Lo scrittore Robert Brumbaugh lo ha definito come “il libro più misterioso del mondo”. Stiamo parlando del Manoscritto Voynich conosciuto anche come MS 408, un manoscritto medievale, scritto nel XV secolo, che a tutt’oggi non è ancora stato decifrato. Il volume scritto su pergamena di capretto è di dimensioni piuttosto ridotte: 16 cm di larghezza, 22 di altezza e 4 di spessore. Consta di 102 fogli per un totale di 204 pagine. La rilegatura porta tuttavia a ritenere che originariamente contenesse 116 fogli e che 14 si siano smarriti. Privo di titolo, di autore ignoto, scritto probabilmente in una lingua sconosciuta, ovvero in una specie di codice crittografico, è sicuramente uno dei libri più affascinanti e misteriosi mai esistiti. Il manoscritto comparve per la prima volta nelle cronache a Praga, nel ‘600,dove l’imperatore Rodolfo II d’Asburgo, ben noto alchimista, lo acquista ad un prezzo elevatissimo-600 ducati d’oro perché la riteneva opera del monaco francescano Ruggero Bacone, per il quale Rodolfo nutriva un profondo rispetto. Chi era il venditore? Il brillante filosofo, mago ed esoterista inglese John Dee, proveniente dalla corte imperiale di Elisabetta per un breve soggiorno a Praga. Era accompagnato da un altro mago ed alchimista inglese, nonché abile falsario e
contraffattore Edward Kelley. John Dee sosteneva di aver ricevuto il manoscritto dalla famiglia del duca di Northumberland, che se ne era impadronito in un monastero inglese, tra i tanti da lui rapinati, durante il regno di Enrico VIII. Tre secoli dopo, nel 1912, Wilfrid Voynich, un antiquario e mercante di libri rari, polacco naturalizzato americano, lo ritrovò nella biblioteca dei Gesuiti, nella villa Mondragone a Frascati, a 20 km da Roma. Sono stati proprio due dei discepoli di Ignazio di Loyola, i padri Beckx e Strickland a custodire con cura il manoscritto nella vasta collezione di libri antichi della biblioteca dell’ ordine monastico dei Gesuiti. Voynich trova all’interno del manoscritto una lettera di Johannes Marcus Marci (1595-1667) rettore dell’Università di Praga e medico reale di Rodolfo II di Boemia, con la quale inviava il libro a Roma al famoso scienziato Gesuita Athanasius Kircher (a quei tempi considerato l’uomo più intelligente d’Europa) tra l’altro noto come specialista di crittografia e geroglifica egizia, e successivamente allo scienziato Ceco Johannes di Tepenecz al secolo Jacobus Horcicki, morto nel 1622 e principale alchimista al servizio di Rodolfo II.
Ma nessuno dei due studiosi riuscì a decifrarlo. A questi primi tentativi di decifrazione seguì una lunga pausa negli studi sul manoscritto, dovuta al fatto che esso era entrato ormai in possesso dei Gesuiti e quindi non più consultabile. Quando nel 1912 lo trovò, Voynich lo cedette al libraio americano Hans P. Kraus che tentò invano di venderlo ad un altissimo prezzo, per poi donarlo alla Beinecke Rare Book and Manuscript Library dell’Università di Yale negli Stai Uniti. Esiste una sola copia al mondo di questo manoscritto. All’interno fanno da corredo al testo una notevole quantità d’illustrazioni a colori con soggetti tra i più svariati: strani alberi con radici che spesso hanno occhi, piante e vegetali impossibili da identificare e mai esistiti sulla Terra, e ancora galassie a spirale e diagrammi di costellazioni che non esistono, cerchi con simboli sconosciuti
nonché numerose figure femminili immerse fino alle ginocchia in strane vasche contenenti un liquido scuro, animali fantastici inesistenti e strane danze celesti. L’ MS 408 ha tutta l’aria di essere il manuale di un alchimista per alcuni, per altri invece è un contributo alla medicina erboristica, mentre per mio marito Pietro (Talamonese) si tratterebbe “del primo libro in assoluto di fantascienza”.
Di certo gli ideogrammi rimandano ad altro da ciò che appare a prima vista!
Nel febbraio 2011 un gruppo di ricerca presso l’Arizona University è stato autorizzato ad asportare 4 piccoli campioni dai margini di differenti pagine. A seguito di una datazione a radiocarbonio le pergamene parrebbero risalire ad un periodo compreso tra il 1404-1438.
Secondo una più recente ed approfondita ricerca di National Geographic (http://www.cipehermysteries.com/2012/05/07/national-geographic-ancient-x-files- voynich-manuscript-documentary) sarebbe opera di Antonio Averlino detto Filarete a scopo di spionaggio industriale ai danni della Serenissima (Repubblica Veneziana) e a favore della Sublime Porta (Impero Ottomano) .
Nella letteratura il manoscritto Voynich è stato utilizzato come elemento letterario sia da Colin Wilson nel suo racconto d’ispirazione lovecraftiana “il ritorno dei Lloigor”, che dallo scrittore fantastico Valerio Evangelisti che nella sua “Trilogia di Nostradamus” lo assimila al “Arbor Mirabilis”, e ne fa un testo esoterico al centro di una trama complessa che si sviluppa attraverso la storia francese del XVI secolo.
Oggi dietro uno spesso vetro, il manoscritto Voynich custodisce gelosamente il suo mistero. Se anche non riusciremo a scoprire tutti i suoi segreti, se anche quest’ultimo e superlativo enigma letterario della storia resterà per sempre così, ha già fatto tanto per noi!
Lucica Bianchi
riguardo al manoscritto voyinich raccontato in letteratura segnalo anche il seguente romanzo IL MANOSCRITTO DI DIO di Michael Cordy edito da TEA nel quale si ipotizza che suddetto manoscritto sia una mappa in codice per ritrovare una sorta di giardino dell’eden nel cuore della foresta amazzonica ove si troverebbe anche la fonte della giovinezza. ovviamente credo proprio che si tratti di pura fantasia trattandosi di un romanzo e non di un trattato divulgativo
Le ipotesi fatte di fronte a questo manoscritto sono innumerevoli. Tra queste, si parla della lotta tra la Serenissima Repubblica di Venezia e L’Impero Ottomano con il sultano Selim II e l’espansione del suo impero nei Balcani (inizio XV secolo). In questo contesto storico, il manoscritto Voynich sarebbe ne più ne meno che un libro di spionaggio ai danni della Serenissima. Interessante il disegno di una specie di calice di vetro(?) che si trova nel manoscritto. Un’altra ipotesi che personalmente mi ha incuriosito e legata alla vita e all’opera dell’architetto Antonio di Pietro Averlino detto Filarete (1400-1469). Mi riferisco alla prima e più originale pianta della “Città Ideale”, ipotizzata da Filarete, con il nome di “Sforzinda”, una città inserita in una cinta muraria a forma di stella a 8 punte. Nel suo “Trattato di Architettura”, Filarete fece proprio lo studio e la rievocazione dell’antico, senza comprendere che questo andava a configurarsi come canone dell’architettura.La sua opera, animata piuttosto dalla fantasia e dal gusto per la decorazione, gli valse il severo giudizio di Vasari. Ho trovato “similitudini” tra alcuni dei disegni del manoscritto Voynich e l’opera del architetto Filarete(sia per quanto riguarda la città ideale che il progetto per l’Ospedale Maggiore di Milano). E come succede con ogni mistero…la discussione rimane aperta.
Lucica