Che cosa ha visto Egeria nel suo pellegrinaggio?

 

Nicoletta De Matthaeis

articolo pubblicato su “Reliquiosamente

https://nicolettadematthaeis.wordpress.com/about/

Nicoletta De Matthaeis è laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne all’Università La Sapienza di Roma. E’ una grande appassionata di arte medievale, soprattutto arte romanica, preromanica e paleocristiana, a cui ha dedicato buona parte della sua vita. Attualmente vive a Madrid e recentemente ha scritto il libro ‘Andar per Miracoli. Guida all’affascinante mondo delle reliquie romane oltre che un esaustivo articolo in lingua spagnola sui mosaici di Ravenna che è pubblicato sul sito del “Circulo Románico”, uno dei più importanti portali dedicati all’arte romanica attualmente esistenti.

Il giornale “I Tesori alla fine dell’arcobaleno”è lieto di pubblicare integralmente alcuni articoli dell’autrice Nicoletta De Matthaeis.

 

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Egeria, la famosa pellegrina in Terra Santa del secolo IV, una delle primissime, lasciò un racconto del suo viaggio, un documento di estrema importanza per ubicare i sacri luoghi, conoscere la liturgia gerosolimitana, diffusasi poi in Occidente, e molte altre preziose informazioni. Il pellegrinaggio, o diario di viaggio, fu rinvenuto nel 1884 ad Arezzo, dal giurista Gian Francesco Gamurrini. Non l’originale, ma una copia dell’XI secolo, purtroppo incompleta. Gli studi realizzati in questi ultimi anni, ci dicono che la pellegrina Egeria molto probabilmente fece il viaggio fra il 381 ed il 384 e che fosse una monaca, per il continuo uso che fa delle espressioni ‘dominae venerabiles sorores’, ‘dominae venerabiles’, ‘dominae animae meae’, ‘dominae, lumen deum’.. che hanno fatto pensare che si rivolgesse alle sue compagne/sorelle di convento per le quali scriveva il suo diario. Altri studiosi, come Elena Giannarelli, pensano che potesse trattarsi, invece, di una vedova. Però la cosa certa è che si trattava di una persona non solo colta, ricca e di alta estrazione sociale, ma anche con buoni contatti nelle alte sfere politiche. Di fatto, doveva avere il denaro sufficiente per sostenere le spese di tre anni di viaggio per lei ed il suo seguito; poi disporre di salvacondotti e lettere di raccomandazione da presentare alle diverse autorità civili e militari. Veniva ricevuta da vescovi e funzionari imperiali e, nei tratti considerati più pericolosi, era scortata da militari appartenenti a distaccamenti situati in punti strategici. Un viaggio di queste caratteristiche era reso anche possibile grazie alla pax romana dell’epoca post-costantiniana. Sappiamo che il suo paese di origine stava nell’Occidente europeo, infatti nel suo racconto menziona il Rodano comparandolo con l’Eufrate. L’ipotesi più probabile è che provenisse dalla Galizia, al Nord-ovest della Spagna. Tant’è così che nel 1984 la Spagna stampò il francobollo commemorativo ‘XVI centanario del viaje de la monja Egeria al Oriente Bíblico, 381-384’, ricordando, appunto, il sedicesimo centenario del viaggio della connazionale, cent’anni dopo il ritrovamento del famoso ‘Itinerarium’.

 

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L’itinerario, ossia la parte ritrovata, si divide in due parti principali: la visita ai luoghi biblici come il Sinai, la terra di Gessèn, il Monte Nebo, l’Egitto, l’Indumea, il paese di Giobbe, il passaggio in Mesopotamia, e poi Tarso, Seleucia e Calcedonia, ecc; e la visita ai luoghi legati alla vita di Gesù, con la descrizione della liturgia praticata nei templi eretti in questi luoghi e soprattutto nella basilica del Santo Sepolcro. La politica di Costantino aveva propiziato lo sviluppo ed il ripristino dei luoghi santi costruendo basiliche e ricercando reliquie.

In tutti i luoghi visitati la prassi era leggere la pagina corrispondente delle Scritture con le orazioni di prammatica. Nella maggioranza dei casi in tutti questi luoghi c’era un convento dove era ben accolta dai monaci che la accompagnavano nella visita e dove veniva ospitata. Era una instancabile e devota curiosa, emozionata dai luoghi che man mano visitava. Vediamone alcuni.

Sul Monte Sinai visita il luogo dove Mosè ricevette le tavole della legge la prima e la seconda volta, dove Dio gli parlò dal roveto in fiamme e dove gli comandò di togliersi i sandali perché stava calpestando una terra santa. Poi la valle dove fabbricarono il vitello d’oro contro il quale scagliò le prime due tavole.

 

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Dalla terra di Gessèn, in Egitto, attraverso il Mar Rosso ripercorre il cammino dell’Esodo. Visita Tanis, dove nacque Mosè. La terra di Gessèn, sulla riva del Nilo, era piena di vigne e frutteti ed era abitata dai figli di Israele. Questi partirono da Rameses per dirigersi verso il Sinai. Il faraone, prima di seguirli, la fece incendiare.

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Poi, già verso la terra promessa, sale sul monte Nebo, di fronte a Gerico. Dalla cima del monte, come Mosè, contempla la terra promessa, anche se lui non ci mise piede. Lì morì e lì c’è la sua tomba. Egeria da lì vede anche tutta la valle del Giordano e Segor (oggi Zoara), l’unica città rimasta dell’apentapolis del Mar Morto, le cui due più famose erano Sodoma e Gomorra.

Poi Salem, la città del re Melchisedec che si incontrò con Abramo e offrì ostie a Dio. Nella Valle del Giordano, visita la grotta del profeta Elia, il luogo dove fu battezzato San Giovanni Battista, Enon, e poi vede la pietra dove fu trovato il corpo di Giobbe.

Arriva fino in Mesopotamia di Siria, e a Edessa il vescovo le regala le lettere che il re Agbar (re di Edessa) mandò a Gesù per mezzo di Anania supplicandolo di curarlo, e la risposta di Cristo fattagli recapitare dall’apostolo Giuda Taddeo. Queste lettere protessero Edessa ed il palazzo dall’invasione persiana. In questa città visita anche il sepolcro dell’apostolo Tommaso, morto in India. Poi Antiochia, direzione Costantinopoli, passando da Tarso, città natale di San Paolo. Giunta a Costantinopoli, esprime il desidero di visitare il sepolcro di San Giovanni ad Efeso, ma il racconto si interrompe.

 

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A Gerusalemme vi rimane parecchio tempo e la descrizione che fa dei sacri luoghi e delle cerimonie è molto dettagliata. La basilica costantiniana del Santo Sepolcro era formata da tre parti: la Anàstasi, ossia la Resurrezione, un’edicola circolare costruita sulla tomba che conteneva i resti della grotta identificata come luogo della sepoltura di Gesù con dentro un letto di pietra; il Martyrium, una basilica a cinque navate di fronte all’Anàstasi, ed il Calvario (o Golgota) luogo della crocifissione di Gesù. Una grande croce indica il luogo esatto. Poi il Triportico (un atrio chiuso), costruito attorno alla roccia del Calvario. Egeria resta abbagliata dalla decorazione in oro, pietre preziose e sete ricamate in oro sia di questa basilica che di quella di Betlemme. Anche l’arredamento è tutto decorato in oro e gemme. Poi ancora visita, a Betania, la casa di Lazzaro, che fu resuscitato da Cristo, dove viveva con le sorelle Marta e Maria.

Ci parla della processione verso la chiesa del monte degli Ulivi (o Eleona), costruita sulla grotta dove Cristo si appartò con gli apostoli il giovedì santo, e che da lí sale verso l’Imbomon(la collina), il luogo da dove Gesù salì al cielo. Qui si venera la pietra con le impronte sacre che Cristo lasciò nel momento dell’Ascensione. Esistono ancora, ma se ne vede sola una, quella del piede sinistro perché pare che quella del piede destro la presero i turchi per portarla al tempio di Salomone, quindi tagliarono la pietra.

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Descrive anche l’adorazione della reliquia della Santa Croce il venerdì santo. Sul Golgota, dietro la croce, il vescovo si sedeva in cattedra. Davanti a lui veniva sistemato un tavolo, coperto da un panno, intorno al quale si disponevano i diaconi. Veniva portato un cofanetto d’argento contenente il legno della croce che era esposto insieme all’iscrizione (INRI). I fedeli passavano uno alla volta per baciare il santo legno. Ma la sorveglianza era molto stretta per evitare che il bacio non fosse un morso, come già era successo nel passato, un espediente per portarsi a casa un frammento della Vera Croce. Questi vigilanti erano chiamati ‘staurofilakes’ dal greco ‘staurós’ (croce) y ‘philos’, amico.

E così, una ad una, descrive tulle le celebrazioni più importanti: la Quaresima, la Pasqua, Pentecoste, la preparazione dei catecumeni, il Battesimo. Non manca una visita a Betlemme, alla basilica della Natività, costruita sulla grotta dove nacque Gesù.

Ma questi che ho dato sono solo pochi cenni. L’itinerario è ricco di spunti, di riflessioni e di notizie interessanti, tanto da invogliare alla sua lettura. Magnifico per i viaggiatori e giramondo indefessi, anche se i problemi per viaggiare liberamente in alcune di quelle zone dopo tanti secoli, non sono ancora risolti.

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Per saperne di più: 1) Elena Giannarelli. Egeria – Diario di vaggio,  Milano 2000.   2) Manuel Domínguez Merino. Itinerario o Peregrinación de Egeria. Mérida 2005

 

(vedi articolo originale:https://nicolettadematthaeis.wordpress.com/2013/03/26/che-cosa-ha-visto-egeria-nel-suo-pellegrinaggio/)

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Un pensiero su “Che cosa ha visto Egeria nel suo pellegrinaggio?

  1. Egeria
    Peregrinatio Aetheriae, 381-384 d.C.
    Il piu famoso tra gli antichi diari di pellegrinaggio in Terra Santa è opera di una nobile donna originaria della Galizia, una provincia della Spagna. La narrazione non solo contiene i racconti dei viaggi da essa intrapresi e dei luoghi visitati ma è anche una preziosa fonte di informazioni sulla liturgia seguita dalla Chiesa di Gerusalemme nel IV secolo.
    Descrizione della liturgia domenicale al Santo Sepolcro
    “Nel settimo giorno, cioè nel giorno del Signore , prima del canto del gallo, si raduna tutta la folla dei fedeli che può essere contenuta in quel luogo. come avviene nella Pasqua, nella basilica che si trova accanto all’Anastasis, però fuori dove pendono le lampade messe per tale circostanza . Per paura di non giungere al canto del gallo, vengono in anticipo e si mettono a sedere. E si dicono inni ed anche antifone, e si fanno orazioni a ciascun inno ed antifona. I presbiteri e i diaconi sono sempre pronti in quel luogo per la celebrazione della veglia a causa della folla che ivi si raduna. L’uso è questo: che prima del canto del gallo non si aprano i Luoghi Santi.
    Appena il primo gallo avrà cantato, subito il vescovo scende ed entra nella grotta dell’Anastasis. Vengono aperte tutte le porte, ed entra tutta la folla dei fedeli nell’Anastasis, dove già ardono innumerevoli lampade, e quando è entrato tutto il popolo, uno qualsiasi dei presbiteri recita un salmo e tutti rispondono: dopo questo salmo si fa un’orazione. Da uno qualunque dei chierici viene recitato anche il terzo salmo, e si fa per la terza volta un’orazione e la commemorazione generale.
    Detti questi tre salmi e fatte le tre orazioni, ecco che anche i turiboli vengono introdotti nella grotta dell’Anastasis in modo che tutta la basilica dell’Anastasis si riempie di fragranza. Poi, quando il vescovo è dentro i cancelli, prende il Vangelo e si avvicina alla porta, e lo stesso vescovo legge (il brano) della resurrezione del Signore. Quando comincia a leggerlo, si sente un certo mormorio e tali gemiti da parte di tutte le persone, e tante sono le lacrime, che anche i più duri si commuoverebbero fino alle lacrime, (ascoltando) quanto il Signore ha sofferto per noi.
    Il vescovo, letto il vangelo, esce e viene condotto con inni alla Croce, e tutto il popolo va con lui. Là nuovamente si dice un salmo, e si fa l’orazione. Poi benedice i fedeli, e avviene il congedo. All’uscita del vescovo tutti si accostano alla sua mano.
    Allora il vescovo si ritira nella sua abitazione, e da quel momento ritornano tutti i monaci all’Anastasis, e vengono recitati i salmi e le antifone fino all’alba; e ad ogni salmo ed antifona si fa un’orazione: ogni giorno i presbiteri e i diaconi vegliano a turno nell’Anastasis insieme al popolo. Per quanto riguarda i laici, uomini e donne, quelli che desiderano, stanno fino all’alba; quelli che non vogliono, ritornano alle loro case, e vanno a dormire.

    Fattosi giorno, poiché è domenica, si fa la celebrazione nella chiesa maggiore, costruita da Costantino, che si trova presso il Golgota, dietro la Croce, e si fa secondo la consuetudine tutto quello che nel giorno della domenica si fa dovunque.
    In verità qui vi è l’uso che di tutti i presbiteri che siedono accanto al vescovo, quanti vogliono, possono predicare; dopo tutti predica il vescovo. Queste predicazioni si fanno sempre in giorno di domenica per istruire il popolo nelle (Sacre) Scritture e nell’amore di Dio; dal momento che si fanno queste predicazioni, succede un grande ritardo nel congedare (i fedeli) dalla chiesa, e perciò il congedo avviene un po’ prima dell’ora quarta e, a volte può anche capitare, dell’ora quinta.
    Quando viene fatto, secondo il solito, il congedo dalla chiesa nel modo che si fa dappertutto, allora i monaci accompagnano con inni il vescovo dalla chiesa fino all’Anastasis. Quando il vescovo sta per arrivare, con inni, vengono aperte tutte le porte della basilica dell’Anastasis, ed entra tutto il popolo, soltanto i fedeli però, non i catecumeni.
    Dopo che il popolo è entrato, entra il vescovo, e subito penetra dentro i cancelli del Martirio, cioè della grotta. Dapprincipio si dicono preghiere di ringraziamento, e si fa un’orazione per tutti; poi il diacono ad alta voce dice che tutti inchinino il capo, così in piedi come stanno, e in tal modo il vescovo, stando dentro i cancelli più interni, li benedice e dopo esce fuori.
    Quando esce il vescovo, tutti si accostano alla sua mano. E così capita che il congedo venga posticipato fin quasi alla quinta e alla sesta ora. Così similmente il lucernare si fa secondo la consuetudine giornaliera. Questa consuetudine si osserva tutto l’anno, eccetto nei giorni solenni, per i quali abbiamo annotato in seguito, come si fa in essi. 5. Tra le altre cose questo è assai importante: essi fanno in modo che si dicano salmi e antifone sempre appropriate, sia quelli che si dicono di notte, sia quelli che si dicono prima del mattino, come quelli che si dicono durante la giornata, all’ora sesta, all’ora nona e al lucernare: essi sono sempre così appropriati, scelti appositamente perché corrispondano a quello che si compie.
    E in tutto l’anno si va nella chiesa maggiore, cioè quella che è presso il Golgota, ossia dietro la Croce, costruita da Costantino; però una sola domenica, cioè il cinquantesimo giorno (dopo Pasqua) ossia a Pentecoste, si va al Sion.

    Egeria, Itinerarium, cap. XXIV-XXV

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