IL RATTO DI ELENA

 

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GUIDO RENI, Il RATTO DI ELENA, 1631, Museo del Louvre, Parigi.

Nel 1627 il re di Spagna Filippo IV commissionò a Guido Reni un Ratto di Elena destinato ad ornare, accanto ad altri capolavori della pittura italiana, spagnola e fiamminga, il Salon Nuevo dell’Alcàzar di Madrid. Reni, confidando nella magnificenza del sovrano, si rifiutò di fissare un compenso, ingaggiando una prova di forza con la monarchia spagnola. Il risultato fu la rottura: il dipinto venne quindi offerto a Maria de’ Medici, regina madre di Francia, che lo acquistò subito prima del fallimento della congiura da lei ordita contro Richelieu. La regina dovette lasciare la Francia nel 1631, e del Ratto di Elena si persero le tracce per oltre dieci anni. Ma un suo ‘doppio’, realizzato da un allievo nella bottega del maestro, comparve a Roma nel 1632, e fu come se si trattasse dell’originale del ‘divino’Guido. Solo dopo la morte di Maria de’ Medici, nel 1642, l’originale ritornò sulla scena; e fu un ritorno trionfale. La storia del Ratto di Elena, il dipinto più noto e costoso del secolo, subito celebrato da letterati e intendenti d’arte, non è solo illuminante del diverso e sempre mutevole concetto di originale e copia, ma deve anche essere letta sullo sfondo storico della guerra dei Trent’anni: il mancato arrivo nella Madrid di Filippo IV e il suo successivo approdo nella Parigi di Luigi XIV costituisce quasi una metafora dei cambiamenti dei rapporti di forza in atto tra le due maggiori potenze dell’epoca.

 

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