- La hall di Saint Lazare in un dipinto di Claude Monet del 1877
- Titanic, uno dei simboli della Belle Epoque
- Una Cadillac Model A del 1903
- Moulin Rouge – La Goulue manifesto di Henri de Toulouse-Lautrec del 1891
Rilevanza Storica
Successivamente alla fine della guerra franco-prussiana e della grande depressione del 1873-1895 e prima della tragedia della prima guerra mondiale, la Belle Époque si colloca come un periodo di pace e relativa prosperità. Le continue scoperte e le innovazioni tecnologiche lasciavano sperare che in poco tempo si sarebbe trovata una soluzione a tutti i problemi dell’umanità. Debellata la maggior parte delle epidemie e ridotta notevolmente la mortalità infantile gli abitanti del pianeta toccavano ormai il miliardo e mezzo. Alla crescita demografica fece riscontro anche un impressionante aumento della produzione industriale e del commercio mondiale, che tra il 1896 e il 1913 raddoppiarono. La sterlina era il solidissimo riferimento economico.
Nel 1913 l’estensione della rete ferroviaria mondiale aveva raggiunto il milione di chilometri e le automobili cominciavano ad affollare le strade delle città americane ed europee. Il trasporto marittimo fu caratterizzato dalla corsa alla costruzione di transatlantici sempre più grossi e sfarzosi (non a caso, l’affondamento del Titanic, avvenuto nel 1912, fu poi considerato come il sogno infranto della Belle Époque).
Durante questo periodo nacquero il cabaret il can-can e il cinema che allietavano le serate di molte persone. Nuove invenzioni resero la vita più facile a tutti i ceti e livelli sociali, la scena culturale prosperava e l’arte prendeva nuove forme con l’impressionismo e l’Art-Nouveau.
La borghesia celebrava i risultati raggiunti in pochi decenni di egemonia con esposizioni universali, in cui si esibivano le ultime strabilianti meraviglie della tecnica, con conferenze di esploratori, missionari e ufficiali, che raccontavano le grandezze e le miserie di mondi lontani, il cui contrasto con l’Occidente inorgogliva gli ascoltatori e confermava la loro certezza di appartenere a un mondo superiore, che nulla mai avrebbe potuto incrinare. I politici confermavano. Le guerre, se c’erano, erano lontane: in Cina in Africa, sulle pendici dell’Himalaya. Tra le potenze europee ogni accordo sembrava possibile, pur di conservare un benessere tanto evidente.
Affrontare la vita con questo spirito significava caratterizzarlo in modo spensierato e positivo. Gli abitanti delle città avevano scoperto il piacere di uscire, anche e soprattutto dopo cena, di recarsi a chiacchierare nei caffè e ad assistere a spettacoli teatrali. Le vie e le strade cittadine erano piene di colori: manifesti pubblicitari, vetrine con merci di ogni tipo, eleganti magazzini. Questa mentalità e questo modo di affrontare la vita aveva condizionato anche i settori produttivi. In tutta Europa si erano sviluppate una serie di correnti artistiche giunte a teorizzare che ogni produzione umana poteva divenire un’espressione artistica. Ogni oggetto e ogni luogo diveniva un’elegante decorazione, un motivo floreale, una linea curva e arabesca.
Quando iniziò il nuovo secolo, Parigi volle celebrarlo con un’incredibile mostra nella quale venivano esposte tutte le innovazioni più recenti: l’esposizione universale (o Esposition Universelle). Nel 1900, persone da tutto il mondo sbarcarono in Francia per assistere a questa gigantesca fiera. La gente ne visitava ogni parte e ne ammirava tutti gli aspetti, dalle scale mobili (dette “tapis roulant”) ai tram elettrici, assaggiando le cento varietà di tè importato dall’India.
L’Europa era in pace da trent’anni (circa dal 1870), cioè da quando la Germania aveva inaugurato un’industrializzazione e sviluppo che venivano garantite da una nuova politica di equilibrio. Nessuno pensava più, quindi, che la guerra potesse devastare ancora il mondo; nel 1896 ebbe perciò luogo anche il primo congresso sui giochi olimpici, che stabilì che le Olimpiadi si sarebbero svolte ogni 4 anni.
Fu così che il periodo che va dal 1890 al 1914 fu caratterizzato da un periodo di euforia e frivolezza, denominato “Belle Époque”.
Una società di consumatori
Il progresso aveva un prezzo: il benessere di alcuni si basava sulle fatiche e sul disagio di molti altri, segnatamente del proletariato operaio e contadino. Tuttavia il proletariato, soprattutto quello operaio, durante la Belle Époque cominciò a godere di qualche vantaggio, non solo grazie alle proprie durissime lotte, ma grazie anche alla logica stessa dell’economia di mercato in base alla quale se si vuole guadagnare di più bisogna produrre e vendere di più. Per aumentare le vendite era necessario che masse sempre più estese avessero il denaro sufficiente a comprare. Gli imprenditori, quindi, man mano che la produzione scendeva, accettarono di concedere aumenti salariali, facendo salire il reddito pro capite nei paesi sviluppati.
Dopo aver creato nuovi mercati nelle colonie, costringendole ad acquistare dall’Occidente i prodotti lavorati, i paesi sviluppati misero in moto una crescita esponenziale dei loro mercati interni, ponendo le basi per una vera e propria società di consumatori.Per realizzare compiutamente questo allargamento del mercato si provvide rapidamente alla crescita della distribuzione; beni di consumo come abiti, calzature, mobili, utensili domestici, che prima erano prodotti artigianalmente e venduti da piccoli commercianti al dettaglio, cominciarono a essere offerti da una rete commerciale sempre più ampia. Si moltiplicarono i grandi magazzini, furono incrementate la vendita al domicilio e la vendita per corrispondenza, furono trovate nuove forme per il pagamento rateale, che indebitava le famiglie, ma nel contempo rendeva accessibili ai meno abbienti una quantità prima impensabile di prodotti costosi. In appoggio a questa massiccia strategia di vendita nasceva la pubblicità, che cominciava ormai a riempire i muri delle città e le pagine dei giornali.
Descrizione
Con questo termine venne contrassegnato lo stile di vita, il mondo di alcune classi sociali alla fine del XIX e inizio XX secolo. L’entrata in scena, in Europa, di grandi stati nazionali come la Germania e l’Italia, la fine dei bellicosi Bonaparte, aveva concorso a creare in Europa un clima ideale in cui le nuove scoperte scientifiche potevano essere applicate alla vita quotidiana (con innegabili benefici) nelle più svariate forme ed utilizzi. Il lungo regno della Regina Vittoria (Inghilterra) accompagnato da una incessante politica coloniale, aveva portato la borghesia produttiva, commerciale, bancaria anglosassone ai massimi livelli sociali. Lo scontro coi tedeschi non era ancora giunto ai livelli pericolosi di una guerra e gli Americani si erano estraniati al di là dell’Oceano e in Asia e Oceania, dove gli interessi europei e quelli giapponesi erano minori di fatto cacciando le vecchie potenze coloniali. All’alta borghesia europea faceva da contorno una piccola borghesia di provincia e la nuova classe dei colletti bianchi che si identificava negli impiegati, artigiani e professionisti necessari per mandare avanti l’apparato industriale. Le città crescevano a dismisura con l’inurbamento degli operai e di pari passo andava la frequenza scolastica che riduceva, partendo dalle classi giovani, le altissime percentuali di analfabetismo. Le uniche che non mantenevano il passo erano le classi contadine e operaie (generiche), sia all’interno dei singoli stati che come categoria generale (proletariato). Il progresso in agricoltura passava anche dalle macchine che riducevano la presenza umana o facevano un lavoro più grande (vedi scavo canali o tunnel). In Russia, il problema dei contadini servi (o della gleba)era innescato e pronto ad esplodere. In un paese come l’Italia, carente di capitali e di materie prime, il surplus demografico e la necessità di terre si sfogarono con una gigantesca emigrazione che vide partire circa 5.000.000 di persone nei primi 50 anni dell’Unità del paese. In Europa si calcola che, con le migliorate condizioni di vita, la popolazione giovanile in alcuni casi triplicò. Ciò fu anche alla base della costituzione di grandi eserciti di leva (impossibili nell’800) e preludio allo scatenamento di conflitti generalizzati. Gli unici stati rimasti ancora multinazionali (o multilinguistici) erano l’Austria, dove l’aristocrazia contava ancora, e il marginale asfittico Impero ottomano dove a contare non era più nessuno nonostante l’unione religiosa e la Russia dove il problema più urgente era altro. L’Austria per stare al passo coi tempi, non aveva flotta, fagocitava tutto l’est europeo come un’ancora di salvezza per compensare la mancanza di colonie, di materie prime e di mercati. I nuovi stili di vita, i problemi sociali delle industrie e dell’inurbamento vedranno affermarsi anche nuovi partiti politici che si ispireranno alle teorie marxiste di metà 800. In Russia saranno l’effetto scatenante di disordini e del crollo sociale quando la guerra volgerà al peggio. La fine di questa epoca avrebbe favorito un solo soggetto, gli Stati Uniti che, usciti da una guerra civile economica, si apprestavano a dare una grossa lezione di “democrazia” al resto del mondo.Nel frattempo, dalla fine degli anni settanta all’affondamento del Titanic (1912) ci fu posto per la più grande rivoluzione consumistica, intellettuale, sociale che fosse mai avvenuta. Per avere un paragone molto parziale potremmo identificarla con quella informatica iniziata alla fine del secolo scorso. Questa bella epoca venne chiamata “belle epoque” dalla lingua della città in cui tutti i sogni sembravano realizzarsi, Parigi. I caffè letterari erano sempre pieni di giovani autori dalla vita sociale molto brillante (D’Annunzio), i teatri colmi per le grandi dive (Duse e Bernhardt). Le rotative dei giornali ora sfornavano decine di riviste a colori e quotidiani, sui quali a puntate comparivano gli ultimi romanzi dei francesi (Feuilleton), di Conan Doyle (Sherlock Holmes)
Lucica Bianchi