NEANDERTHAL

G. A B R A M- C O R N E R

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Noi umani, che in sempre maggior numero calpestiamo ogni angolo del pianeta, abbiamo avuto qualche tempo fa un fratello bello, forte, gagliardo e intelligente, che poi abbiamo perso per sempre o forse sopravvive segretamente e silenziosamente dentro di noi. Il suo nome è Homo e di cognome fa Sapiens Neanderthalensis, mentre noi facciamo Homo Sapiens Sapiens (due volte). 

Era il 1856 quando durante degli scavi in una cava di ghiaia nella valle del Neander, in Germania vicino a Dusseldorf, un operaio s’imbatté in uno straordinario frammento di cranio ed alcune ossa che finirono casualmente nella raccolta di teschi e reperti fossili umani ed animali di un professore di ginnasio, che sottoposte lo stranissimo cranio agli esperti dell’Università di Bonn. Fu allora che si scatenò la rissa furibonda fra scienziati, col coinvolgimento dell’opinione pubblica e perfino della Chiesa, sull’identità del titolare di quelle ossa che attestavano autentiche caratteristiche umane, anche se un po’ diverse dalle nostre. Nel frattempo era uscito il famoso, rivoluzionario e contestato volume di Darwin sull’origine della specie, che chiarì molte cose e fu alla luce di queste nuove idee che qualcuno ipotizzò che, con molta probabilità, in passato avevamo avuto un fratello umano molto simile a noi, col quale avevamo perfino convissuto e non per qualche week-end ma per alcuni millenni.

Ma chi era quest’uomo e da dove veniva? L’uomo di Neanderthal, che chiamerò Neander per brevità, proveniva dalla notte dei tempi, e rappresentava un ramo laterale del nostro stesso albero evolutivo, una specie di ramo cadetto(come i Savoia e gli Aosta). La loro esplosione demografica si ebbe alla fine della glaciazione di Riss, un oceano di ghiaccio che occupò un terzo delle terre emerse per oltre 100.000 anni, da circa 250.000 a 125.000 anni fa, e prosperò durante la glaciazione di Wurm durata da circa 80.000 fino a 11.000 anni fa.

Il Neander popolò tutta l’Europa continentale e il Medio-Oriente per oltre 50.000 anni, fino a circa 30.000 anni fa, quando ebbe la sfortuna di incontrarci.

Questo nostro fratello visse quindi in contemporanea con l’ultima glaciazione, la quale fu però intervallata da periodi temperati e perfino caldi, anche se nella maggior parte dei millenni il freddo dominò incontrastato. Basti pensare che sopra l’Inghilterra e la Scandinavia gravava il peso di una coltre gelata di oltre 2.000 metri e anche sulle Alpi con lingue e propaggini fino alla pianura padana. L’ambiente era terribilmente ostile e per sopravvivere occorreva una capacità di adattamento eccezionale ed un fisico nerboruto ed il Neander possedeva in maniera eccellente entrambe le qualità. Egli non era molto alto, circa 155-165 cm di statura, come del resto l’Italiano medio ottocentesco, anche se in Medio-Oriente sono stati ritrovati scheletri di questi uomini alti più di 170 cm, ma aveva una corporatura robusta con una muscolatura potentissima.

Le ossa erano forti e pesanti con attacchi che fanno presupporre muscoli pettorali e dorsali possenti e così per la muscolatura del collo decisamente taurina. Se Neander avesse stretto la mano a uno di noi ci avrebbe causato fratture multiple scomposte, e Tyson sul ring sarebbe finito al tappeto nel giro di dieci secondi!

Straordinaria era anche la testa, provvista di un cervello enorme fini a 1.600 centimetri cubi, quando nell’uomo attuale è di circa 1.400/1.500, anche se non è la quantità del cervello che ne garantisce la qualità, quanto la sua organizzazione.

Aveva inoltre un viso caratterizzato da arcate sopracciliari pronunciate, un naso imponente, un mento sfuggente e la fronte bassa, a differenza di noi umani contemporanei che siamo in possesso di fronti altissime a volte inutilmente spaziose.

Il Neander viveva in piccole comunità esercitando la caccia, la pesca e la raccolta di frutti spontanei, non essendo ancora stata inventata l’agricoltura e scarsamente praticato il commercio, ed aveva una dieta che molti studiosi definiscono varia, e nessuno di loro soffriva di carie dentaria. Questo ci fa presumere che commercialisti e dentisti fossero fortunatamente categorie professionali sconosciute presso di loro.

In conclusione tutto ci porta a pensare che fossero tozzi e tarchiatelli ma anche forti e scattanti, veloci e nerboruti e forse, dato l’ambiente in cui vivevano, anche provvisti di una bionda capigliatura e profondi occhi celesti!

Il fratello Neander cacciava anche animali di grossa taglia come il cavallo, l’uro, possente capostipite del bue europeo (Bos Primigenius), cervi, daini, stambecchi, cinghiali e perfino il mammuth ed il rinoceronte lanoso, evitava però di stuzzicare l’orso delle caverne(Ursus Speleus), una bestiolina alta tre metri e di una tonnellata di peso, non si sa se per tabù religioso o per il terrore che il bestione suscitava. Infatti nelle discariche neanderthaliane le ossa ursine sono rarissime e casuale.

Il Neander era anche un abilissimo sarto che si cuciva le pelli al fine di proteggersi dal freddo, dopo averle ammorbidite anche con la masticazione, infatti molti crani ritrovati portano denti usurati in conseguenza di questa attività. Probabilmente non conoscevano l’uso dell’ago ma ugualmente tagliavano e ritagliavano i loro villosi indumenti su misura e li univano con lacci e lacciuoli come dei Versace o dei Valentino, anche se pare escluso che sfilassero regolarmente, o che le collezioni estate e inverno fossero esageratamente differenziate.

L’intimo, sia come necessità pratica che come categoria dello spirito, in quei tempi duri sembra non fosse stato neppure ipotizzato!

L’epoca gloriosa dei Neander si estese fra gli 85.000 e i 30.000 anni fa dopo di che le tracce e i reperti neanderthaliani rapidamente svaniscono sostituiti da resti di Homo Sapiens Sapiens (detto anche Cro-Magnon, dal nome della località francese dove furono trovati i primi reperti ossei), i nostri trisnonni in tutto simili a noi al punto che gli studiosi sostengono che un bimbo di allora allevato in una normale famiglia di Vigevano o di Tubingen in Germania o di Vetlanda in Svezia, potrebbe diventare senza difficoltà un ottimo sindacalista, uno stupendo meccanico dentista o in illuminato e casto pastore luterano. Ma come finì questa incredibile avventura?

L’enigma della scomparsa di Neander è ancora avvolta nel mistero, si contano però numerose ipotesi.

Qualcuno sostiene che l’incontro fra i Neander e i nostri antenati fu infausto per i primi, come accadde per i pellerossa a contatto con la civiltà europea più evoluta, altri pensano che l’unione sessuale fra le due specie abbia diluito i caratteri di Neander fino a farli scomparire.

C’è anche chi sostiene che nuove malattie portate dall’Homo Sapiens Sapiens per le quali il sistema immunitario di Neander non era attrezzato li abbia portati all’estinzione come è successo ai popoli dell’Amazzonia o agli Esquimesi a contatto coi bianchi invasori.

Altri ancora ipotizzano che i vecchi abitatori dell’Europa, sotto la pressione dei nuovi arrivati, siano costretti in zone sempre più ristrette e marginali, sull’esempio della riserva indiana, fino alla scomparsa per carenza di risorse.

Una delle ultime ipotesi, difficilmente dimostrabile ma non impossibile, consiste nell’idea che gli accoppiamenti incrociati fra Neander ed Homo Sapiens Sapiens avessero generato una prole ibrida e sterile, incapace di riprodursi, come accade in natura al mulo ed al bardotto, figli sterili dell’asino e del cavallo. La soluzione più logica del mistero sta nella probabilità che tutte queste situazioni negative si siano contemporaneamente verificate e sommate con esiti letali per il povero Neander.

C’è anche un’ultima congettura, a cui però non voglio dar credito, la quale sottintende che il nuovo arrivato si sia cucinato il povero Neander, trovandolo non difficile da catturare, facile da pulire e pure gradevole al palato, una sorte di cannibalismo fraterno e neppure tanto rituale.

Ma il Neander fu un vero uomo con tutte le caratteristiche di intelligenza e umanità? Tutti sanno che l’uomo è tale in quanto in possesso dell’autocoscienza, ovvero del senso di sé, del proprio esistere e della propria collocazione nella storia. In poche parole l’uomo è l’unico animale che sa chi è, che si ricorda di suo nonno e che sa di dover morire.

Nel Neander probabilmente tutte queste categorie erano presenti, egli sapeva e forse sapeva anche di sapere, ne fa fede il senso artistico ed il culto dei morti, che sta a dimostrare chiaramente come il Neander concepisse l’idea straordinariamente umana della possibilità di una nuova vita oltre la morte.

Ammettiamo pure che esistano animali dotati di una vaga autocoscienza, ma nessun animale ricorda di suo nonno, nessuna fiera sa di dover morire e nessun animale seppellisce i propri morti.

Non si sa se Neander possedesse una coscienza morale, se distinguesse cioè fra il bene e il male, questione del resto ancora irrisolta anche per la nostra specie cosi sapiente ed evoluta, anche se Qualcuno ad un certo punto della nostra storia ci ha regalato i Dieci Comandamenti, dono brutalmente snobbato dagli uomini sia del passato che del presente per via del libero arbitrio.

A volte penso al nostro primo incontro con loro. i Neander, così diversi e così uguali a noi, immagino lo stupore, la meraviglia, lo spavento o il terrore degli uni e degli altri, la repulsione ed il timoroso desiderio di contatto e di conoscenza. Un incontro straordinario e inconsueto di 30.000 anni fa, non registrato da alcuno, né dalla storia, né dalla leggenda, un fatto così lontano da essere precedente perfino al diluvio universale, ma vero e reale. Qui non parla né pietra, né carta, né papiro, né pergamena, qui sono le ossa che cantano antiche e misteriose melopee.

AFORISMA. Tutte le nostre conoscenze, capacità,abilità e qualità un giorno andranno disperse e perdute, come lacrime nella pioggia.

G.ABRAM, “Il Trionfo di Kaino”, ediz. El Tiburòn, 2004.

Pubblicato online dal giornale “I tesori alla fine dell’arcobaleno”, per gentile concessione dell’autore.

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3 pensieri su “NEANDERTHAL

  1. quando penso ai grandi genocidi del secolo appena trascorso (ebrei armeni, ma anche la guerra civile in ruanda eccettera) e mi sforzo di pensare al perchè di tutto cio penso spesso che tutto è cominciato il giorno in cui la nostra specie si trovò un neanderthal di fronte e per qualche oscuro processo mentale convenne che lo doveva abbattere. a quel punto ci si sarebbe aspettati che una volta rimasti l’unica specie umana sulla terra sarebbero vissuti in armonia e invece niente. una specie che esordisce in questo modo non può certo progredire in meglio da questo punto di vista lo ha detto anche simona duca durante la presentazione della serata sull’olocausto

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