più esterni (essendo la nostra galassia a forma di spirale ndr) e la nostra galassia è solo una delle tante galassie (milioni!) che fa parte di un ammasso, che fa parte di un superammasso eccetera. Cesare Vola ha mostrato la foto di un insieme di galassie, uno spunto per molteplici riflessioni. Questa immagine da innanzitutto l’idea del gran numero di galassie presenti nell’universo e della loro distanza.  Bisogna considerare che mostra una piccola parte di cielo e dunque se una piccola parte di cielo contiene tutte queste galassie figuriamoci il totale quanto può essere, un numero incalcolabile che si aggira intorno ai 100 mila miliardi “tutte queste galassie sono distribuite come all’interno di una spugna” ha spiegato ancora Cesare Vola “gli spazi pieni della spugna sono gli ammassi di galassie che si diffondono come a formare delle righe che lasciano spazi vuoti, i buchi della spugna. Ma come si fa a dire quanto è distante una galassia? Qui entra in gioco l’effetto doppler, un effetto osservabile anche dalla Terra col suono dell’ambulanza che diventa più forte man mano l’ambulanza si avvicina e diminuisce man mano l’ambulanza si allontana. Le onde si allargano. La stessa cosa che avviene col suono avviene con la luce. Gli spettri degli elementi, la luce delle stelle tende a spostarsi verso il rosso verso la lunghezza d’onda dello spettro della luce visibile compreso nella gamma del rosso (lo spettro della luce visibile è l’arcobaleno che parte col rosso, lunghezza d’onda più lunga e finisce col blu, più corta ndr) e questo significa che se gli oggetti celesti si comportano così si allontanano. L’effetto doppler permette di capire se le galassie si allontanano o si avvicinano e tutte quelle osservate si allontanano perché la loro luminosità diminuisce nel tempo. Questa è la prova principale a supporto di chi sostiene la teoria dell’universo in espansione, la quale però è solo una deduzione teorica sulla base dei dati, degli spettri ma anche dei movimenti delle stelle, deduzioni che si cerca di supportare coi calcoli, che danno vita a teorie e discussioni. Se le galassie si allontanano sembra logico dedurre che ci sia stato un punto di partenza (il famoso puntino che ha subito la primordiale esplosione conosciuta come big bang? Ndr), un’idea che però risulta molto problematica, è stata discussa e continua ad esserlo. Questo argomento però è stato oggetto della lezione successiva. Ma gli alieni esistono?” questa domanda di Cesare Vola ha dato il via, nell’ultima parte della serata, a tutta una serie di divagazioni e scambi di idee sfociate nel filosofico e nel fantascientifico “considerando l’immensità di stelle e pianeti esistenti (sicuramente molto di più di quelli effettivamente trovati ndr) ci dovrà pur essere una civiltà intelligente?” io a questo punto ho osservato che si potrebbero teoricamente esserci, ma se ce ne stiamo ognuno a casa propria non sarà facile sperare in qualche contatto “ma si può viaggiare da una stella all’altra?” ha chiesto ancora Cesare Vola e a me è venuto in mente di far notare l’ipotesi dell’esistenza di tunnel spazio-temporali su cui hanno fatto anche dei film “per come noi oggi conosciamo le leggi della fisica, viaggiare da una stella all’altra è impossibile” ha chiarito Cesare Vola “proprio per quel che abbiamo visto prima circa il lasso di tempo enorme che richiederebbero che va ben oltre il tempo dell’intera esistenza umana. ma forse in futuro… e questo ci riporta alla questione alieni. Potrebbe essere che da qualche parte lassù esista una civiltà che rispetto a noi per quanto riguarda le conoscenze, la tecnologia, sia avanti rispetto a noi di migliaia o anche di milioni di anni e dunque potrebbe essere effettivamente in grado di compiere viaggi interstellari e arrivare fin qui? C’è un progetto della NASA che ha lo specifico scopo di cercare tracce di civiltà intelligenti nello spazio, il progetto SETI che si avvale di apparecchi particolari i radiotelescopi. Se esistesse una tv aliena o qualunque apparecchio artificiale inventato dagli alieni, questi strumenti potrebbero captarne i segnali, trasmetterli alla Terra e permettere di calcolarne la posizione esatta. Per far questo bisogna che i dati dei vari radiotelescopi sparsi per il mondo siano messi a confronto e analizzati accuratamente. Del progetto SETI c’è anche un programma su internet che permette anzi invita tutti a partecipare a questa ricerca” questi spunti di riflessione lanciati da Cesare Vola hanno stimolato oltremodo il pubblico. C’è chi ha manifestato idee complottiste dichiarando che la NASA non divulga tutto, c’è chi ha manifestato granitiche certezze circa la natura infinita dell’universo, perché si è chiesto “l’universo è contenuto dove?”e qui già s’è anticipato l’argomento della prossima volta, la cosmologia, la relatività generale che cambia il concetto di geometria ammettendo che un oggetto che va sempre avanti può tornare al punto di partenza (questo concetto sta alla base della particolare curvatura della luce che si osservava in quella foto degli ammassi di galassie), un argomento che dovrebbe spiegare anche la particolare forma dell’universo, rotonda in quattro dimensioni, un argomento che si può capire aprendosi a nuove forme del pensiero e abbandonando gli schemi comuni. C’è chi poi la questione degli alieni l’ha esaminata sotto la lente della riflessione filosofica, dicendo che anche nel caso degli alieni, quando ci si pone la domanda esistono o no bisogna aprirsi a nuove vie del pensiero, a nuove forme di consapevolezza, una consapevolezza che infondo è cambiata già molte volte nel corso della Storia, una consapevolezza che tiene conto del mistero della vita, che non si è ancora riusciti a definire e che non è detto che in tutto l’universo segua le stesse regole che segue qui “prendiamo ad esempio il DNA” ha spiegato Cesare Vola “la doppia elica gira verso destra, ma potrebbero esistere forme di vita su altri pianeti, ma anche qui sulla Terra dove la doppia elica gira verso sinistra e quelle forme di vita sarebbero completamente diverse da noi tanto che non potremmo nemmeno mangiarle” a questo punto non ho potuto proprio evitare di riferire la teoria del multi verso o degli universi paralleli, che per ora esiste come ipotesi, ma qualcuno sta dimostrando o cercando di dimostrare con una mole immensa di calcoli complicatissimi. Secondo questa teoria esistono universi paralleli che potrebbero persino basarsi su una fisica totalmente diversa che noi non possiamo assolutamente immaginarci, universi dove la vita si basa anziché sul carbonio sul silicio (che qui invece è la base della chimica inorganica) universi senza vita oppure universi con Terre parallele su cui si avverano le alternative che qui non si verificano, dove per esempio i dinosauri non si sono estinti o dove Hitler ha vinto la seconda guerra mondiale, universi dove esiste per ciascuno un alter ego che compie le scelte alternative rispetto a quelle compiute qui. La famosa storia con i se. Se ci fosse un numero infinito di universi paralleli tutti i se sarebbero egualmente possibili. “qui però limitiamoci alla scienza a cio che si può misurare, verificare, a quello che potrebbe essere possibile” ha osservato Cesare Vola che però, incalzato da altre osservazioni come quella di qualcuno che ha chiesto “può il filosofo arrivare dove non arriva lo scienziato?” ha considerato che certo col pensiero si può arrivare molto lontano. L’ultima riflessione prima di terminare ha riguardato il rapporto tra filosofia e scienza. Oggi sembrano due discipline incomunicabili, ma infondo la scienza è nata da una costola della filosofia. Quella che noi chiamiamo scienza per molto tempo è stata conosciuta come filosofia naturale. I filosofi Greci dissertavano anche di natura e cosmo, come abbiamo già avuto modo di vedere e Galileo anche si definiva un filosofo naturale. Non c’era un confine tra le discipline del sapere e la scienza è stata per molto tempo speculativa. È con Galileo che nasce il principio secondo cui si può definire scientifico quello che può essere verificato con un preciso metodo ed esperimenti ripetibili perché altrimenti col pensiero tutto è teoricamente possibile e non si scoprirebbe più niente. Osservando e misurando si nota ad esempio che una delle regole universali di natura e cosmo segue la sezione aurea identificata con la bellezza e la perfezione del creato soggetto alle stesse leggi universali sia sulla Terra che al di fuori di essa.

 

 

Venerdì 24 luglio 2015: curvatura dello spazio buchi neri e big bang

Come ogni venerdì, anche questa sera sono arrivata un po’ prima alla lezione e non ho potuto fare a meno di commentare l’argomento di cui si sarebbe parlato, ricollegandomi alla teoria del multi verso che mi è capitato già l’altra volta di esporre. “pare che i buchi neri siano il portale di accesso tra un universo e l’altro” ho detto “e pare che già Giordano Bruno avesse postulato per primo questa teoria e che per questo sia stato mandato al rogo” “non è esatto” ha risposto Cesare Vola “Giordano Bruno è stato il primo ad ipotizzare che le stelle non erano soltanto puntini nel cielo, ma oggetti celesti simili al nostro Sole, molto lontani, ciascuno dei quali avrebbe potuto potenzialmente avere nella propria orbita altri pianeti, anche simili alla Terra, anche abitati” e tramite quest’ultima considerazione ha cominciato ad anticipare la scoperta di un nuovo pianeta di cui avrebbe parlato durante la lezione, il pianeta Kepler 452b. i pianeti più recentemente scoperti si chiamano tutti Kepler perché Kepler è il nome del satellite che li ha scoperti osservandone i transiti sulle loro stelle. “è un lavoro che dalla Terra ormai non si fa più” ha spiegato Cesare Vola “perché l’atmosfera scherma”. Intanto la gente arrivava così la serata è potuta ufficialmente cominciare.

“stasera lo scopo sarà cercare di comprendere in primo luogo il concetto di curvatura dello spazio” ha esordito Cesare Vola “ma prima occupiamoci per un momento della notizia del giorno, la scoperta del pianeta Kepler 452b qui mostrato con un’immagine artistica e non necessariamente reale, perché un pianeta distante migliaia di anni luce lo si può individuare, ma non vedere esattamente com’è fatto. Per riuscire ad osservare i transiti di un pianeta lontano bisogna che anche la Terra si trovi allineata sullo stesso piano dell’eclittica della stella che si sta osservando e bisogna che il pianeta da osservare transiti tra la Terra e la sua stella mentre si trovano sullo stesso asse. Ci sono poche probabilità che questo avvenga eppure, nell’arco di circa una quindicina d’anni, sono stati già scoperti migliaia di pianeti extrasolari e questo significa che in cielo, complessivamente ce ne sono una quantità infinita. In particolare quest’ultimo pianeta ha fatto notizia per via delle sue molte somiglianze con la Terra: le dimensioni di Kepler 452b sono solo di poco più grandi rispetto a quelle della Terra, la distanza dalla sua stella è quasi identica alla distanza Terra-Sole e così la sua orbita intorno alla stella. Questo pianeta potrebbe avere acqua liquida, la vita, una civiltà che potrebbe essere più avanzata della nostra. Di certo c’è che è il pianeta più simile alla Terra finora scoperto nello spazio a 1000 anni luce di distanza”. Esaurita la notizia del giorno, Cesare Vola ha riportato l’attenzione sul concetto di curvatura. In ogni punto di una curva, la curvatura è il valore del raggio della circonferenza che approssima la curva “dunque più la curva è dritta, più la circonferenza è ampia, un concetto valido ragionando in una dimensione dove si può andare solo avanti o solo indietro, ma sempre dritti. In due dimensioni non si avranno cerchi, ma sfere, che però vanno sempre concepite come superfici che non contengono nulla al loro interno”. Per riflettere meglio su come cambia la percezione della realtà e soprattutto i principi matematici su cui si basa in base alle dimensioni di cui si tiene conto, Cesare Vola ha mostrato un vecchio cartone animato che ha per protagonista un bambino che viaggia nello spazio. In questo episodio in particolare, il bambino giunge su un mondo piatto abitato da esseri a due dimensioni che si muovono come figure animate su un foglio di carta, come figure piane in altre parole e di cui il bambino, che invece come tutti noi vive in una realtà a tre dimensioni che comprende anche la profondità, riesce a vedere il corpo al loro interno. Per questi omini la loro realtà che a noi sembra molto strana è la normalità. Allo stesso modo noi potremmo apparire strani a degli esseri che vivono in realtà comprendenti quattro o anche più dimensioni. Tutto questo per dire che la realtà che percepiamo non è necessariamente, la realtà vera e che non si riesce a comprendere pienamente tutto l’esistente. Se non si può percepire con i sensi tutto cio che realmente esiste nel Cosmo, si può però provare a ragionarci in modo astratto. “I primi a provarci sono stati i matematici” ha raccontato Cesare Vola mentre sullo schermo si muovevano gli omini piatti “costruendo dei modelli basati su ragionamenti complessi basati su una geometria di quattro dimensioni, ipersfere e quant’altro. Ma prima di arrivare a questo bisogna aver chiaro il concetto di retta e come si può determinare che una cosa è dritta. Le nozioni scolastiche di geometria ci dicono che la linea retta è il percorso più breve per unire due punti. Misurando due elementi bisogna misurare il tempo impiegato a coprire la distanza tra loro. Sarà dritto il percorso che consente di impiegare meno tempo. Sulla Terra si può fare questo esperimento con le corde. Nello spazio bisogna usare come riferimento, la luce che ha una velocità costante di 300 mila kilometri al secondo e non per nulla l’anno luce, cioè la distanza percorsa dalla luce in un anno, è l’unità di misura delle distanze nello spazio, che implica allo stesso tempo anche la misura del tempo degli ipotetici tempi di percorrenza da un oggetto celeste all’altro, considerando che tali oggetti non sono mai fermi. Dunque nello spazio una linea è dritta, è retta, quando corrisponde al percorso più breve compiuto dalla luce. Una linea dritta per noi è sempre dritta sia su un foglio che nello spazio reale, perché sebbene percepiamo le tre dimensioni e dunque la profondità, non percepiamo la curvatura e dunque ci muoviamo sulla Terra come se fosse una superficie piana (motivo per cui c’è gente che ha pensato e che continua a pensare tutt’ora che la Terra è piatta ndr). Solo guardando dall’esterno si può dire se una superficie è curva o piana. Dall’interno bisogna basarsi sulle leggi geometriche. Sul piano vale la geometria euclidea secondo cui la somma degli angoli interni di un triangolo è 180° mentre la somma degli angoli interni di un quadrilatero è 360° e secondo cui vale il teorema di Pitagora (la somma dei quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa ndr). Sulla sfera curva la geometria euclidea non funziona. Sulla sfera curva si ottengono quadrati storti e triangoli con angoli interni di 90° e cerchi con raggi maggiori rispetto a come sono sul piano. Le superfici curve inoltre non sono per forza sfere, possono avere le forme più svariate e bizzarre. Per duemila anni si è creduto di poter applicare nell’osservazione del cielo le leggi della geometria euclidea basata sui quattro postulati di Euclide cioè enunciati dati per veri che però sono il frutto di un’astrazione verificabile sul piano. Einstein sarà colui che elaborerà equazioni molto complicate per confutare queste teorie, basate su geometrie non euclidee e su uno spazio curvo in tre dimensioni che per essere ben compreso andrebbe guardato dal punto di vista della quarta dimensione tenendo presente che le regole variano punto per punto nello spazio, che lo spazio forma un sistema unico con il tempo e che questo sistema è curvato dalla gravità ed è determinato dalla posizione e dal movimento delle masse. Misurando il raggio e la superficie di una sfera si può cominciare a capire la curvatura terrestre. La sfera del modello geometrico è però un’approssimazione perché la si considera vuota al suo interno, cosa che la Terra non è. Dunque la geometria euclidea è un approssimazione valida solo in condizioni di gravità zero che diventa sempre meno vera man mano la gravità aumenta. La conferma di tali principi richiede però delle misurazioni di una precisione difficile da ottenere. Nello spazio si può osservare che le rette si incurvano e che i corpi celesti deviano la luce in base alla loro massa, proprio come ha teorizzato Einstein e come verificò nel 1919 Arthur Eddigton (uno dei maggiori astrofisici inglesi del ventesimo secolo; fu proprio lui non solo a verificare, ma anche a diffondere le idee di Einstein e a proporre il limite che porta il suo nome che corrisponde alla luminosità massima che può avere una stella con una data massa, senza che essa inizi a perdere gli strati più alti della propria atmosfera ndr) osservando le stelle vicino al Sole durante un’eclisse solare e trovandole spostate. Sulla base di questa curvatura Einstein determina anche il fenomeno della lente gravitazionale secondo cui se dalla Terra si osservano due galassie poste una dietro l’altra per effetto della curvatura della luce la galassia dietro appare come una grossa lente con quella davanti al centro. In realtà Einstein pensava che la curvatura della luce avrebbe reso invisibile la galassia dietro, ma su questo dettaglio si sbagliava. Non si sbagliava però nel definire lo spazio curvo e nel dire che gli oggetti celesti che lo occupano ne influenzano la curvatura. Tutto questo è compreso nella sua cosiddetta teoria della relatività che ha una spiegazione anche per le strane orbite di Mercurio che non necessita di chiamare in causa un pianeta misterioso. Se le orbite di Mercurio non rispondono alle teorie di Newton, corrispondono alla relatività di Einstein che non solo teorizza la curvatura dello spazio, ma anche quella del tempo. È Einstein ad affermare per primo che il tempo è relativo e non è lo stesso per tutti e lo fa prendendo ad esempio due razzi che viaggiano a velocità diverse. Ognuno contiene un orologio che manda un impulso ad un intervallo prestabilito di tempo. L’impulso dai due razzi non giunge nel medesimo istante sebbene gli orologi siano stati tarati allo stesso modo e sebbene l’intervallo di tempo sia lo stesso sui due razzi. Più il raggio viaggia veloce e più gli impulsi che manderà saranno vicini uno all’altro nel tempo. Il tempo di ciascuno si modifica se confrontato con altri e se si considera l’accelerazione di gravità. Galileo aveva già cominciato a capirlo osservando le navi, ma ci è voluto Einstein per dare la spiegazione definitiva (tenendo conto che nella scienza nulla è definitivo ndr) arrivando ad elaborare il concetto di spazio-tempo che più è curvato più fa si che il tempo scorra lentamente, un concetto che nella relatività speciale è spiegato col paradosso dei gemelli (uno dei due gemelli parte per un viaggio nello spazio alla velocità della luce o molto prossima ad essa un viaggio andata e ritorno sempre a questa velocità. Rientrando sulla Terra al termine del viaggio lui non sarà cambiato, ma troverà il suo gemello invecchiato ndr) e che fa si che in movimento, anche tenendo conto dell’effetto doppler cambi il colore della luce, perché varia la sua frequenza”. Parlando di deformazione dello spazio tempo non si può non parlare di buchi neri (Einstein li postulò in teoria, ma è stato Stephen Hawking a scoprire che esistono davvero anche se praticamente non si riesce ad osservarli ndr). “in realtà furono diversi scienziati a teorizzare il concetto di buchi neri e a proporre modelli matematici atti a dimostrarli, Poincaret, Lorentz, Oppenehimer, per citarne alcuni” ha puntualizzato Cesare Vola “i buchi neri sono oggetti celesti misteriosi perché assorbono anche la luce. Tutte le masse attraggono la luce, ma la massa di un buco nero è talmente forte che più che attrarre fagocita e in un buco nero tutto può entrare ma nulla può uscire” Cesare Vola ha proiettato l’immagine artistica di un buco nero che si troverebbe nella nube di Magellano “all’interno di un buco nero il tempo è fermo è c’è sempre quella linea di confine oltre la quale il buco nero risucchia tutto. Al di sopra di quella linea ci si può ancora sottrarre dall’orbita di un buco nero al di sotto no. Se ci si trova al di sotto della linea si vede l’universo scorrere velocissimo, se ci si trova al di fuori si vede un oggetto cadere in continuazione senza superare mai quella linea perché man mano si avvicina il tempo rallenta finche ad un certo punto si ferma. Questo concetto è stato teorizzato dai calcoli complicati di uno scienziato di nome Sharzscild che ha coniato, per il fenomeno stesso il nome di orizzonte degli eventi. Ma come si osserva tutto questo? Attraverso la luce che il buco nero cattura e che gli orbita intorno emettendo raggi X  prima di essere fagocitata oppure attraverso l’influenza che esercita sugli oggetti celesti che si trovano vicini. Si osservano stelle che ruotano intorno ad oggetti scuri e molto massivi e quelli potrebbero essere dei potenziali buchi neri che si originano per effetto della curvatura. Per essere sicuri bisognerebbe però poter mandare una sonda e studiarli da vicino. Oltre a quello della nube di Magellano altri buchi neri in qualche modo famosi si trovano all’interno delle costellazioni del Cigno e del Sagittario, ma in realtà ogni galassia avrebbe il suo buco nero supermassiccio al centro che ne determinerebbe la rotazione. Quello che conta però è quello che si può misurare e non è ancora possibile effettuare delle misurazioni che permettono di capire se i buchi neri sono realmente come li si immagina. Anche il raggio di  Sharzscild e l’orizzonte degli eventi sono più dei postulati che delle teorie reali e infondo la fisica tende a voler credere troppo nelle sue teorie”. Ecco come parlando di teorie, siamo giunti, nell’ultima parte della serata ad esaminare le teorie più affascinanti, quelle che dovrebbero spiegare come tutto cio di cui si sta parlando da quattro venerdì sera a questa parte e che ha tolto il sonno a molti scienziati nel corso dei secoli, ha effettivamente avuto inizio. Non si poteva proprio non parlare del Big Bang il grande scoppio, anch’esso però rappresentato sempre più artisticamente che realmente “attraverso immagini che presuppongono l’esistenza di un centro che invece nel Big Bang non c’è” come ha puntualizzato Cesare Vola “così come non c’è un centro dell’Universo dove tutto è sparso omogeneo e isotropo su scala opportunamente grande dove per omogeneo si intende tutto uguale più o meno e per isotropo che cio che si osserva non cambia se cambia la direzione da cui viene osservato. Nello spazio le galassie sono distribuite in modo uniforme come su una spugna, come se l’universo fosse un insieme di tanti granelli immobili tra loro immersi in uno spazio che si espande (come se fosse un palloncino che si gonfia ndr) un’idea che però non piaceva ad Einstein che propendeva per un universo stazionario. Per dimostrare questa teoria ha persino calcolato una costante cosmologica, ma questo poi col tempo si è rivelato essere un errore perché i calcoli dimostrano che lo spazio (e non gli oggetti celesti in esso contenuti) si muove, si espande o si contrae ed è un fenomeno che si può osservare tramite i già nominati spettri stellari e l’effetto Doppler che sarà tanto maggiore, quanto più la galassia o  comunque l’oggetto celeste si allontana velocemente. A scoprire questo per la prima volta fu Hubble lo scienziato (da cui il famoso telescopio spaziale ha preso nome ndr). Figlio di un avvocato avrebbe dovuto, secondo i voleri paterni diventare avvocato a sua volta, ma egli volle diventare astronomo e divenne un grande astronomo che scoprì appunto come tramite l’effetto Doppler si potesse determinare l’allontanamento (fuga verso il rosso) o l’avvicinamento (fuga verso il blu) in base alla distanza fra le galassie stesse”. Alla fine la teoria dell’universo in espansione venne accettata anche da Einstein che riconobbe i suoi errori in tal senso. Ma prima di arrivare a questo Cesare Vola ha presentato un altro scienziato “Lamaitre un gesuita belga il primo a concepire l’idea di un Big Bang, una teoria scientifica che in qualche modo cerca di avvalorare la creazione in cui credono i cattolici. Lemaitre afferma che l’Universo in espansione si è originato a partire da un atomo primordiale all’inizio del tempo e dello spazio, un’idea che fa inorridire gli atei e i materialisti. Se l’universo fosse bidimensionale questa teoria si può facilmente rappresentare col palloncino che si gonfia. L’universo è tridimensionale però e le galassie si allontanano a velocità che possono raggiungere quelle della luce e c’è addirittura chi pensa che alcune galassie si allontanano ad una velocità tale che la luce non le può raggiungere e non si potranno dunque mai osservare ed ecco come in questo senso si può trovare un nuovo significato per il termine di orizzonte degli eventi, intendendo in questo caso una parte di universo che resterà sempre fuori dalla nostra portata”. A questo punto la cosa si è fatta complicata. È venuto il momento di capire quale potrebbe essere la geometria dell’Universo. L’equazione di Einstein fornisce tre possibilità di risposte. L’Universo può essere sferico e finito oppure infinito nei due modelli iperbolico e piano oppure simile ad un ipercilindro. Tre modelli che si basano sulla densità della materia e sulla curvatura che fa si che la somme degli angoli interni di un triangolo cosmico sia sempre maggiore di 180° tanto più maggiore quanto maggiore è la curvatura. L’equazione però prevede anche che il sistema spazio tempo abbia avuto un inizio dunque Lemaitre affermava sulla base di questo che prima di quell’inizio non esisteva nulla. Un altro scienziato Fred Hoyle (matematico, fisico e astronomo britannico, noto al grande pubblico soprattutto per le sue argomentazioni non convenzionali e per svariate teorie non ortodosse entro la comunità scientifica ndr da Wikipedia) ha proposto invece il modello di un Universo fondamentalmente uguale a se stesso all’interno del quale le galassie si espandono perché nel vuoto si creano degli atomi. Per far funzionare questa teoria sono sufficienti pochissimi atomi e questo esclude il problema dell’inizio dell’Universo che Hoyle escludeva categoricamente. Fu proprio lui durante una trasmissione radiofonica a coniare il termine Big Bang in senso dispregiativo come per dire che si trattava di un’idiozia. Tutte queste teorie funzionano e per dire qual è quella vera ci si potrebbe affidare alle conferme sperimentali. A questo punto non ho potuto evitare di  fare una piccola riflessione su quanto è stato detto, sull’Universo visibile che è solo una piccola parte del tutto, sui buchi neri che si originerebbero dal collasso di stelle di neutroni, stelle talmente dense di materia che un cucchiaino di tale stella peserebbe tonnellate e dunque in qualche modo i buchi neri sarebbero lo stadio finale dell’evoluzione di stelle che evolvendosi hanno acquisito sempre più massa e densità. Nella parte finale della serata ognuno ha avuto modo di poter dire la sua. Qualcuno ha letto il libro SETTE BREVI LEZIONI DI FISICA e ha voluto condividere qualche riflessione in merito, qualcuno ha tirato in ballo la teoria delle stringhe. C’è stato anche il modo di tornare sulla teoria del multi verso e di assimilare i buchi neri a passaggi spaziotemporali tra un universo e l’altro e di riflettere su come la teoria del multi verso sta alla base della possibilità di viaggiare nel tempo tenendo conto che tornando nel passato c’è sempre la possibilità di alterarlo (il famoso paradosso del nonno secondo cui se torni indietro nel tempo e uccidi tuo nonno giovane oppure tua madre incinta di te tu praticamente non esisti più da nessuna parte ne nel passato dove non sei ancora nato ne nel tuo presente ndr) e dunque se si pone per vera la teoria del multi verso e ancor più quella del multi verso infinito secondo cui si formano universi in continuazione come bolle di sapone i paradossi relativi ai viaggi nel tempo si possono spiegare col principio secondo cui non si torna allo stesso presente da cui si è partiti, ma in un universo parallelo creatosi sulla base delle alterazioni messe in atto durante la permanenza nel passato, anche involontariamente. Ma prima di parlare di ciò, un’ultima considerazione sulle varie teorie e sulle loro possibili conferme sperimentali. “l’Universo è grande, secondo le ultime ipotesi 130 miliardi di anni luce e l’Universo visibile copre uno spazio di circa 15 miliardi” ha precisato Cesare Vola rispondendo alle mie riflessioni “beh se è infinito  e si espande di continuo è inutile misurarlo” ho ancora osservato io. Detto cio è venuto il momento di parlare della scoperta della radiazione cosmica di fondo teorizzata e scoperta da due scienziati di nome Penzias e Wilson. Questa radiazione cosmica identica da qualunque punto dell’Universo la si ascolta è molto importante perché rappresenta la conferma sperimentale del Big Bang, una sorta di eco di questo grande botto primordiale che continua a giungere sino a noi dovuto al nucleo originario di plasma di atomi di idrogeno che emettevano energia elettromagnetica. Questo però non implica che ci sia stato un centro, il centro non c’è e questo rende difficoltoso il problema dell’inizio per il quale Cesare Vola stasera ha proposto alcune soluzioni divertenti giusto per smorzare un tantino la difficoltà degli argomenti, ma in realtà una soluzione a questo problema ancora non è stata trovata. “che cosa ha generato il tutto?” ha chiesto “a meno che abbia senso porsi la domanda”. I cattolici spiegano il tutto con la creazione e fanno coincidere con essa il Big Bang. Ma i problemi non sono finiti e l’ultimo problema esaminato introduce a quello di cui si è parlato nell’ultima lezione. La materia oscura. Questa sera Cesare Vola ha fatto notare che per ogni particella di materia in teoria ne esiste una corrispondente di antimateria (quando si incontrano formano i raggi gamma), ma nel nostro Universo si registra un’abbondanza di materia e scarsità di antimateria sicché i conti non tornano e questo porta a pensare che la materia primordiale fosse soggetta a leggi della fisica che non conosciamo quelle che cercano di studiare al CERN ricreando condizioni che sono le più simili possibili a quelle del Big Bang tenendo conto che più ci si avvicina all’inizio più si è incerti “in conclusione dell’Universo si può dire con certezza che è grande che si espande e che ha un’età” ha spiegato Cesare Vola “età determinata da oggetti celesti chiamati quasar oggetti celesti molto luminosi e molto concentrati che si trovano a grandi distanze a miliardi di anni luce (qualcuno vede in essi l’universo primordiale ndr) e che sono ammassi di materia che fagocitano materia in continuazione emettendo grandi quantità di energia. In realtà l’Universo presenta continuamente questioni su cui indagare su cui discutere confrontando le varie opinioni. Tutta la scienza prosegue in questo modo”. Senza essere scienziati anche i presenti, come ho già avuto modo di dire, hanno voluto mettere le loro opinioni a confronto. Sono serate come queste che fanno apprezzare l’importanza della Casa Uboldi in grado a volte di rievocare la vivacità dei simposi greci delle corti rinascimentali e  dei salotti del Sette-Ottocento.

Venerdì 31 luglio 2015: materia ed energia oscura, cosmologie tra scienza e fantascienza

Materia ed energia oscura sono due concetti diversi, ma egualmente sfuggenti che riguardano gli ultimi vent’anni della ricerca cosmologica. Così ha esordito questa sera Cesare Vola per dare l’avvio a quella che si è rivelata essere la serata più interessante di tutto il ciclo, se non altro perché si è trattato di tematiche per così dire ancora aperte, caratterizzate più da interrogativi che da certezze, su cui dunque l’uomo è stimolato a riflettere. “una tematica di cui appunto per ora si percepisce solo il fascino senza comprenderla realmente, tanto da utilizzarla arbitrariamente come titolo per un film” ha spiegato ancora Cesare Vola “ma è dunque possibile capire realmente di che cosa si tratta? Cominciamo dalla materia oscura. Che cosa si intende con questa denominazione?” per introdurre il concetto Cesare Vola ha parlato nuovamente delle galassie e del fatto che ruotano su se stesse, compiendo una rotazione completa in intervalli di tempo fissi e misurabili. La nostra galassia, la Via Lattea, ad esempio compie una rotazione completa su se stessa nell’arco di 250 milioni di anni. “in realtà non si potrà mai osservare una galassia ruotare” ha puntualizzato Cesare Vola “perché si tratta di movimenti rotatori lentissimi. È interessante notare come la galassia ruota, come si comporta la materia di cui è costituita durante la rotazione. Al centro la galassia ruoterà più in fretta e man mano ci si allontana dal centro sempre più lentamente. Questo almeno è cio che ci si aspetterebbe. Per rilevare la rotazione di una galassia ci si basa ancora una volta sull’effetto doppler e le righe spettrali che dovrebbero mostrare una parte della galassia che si avvicina all’osservatore e un’altra parte che si allontana. Ci si può basare soltanto sulla luce dunque e sui suoi effetti per misurare la rotazione di una galassia e per rilevare i comportamenti della materia al suo interno dovuti alla rotazione stessa. Ed ecco come in questo modo si nota come in realtà non avviene cio che ci si aspetterebbe. In realtà si osserva che la materia esterna di una galassia gira molto più velocemente rispetto a quanto ci si aspetterebbe in teoria, addirittura gira più velocemente nella parte esterna piuttosto che in quella interna e, se si considera la teoria che conosciamo, questo è assurdo. Noi sappiamo che la velocità di rotazione dipende dalla vicinanza da un centro, perché maggiore è la vicinanza del centro, maggiore è l’attrazione che esso esercita e dunque maggiore è la rotazione. Lo si osserva ad esempio con i pianeti del Sistema Solare: Mercurio, che è il più vicino al Sole, è quello che ruota molto più velocemente, mentre Plutone, il più esterno, è quello che ci impiega più tempo a girare intorno al Sole. Ma con le galassie non avviene tutto questo, non lo si osserva eppure il principio dovrebbe essere il medesimo. Ecco come i fisici, per provare a spiegare questo assurdo, hanno introdotto il concetto di materia oscura, un alone oscuro che circonda la galassia e in qualche modo ne perturba il moto, giustificando così le discrepanze che si osservano e che contraddicono la legge della gravitazione. La materia oscura infatti rende uniforme la materia dentro la galassia che dunque non ruota più intorno al suo centro, ma ruota dentro questo alone oscuro e risente dell’attrazione gravitazionale di quest’ultimo che farebbe girare più velocemente l’esterno. Ovviamente l’alone è definito oscuro perché non è possibile osservarlo. Gli scienziati lo ipotizzano perché la sua presenza fa tornare i conti che non tornano, ma nessuno può ancora portare conferme sperimentali della sua esistenza effettiva. Questa strana materia oscura non riflette la luce e passa attraverso la materia ordinaria senza produrre effetti significativi (se si esclude ovviamente cio che è stato appena detto sulla strana rotazione delle galassie) potrebbe essercene persino sulla Terra, ma non si può percepirla, accorgersi che c’è  perché non interagisce con noi, ma neanche con la luce (in realtà però se fa ruotare in modo strano le galassie un qualche tipo di iterazione la dovrà pur avere no? Ndr). Dunque secondo gli scienziati dovrebbe esistere questo tipo di materia che, a differenza della materia ordinaria non si aggrega, non è polvere, non va a formare corpi celesti è diffusa per lo spazio e le particelle di cui sarebbe fatta (o qualunque cosa sia che la compone) non interagiscono nemmeno tra loro. Ecco perché al momento può essere solo un’ipotesi, un qualcosa che gli scienziati immaginano senza sapere se esiste davvero. Al CERN stanno provando a mettere a punto esperimenti specifici per individuarla osservando eventuali comportamenti anomali delle particelle di materia ordinaria. Se esistesse davvero, secondo gli scienziati, sarebbe addirittura in percentuale di molto maggiore rispetto alla materia ordinaria. La materia oscura precisamente costituirebbe il 22% dell’esistente contro circa il 4% della materia ordinaria compresa di corpi celesti e gas intergalattici. Analoghi studi si effettuano nel campo dell’energia e si arrivati in tal modo a scoprire l’esistenza dei neutrini e a ipotizzare l’energia oscura che costituirebbe addirittura il 74% dell’esistente” Per introdurre il concetto di energia oscura Cesare Vola ha parlato delle supernovae, stelle che si accendono improvvisamente nel cielo e muoiono in seguito ad enormi esplosioni “le supernovae si formano a partire da una nana bianca (che dovrebbe essere una stella giunta ormai alla fine della sua vita come già detto nel corso delle serate precedenti ndr) che accumulano sempre più materia, sempre più concentrata, sino ad innescare la fusione del carbonio ed emettendo una gran quantità di luce sempre la stessa in qualunque punto si trova. Misurando quanta luce arriva effettivamente sulla Terra si può stimare la distanza di questi oggetti celesti nonché la distanza della galassia che le ospita. Quello che si scopre è che le galassie si allontanano ad una velocità sempre maggiore le une dalle altre e questo è un altro assurdo che contraddice la legge della gravitazione universale. La forza di gravità dovrebbe infatti tenere insieme le galassie che dunque si dovrebbero allontanare a velocità molto lenta. Ancora una volta quello che si osserva contraddice la teoria e ancora una volta i fisici devono ipotizzare un qualcosa che giustifichi questa espansione, che faccia tornare i conti e questo qualcosa è l’energia oscura ed è in virtù dell’esistenza di questa energia che l’universo si espanderebbe sempre più velocemente. Ipotizzare la materia e l’energia oscura influenza le teorie del big bang. Si parte da un punto che è l’inizio dello spazio ma anche del tempo e si ipotizza una grande esplosione che ha innescato una rapidissima espansione che continuerebbe tutt’ora. In realtà però quel che si osserva non è così lineare. Si tratta comunque di teorie nuove in discussione da circa una decina d’anni. il bello della scienza è che non si arriva mai si pensa di aver raggiunto un traguardo, ma poi si scopre qualcosa di più preciso che rimette tutto in discussione” a questo punto non ho potuto fare a meno di intervenire osservando che “nella scienza ogni risposta genera almeno dieci domande” “fino a dieci anni fa i fisici erano convinti che l’espansione dell’universo dovesse rallentare” ha ripreso a spiegare Cesare Vola “ma le misurazioni più precise che hanno portato ad ipotizzare la materia oscura e l’energia oscura hanno mostrato un’altra realtà. Nuove osservazioni potranno forse in futuro portare a nuove teorie. Fino a vent’anni fa la questione cruciale della cosmologia era capire se l’universo si espande all’infinito oppure si espande fino a un certo punto e poi torna indietro (addirittura collassando su se stesso fino a tornare al puntino iniziale ndr). Si cercava di rispondere a tali domande compiendo studi sulle masse dei neutrini. Ora invece si vagliano nuove realtà oscure e non è possibile prevedere cosa succederà. Queste nuove frontiere hanno dimostrato l’infondatezza di vecchi problemi e l’inutilità degli esperimenti compiuti per cercare di risolverli. Quel che si può dire di sapere è che il big bang è avvenuto circa tredici miliardi di anni fa e che per ora l’universo si espande ed è finemente regolato perché il contrario renderebbe impossibile la nostra esistenza. Le leggi della fisica che regolano l’universo si basano su alcune costanti fondamentali che se cambiate anche di poco darebbero origine a realtà completamente diverse che non potremmo neppure immaginare, realtà dove la vita non esisterebbe, perlomeno non come la conosciamo. Per esempio abbiamo la costante gravitazionale, la velocità della luce, la costante di Plank. Non c’è un motivo per cui esistono queste costanti esistono e sono esattamente così, ma è cio che determina la nostra stessa esistenza. Esiste ad esempio la costante di epsilon che se leggermente più piccola farebbe si che potrebbe esistere solo l’idrogeno, mentre se fosse più grande farebbe collassare anche l’idrogeno, fuso tutto immediatamente dopo il big bang. Ecco come variando le costanti potrebbero esistere universi, senza vita o comunque meno interessanti o addirittura niente del tutto” Qualcuno ha chiesto se potrebbe esistere un universo senza materia. Se manca la materia ci si immagina il nulla assoluto e dunque un universo senza materia sarebbe ben difficile da concepire. “tutto cio rende la vita solo il frutto di una probabilità remotissima, una anomalia quasi che qualcuno spiega e ha spiegato per molto tempo con l’esistenza di Dio che ha voluto espressamente la vita oppure con l’ipotesi che esista un’infinità di universi nei quali tutto è possibile e in cui la vita è solo una delle infinite possibilità che potrebbero verificarsi e si verificano”. Qualcuno dice anche che queste teorie non necessariamente si escludono a vicenda che un’intelligenza cosmica anziché concepire un solo universo possibile ne possa concepire un numero infinito. Già Einstein infondo si domandava se Dio giocasse o meno a dadi con l’Universo e dunque se fosse tutto davvero totalmente casuale o se alla base di questa apparente casualità fosse già tutto predisposto in qualche modo. Ci vuole comunque un qualcosa alla base per giustificare tutto questo indipendentemente dalle credenze personali “la gente ha bisogno di certezze” ha osservato Cesare Vola “non vuole avere a che fare con ciò che pone dubbi, che costringe a pensare a chiedersi se le cose stanno in un modo o in un altro. Si preferisce la sicurezza di cio che è affidabile, solido, che regge ad ogni dubbio, ad ogni precisazione, qualcosa che al contempo non metta in evidenza la grande ignoranza di fondo nei confronti dell’esistente di come è davvero la realtà”. Questo discorso è stato il punto di partenza per l’ultimo argomento di questa serata: i nuovi modelli di cosmologia, tra cui quelli che prevedono più dimensioni rispetto a quelle che si pensano, come ad esempio la già accennata quarta dimensione punto di partenza per provare ad immaginare un modello a più universi anche infiniti, universi magari basati su ipercubi, ipersfere, cioè proiezioni di figure in tre dimensioni nella quarta dimensione, come si è già avuto modo di spiegare la volta scorsa “in una dimensione c’è solo una linea e ogni coordinata corrisponde ad un punto” ha rispiegato brevemente Cesare Vola rifacendosi al discorso della curvatura “la sfera è individuata da due punti che delimitano tutto e separano il dentro e il fuori. In due dimensioni avremmo esseri piatti di cui noi potremmo vedere l’interno e che non avrebbero concezione dell’esistenza di una terza dimensione. In due dimensioni il volume corrisponde alla superficie e la superficie a un punto. In tre dimensioni il volume corrisponde a qualcosa con un interno e un esterno e la superficie ad una figura piana. Nella quarta dimensione, che noi possiamo concepire solo come astrazione, ogni punto sarebbe individuato da quattro coordinate e la superficie corrisponderebbe ad un volume. In un universo in quattro dimensioni potrebbero esistere esseri che ci osservano che vedono l’interno del nostro corpo senza che per noi sia possibile percepirli. In un universo a più dimensioni si avrebbero ipersfere, ipercubi e l’iperspazio. L’universo che noi conosciamo, secondo alcuni, potrebbe essere un’ipersfera in 3D immersa in un iperspazio in 4D dove coesisterebbero altri universi in quantità infinita universi che sono come delle bolle di sapone che si formano continuamente. Ma tutto questo, così come la materia e l’energia oscura fa parte del campo delle ipotesi, sono problemi aperti, questioni su cui c’è solo un dibattimento privo di teorie che possono essere dimostrate o avvalorate da prove scientifiche. La scienza si evolve perché qualcuno propone delle idee che sembrano rivoluzionarie su cui poi si dovrebbe indagare” e a questo punto Cesare Vola ha portato l’esempio di Giordano Bruno che già tra il Cinque e Seicento affermava che l’universo è infinito che i puntini luminosi in cielo sono lontanissimi soli ognuno dei quali ha attorno il suo sistema di pianeti, idee che lo hanno portato al rogo “ed ecco come oggi si arriva ad ipotizzare l’esistenza di più universi e più dimensioni. È necessario però distinguere tra cio che è certo, che è provato e dunque reale e inconfutabile e cio che è solo un’idea, un’ipotesi che è stata pensata, ma non confermata e che dunque potrebbe anche non essere vera. Tra queste ipotesi la possibilità che esistono più diversi che potrebbero essere tra loro interconnessi oppure no, di cui alcuni potrebbero essere chiusi, alcuni potrebbero espandersi all’infinito, altri contrarsi, altri espandersi e contrarsi alternativamente. Ma sono solo idee”. Del resto anche il nostro universo non lo conosciamo tutto per intero, ma cio che si conosce che si osserva che si studia è solo una parte. “in ognuno di questi universi le costanti di cui si diceva prima sono diverse e questo farebbe si che ogni universo si basi su principi fisici diversi da quelli che regolano gli altri universi. Si creano tanti universi ognuno coi suoi principi e le sue costanti e nell’infinità casualmente troviamo anche quello in cui noi viviamo” e qui ritorna il dilemma se Dio gioca o meno a dadi con l’universo “in realtà questi universi infiniti e casuali hanno comunque ognuno delle regole” ha precisato Cesare Vola “se non gioca a dadi gioca a scacchi” ho allora osservato io. Un gioco apparentemente casuale e complesso, ma con delle regole ben precise che bisognerebbe solo capire che valgono per cio che noi conosciamo, ma non per tutto “in fisica contano molto le teorie che predicono cio che noi ancora non sappiamo” ha ripreso a spiegare Cesare Vola “una teoria che si presta ad essere indagata per trovarne le prove effettive e che dimostra che si sono capite davvero le cose. Ecco che qualcuno propone l’esistenza di tunnel che collegano i vari universi o varie parti dello stesso universo (i buchi neri? I wormole? Peraltro entrambi ipotizzati da Einstein ndr) o di buchi neri dove la materia entra e in qualche modo torna nel passato, così l’universo si rigenera in continuazione e non può mai invecchiare in un ciclo continuo che lo rende in qualche modo stabile. Questa teoria prevederebbe l’esistenza dei buchi bianchi che sarebbero i quasar, tutto cio che resta dell’universo primordiale, la parte dei wormole che rigetta indietro la materia nel passato e l’energia, tutto cio che proviene dai buchi neri che fagocitano tutto, tanto che si riesce ancora ad osservarli questi oggetti così lontani che risalgono addirittura a poco dopo il big bang. Qualcuno invece ha proposto l’esistenza di tunnel spaziotemporali che vanno avanti e indietro non solo nello spazio, ma anche nel tempo (perché la teoria del multi verso secondo alcuni ha molto a che fare con la possibilità reale di poter un giorno viaggiare nel tempo che altro non sarebbe che una dimensione, la quarta dimensione secondo alcuni, cio che ci permette realmente di percepire l’esistente secondo altri ndr)” Se tutto questo fosse vero potrebbe un giorno risolvere il problema delle distanze che attualmente rendono impossibili eventuali viaggi interstellari anche solo verso i pianeti più vicini “su queste teorie ci hanno fatto il film INTERSTELLAR” ha osservato Cesare Vola “e continuando a parlare di teorie bizzarre, ce n’è una che è stata pubblicata su LE SCIENZE di dicembre 2014 che afferma che il big bang non sarebbe altro che l’implosione di una stella in 4D della quale il nostro universo sarebbe semplicemente una proiezione. Si stanno accumulando troppe teorie. Di giusta però ce n’è una e forse dovrebbero concentrarsi di più per capire qual è. La speculazione, il pensare a delle ipotesi a nuove idee è sempre un gioco divertente. Il problema è che nella scienza ci vogliono le prove non basta semplicemente pensare, perché nel corso della storia la gente ha pensato a molte cose. Nel corso del tempo molte leggi e teorie sono state effettivamente dimostrate e dunque molte altre in futuro se ne potrebbero ancora dimostrare” . Per concludere la serata Cesare Vola ha proposto una carrellata di teorie molto bislacche, come ad esempio la società della Terra piatta, questa associazione che tramite pubblicazioni e siti internet diffonde l’idea che in realtà la Terra sarebbe un disco piatto e riuscirebbe a giustificare ogni argomentazione in favore di quest’idea antica nonostante queste persone vivano in questo secolo di tecnologie prendono l’aereo e, appunto, usano internet. C’è inoltre l’idea che tutto cio che noi siamo, che vediamo intorno a noi, non sarebbe altro che una simulazione al computer. Questa idea si origina dal fatto che attualmente si è in grado di creare effettivamente dei mondi al computer, dei mondi che al loro interno hanno un senso e questo ha fatto si che qualcuno si sia chiesto se anche la nostra di realtà infondo non sia altro che una realtà virtuale, come quelle che si creano. Io conoscevo una variante di questa teoria che non chiama in causa i computer, ma la mente. Secondo questa teoria niente esiste davvero. Noi tutti il nostro mondo, il cosmo siamo pensieri dentro la mente di qualcuno, dei sogni addirittura. Noi esistiamo perché qualcuno pensa a noi e la nostra vita è un pensiero, l’astrazione di una mente che nel suo mondo, nella sua realtà potrebbe essere esattamente come noi, non è detto che sia una divinità che crea o un essere superiore, potrebbe essere come uno scrittore quando inventa una storia con dei personaggi eccetera. Su cose del genere si potrebbe andare avanti a discutere all’infinito, ma nel corso della serata c’è stato ancora il tempo giusto per dei chiarimenti di concetti espressi nelle serate precedenti e che qualcuno si è perso perché non è venuto oppure di concetti di questa sera. Qualcuno si è chiesto se la forza tanto nominata in STAR WORS fosse in qualche modo assimilabile ai concetti di materia ed energia oscura e se tali concetti si dovessero considerare fisici o non fisici. Secondo Cesare Vola la forza di STAR WARS è un qualcosa di intelligente più assimilabile al divino, mentre la materia e l’energia oscura (per altro teorizzate vent’anni dopo STAR WARS) sono più inerti. Queste tematiche possono facilmente sfociare nella fantascienza così come nella filosofia, nella speculativa.

E con questa serata si è concluso questo ciclo di aperture estive straordinarie della Casa Uboldi con un tema perfetto per le sere d’estate che già di per sé, almeno secondo me, maggiormente si prestano a maggiori meditazioni. Serate che, si può dire, hanno in tutti i sensi ampliato gli orizzonti di chi ha avuto la pazienza e la curiosità di stare ad ascoltare.

Antonella Alemanni

 

 

(galleria immagini da Google)

 

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