La prima guerra mondiale fu originata dalle complicazioni balcaniche, rese ancor più tragicamente complesse dall’orgoglio nazionalistico. L’imperialismo, per citare le parole di Lloyd George, fece “incespicare” la diplomazia, abbastanza mediocremente rappresentata in quei mesi in Russia, in Germania e soprattutto nell’Impero Austro-Ungarico, dove il conte von Aehrenthal, diplomatico esperto e abile a destreggiarsi, era stato sostituito alla sua morte avvenuta nel 1912, dal conte Leopold von Berchtold, che rasentava la nullità. La guerra dipese innanzitutto dall’antagonismo austro-russo in Oriente, conflitto di cancellerie, più che di popoli, che si disputavano la supremazia nei Balcani. Per di più, il carattere esplosivo di questo antagonismo si trovò a essere terribilmente aggravato dalla immensa diffidenza che Francesi e Tedeschi nutrivano reciprocamente.
L’arciduca Francesco Ferdinando, nipote di Francesco Giuseppe ed erede al trono, era fautore del trialismo, e vedeva l’unica possibilità di rinsaldare il trono vacillante con l’inserimento slavo nel sistema austro-ungarico. Congiurati panserbi, vedendo minacciate le loro aspirazioni, decretarono la sua morte. Esecutore materiale dell’attentato, preparato a Belgrado e compiuto a Sarajevo il 28 giugno 1914 fu Gavrilo Princip.
L‘Austria-Ungheria era risoluta a schiacciare la Serbia con una spedizione punitiva, spalleggiata o addirittura promossa dalla Germania, che voleva rimettere a galla un alleato sul punto di andare in sfacelo sotto la minaccia delle passioni nazionalistiche, anche a costo di scatenare un conflitto europeo se non si fosse potuto ovviare in altra maniera al pericolo incombente. Secondo Berlino, il momento sarebbe stato favorevole per una guerra contro la Russia e la Francia, nel caso che le operazioni austro-serbe non si fossero potute contenere.
Il conflitto austro-serbo, scoppiato il 28 luglio, dopo un ultimatum inaccettabile di Vienna, che implicava la rinuncia della Serbia all’indipendenza, si allargò in agosto in un conflitto austro-russo, che mise in movimento le alleanze minate da un antagonismo sempre più esacerbato: la Germania da una parte, la Francia dall’altra. Raymond Poincarè (1860-1934), il presidente della Francia, recatosi a Pietroburgo il 21 luglio 1914 per una visita programmata da lungo tempo, dichiarò che la Francia era fermamente risoluta a far onore “agli impegni imposti dall’alleanza “ nel caso in cui la Germania avesse dichiarato guerra alla Russia. L’Inghilterra, per contro, rifiutava nel modo più assoluto d’impegnarsi per un conflitto balcanico. Lo stesso giorno dell’inizio delle ostilità fra l’Austria e la Serbia, Londra propose di riunire una conferenza a quattro, per tentare la composizione del conflitto mediante l’intervento diplomatico delle potenze non direttamente interessate: Gran Bretagna e Francia, Germania e Italia. Il Berlino oppose un rifiuto. Il 29 luglio, Londra avviò negoziati diretti con Vienna, ma come pegno avrebbe dovuto occupare Belgrado. Il governo britannico, in cui i pareri erano discordi, esitava. Il 31 luglio Poincarè sollecitò a Giorgio V una dichiarazione categorica affinché gli imperi centrali non potessero “speculare sull’astensione dell’Inghilterra.” La risposta del sovrano, del 2 agosto, si limitò a dire che il governo britannico “avrebbe continuato a esaminare liberamente e lealmente, con l’ambasciatore francese Paul Cambon, tutti i problemi che concernevano gli interessi delle due nazioni.” Anche quando la guerra appariva ormai imminente, la Gran Bretagna rifiutava d’impegnarvisi prima di aver tentato ogni possibilità di salvare la pace.
Il cancelliere tedesco Theobald von Bethmann-Hollweg (1856-1921) sperava che l’Inghilterra si tenesse fuori da un eventuale conflitto franco-tedesco, e il 29 luglio promise all’ambasciatore britannico a Berlino che la Germania, in caso di vittoria non avrebbe cercato compensi territoriali in Europa a spese della Francia. Sir Edward Grey, pur avendo, il 31 luglio, informato l’ambasciatore della Germania che l’Inghilterra non avrebbe potuto conservare la propria neutralità in un conflitto generale, volle tentare fino all’ultimo di fermare il corso degli eventi. L’invasione del Lussemburgo e l’ultimatum al Belgio finirono per risolvere le ultime incertezze del governo di Londra, il quale il 3 agosto promise l’intervento della flotta inglese nel caso in cui una squadra tedesca avesse attaccato le coste o la marina da guerra francesi. Il 1° agosto Guglielmo II dichiarò guerra alla Russia, il 3°agosto alla Francia. Il Belgio fu invaso. “ La necessità non conosce legge”! proclamò Bethmann-Hollweg. Il 4 agosto l’Inghilterra, dopo aver intimato alla Germania di fermare l’avanzata delle sue truppe in territorio belga, entrò a sua volta nel conflitto.
Nei giorni successivi, la Gran Bretagna e la Francia dichiararono guerra all’Austro-Ungheria e la Serbia dichiarò guerra alla Germania. L’Italia aveva rinnovato il patto della Triplice Alleanza (Italia Germania Austro-Ungheria) nel 1912; tuttavia era legata alla Francia da un accordo segreto che contemplava, in determinate condizioni, la sua neutralità nel caso di una guerra tra Francia e Germania. La neutralità italiana, proclamata il 3°agosto, consentì alla Francia di ritirare la maggior parte delle sue truppe dislocate per la difesa delle Alpi. Lo stesso fece la Romania, sebbene avesse rinnovato anche lei l’alleanza con l’Austria nel 1913, e il 3 agosto 1914 rifiutò di unirsi in guerra alle potenze centrali, nonostante i tentativi di re Carol, tedescofilo e antifrancese, poiché non poteva disinteressarsi dei Romeni della Transilvania e del Banato, le due regioni incluse in territorio austriaco.
La guerra che cominciava, e che sarebbe passata alla storia come “La Grande Guerra” avrebbe dovuto essere molto breve, secondo l’opinione dei “benpensanti”; durò invece oltre quattro anni e fu guerra di movimento, guerra di trincea, guerra dei gas asfissianti, guerra di mezzi corazzati, logorante, “mondiale”.
Lucica Bianchi