IL SENSO DEI TALAMONESI PER LA SOLIDARIETA’

LA SECONDA PARTE DELLA NOSTRA RIFLESSIONE ANTROPOLOGICA

Non di rado, il senso dei talamonesi per la collettività assume una sfumatura di vera e propria utilità sociale. Lo stare insieme non ha più dunque soltanto scopi di divertimento o di commemorazione, ma diventa anche una forma di aiuto concreto. Con questo spirito molto spesso nascono i gruppi che ormai sono una vera e propria tradizione della nostra comunità. L’esempio più efficace di questa socialità a tutto campo è il gruppo della gioia, un’associazione di volontariato che da diversi anni a Talamona offre assistenza e intrattenimento ai soggetti diversamente abili e alle loro famiglie, un aiuto indispensabile per garantire a queste persone una vita il più possibile normale, un aiuto che si manifesta nell’organizzazione delle loro vacanze, in spazi ricreativi con attività ludiche e il più possibile formative. Un senso di solidarietà che coinvolge anche lo sport, un aspetto onnipresente e capillare della nostra vita comunitaria. Significativi da questo punto di vista sono il peruvolley organizzato ogni anno nel mese di giugno nell’ambito dell’operazione Mato Grosso, una ONLUS che ha come scopo l’aiuto mirato alle popolazioni del Sudamerica, e la camminata non competitiva a favore dell’AIDO l’associazione dei donatori di organi e tessuti che si avvale dell’aiuto del Comune di Talamona, della Pro Loco, della Provincia di Sondrio della podistica del gruppo alpini e altri gruppi talamonesi. Significativo anche il numero di talamonesi che sempre più danno la loro adesione diretta ad associazioni di volontariato più o meno importanti sia a livello locale che nazionale, come appunto il gruppo della gioia oppure EMERGENCY, SAVE THE CHILDREN, associazioni per le quali il volontariato è una vera e propria linfa vitale e che dunque viene promosso molto spesso nell’ambito di serate informative volte a stimolare il già naturale senso dei talamonesi per la solidarietà.

Antonella Alemanni

SERATA FINALE SUPERELLE

TALAMONA 28 giugno 2013 premiazione dei migliori piccoli lettori della biblioteca

IN CHIUSURA DELLA STAGIONE CULTURALE PRIMA DELLA PAUSA ESTIVA UNA SERATA SPENSIERATA DEDICATA AI BAMBINI

Quest’anno, la biblioteca di Talamona, oltre ad organizzare serate riguardo a svariate tematiche, si è prodigata anche riguardo ad un’iniziativa rivolta specificatamente ai bambini, ai suoi più piccoli lettori, indicendo per loro un concorso. I bambini avrebbero dovuto leggere il maggior numero di libri loro assegnati. Chi fosse riuscito nell’impresa sarebbe stato premiato. Il momento della premiazione è giunto questa sera alle ore 20. 30 nella sala conferenze della Casa Uboldi addobbata per l’occasione di questa piccola festicciola con gli animaletti e le creature fantastiche del bosco volte a simboleggiare l’ingresso dei bambini nel mondo delle fiabe e in generale in quello dei libri. Sono stati 20 in tutto i bambini premiati dei quali i primi 15 hanno ricevuto un libretto, un attestato e un premio a sorpresa estratto a sorte da un sacchetto. Si tratta di: Alessia Colombini, Nicola Grazioli, Alex Cerri, Mathias Pasina, Luca Lombardi, Martina Bianchini, Giacomo Ciaponi, Matilde Briotti, Annalisa Gusmeroli, Aldo Libera, Simone Luzzi, Lisa Ascari, Marta Perregrini, Simone Speziale, Raffaele Duca. Molti di questi bambini non hanno ritirato i loro premi perché assenti, dunque i premi sono stati momentaneamente consegnati alla responsabile della biblioteca Maris Cerri in attesa di essere definitivamente consegnati nelle mani dei destinatari. A questo punto è arrivato il momento dei primi cinque classificati anzi delle prime cinque, tutte femmine, che oltre ai premi già citati hanno ricevuto l’esclusiva etichetta col titolo di superlettore: Giulia Barolo, Melissa Valena, Elisabetta Busi, Alice Spinetti, Chiara Orlandi . A consegnare i premi ai vivacissimi bambini sono state l’assessore alla cultura Simona Duca e Lucica Bianchi, volontaria per la cultura, eccezionalmente questa sera nell’insolita veste di fate. Si è trattato pur sempre di una serata magica a conclusione di una felice iniziativa che ha donato ai bambini oltre ai premi la capacità di saper apprezzare i libri come ha sottolineato l’assessore alla cultura. Tra i compiti dei bambini c’era anche quello di commentare anche solo brevemente i libri letti e di indicare quali fossero i libri preferiti. Questa sera sono stati rivelati i libri che hanno ottenuto il maggior consenso tra i piccoli partecipanti al concorso ed anche tra le loro mamme. Al terzo posto LA BAMBINA CHE MANGIAVA I LUPI. Al secondo posto UN ORSETTO TROPPO ORDINATO.  Al primo posto L’ORCO, IL LUPO, LA BAMBINA E IL BIGNE’.

Dopo la premiazione, la serata ha preso una piega ancor più magica. La signora Rossana Ciaponi, trasformata in folletto ha intrattenuto i bambini raccontando una sua avventura vissuta tra gli gnomi. Il testo in realtà si intitola SPICCHI DI LUNA e, come in un secondo tempo mi ha rivelato la signora Rossana, si tratta della rielaborazione di una vecchia fiaba.

Persino il rinfresco offerto successivamente aveva una piega magica. Ai bambini sono stati offerti i pan di stelle.

Una stagione culturale iniziata tanto bene e continuata ancora meglio non poteva che concludersi così con questo augurio ai bambini di coltivare sempre dentro di sé il senso del meraviglioso e la curiosità di imparare cose nuove. Una lezione valida a qualsiasi età.

Antonella Alemanni

OMAGGIO A DOMENICO LUZZI

TALAMONA 20 giugno 2013 inaugurazione di una nuova sala alla casa Uboldi

L’INAUGURAZIONE DELLA SEDE TALAMONESE DEL CONSORZIO INDUSTRIALE COME MOMENTO DI RIFLESSIONE E MEMORIA INTORNO AD UNA FIGURA CHIAVE DELLA NOSTRA COMUNITA’

A partire da questa sera alle ore 20 il piano terra della casa Uboldi avrà uno spazio più ridotto per le mostre, ma in compenso una sala in più. Una sala che diventerà la sede del consorzio industriale. Una sala che si è deciso di intitolare a Domenico Luzzi ex sindaco di Talamona nonché figura di spicco della nostra comunità.

Un evento che è stato tenuto a battesimo dall’attuale sindaco di Talamona, Italo Riva, ed è stato salutato da vari esponenti del comune ( su tutti Simona Duca, Ernestina Cerri, Ivan Gusmeroli assessori rispettivamente alla cultura, all’istruzione e allo sport), da una folta rappresentanza della popolazione e dalla banda cittadina che ha suonato un allegro brano prima di andare ad occuparsi del concerto che si sarebbe tenuto di li a poco.

Un evento volto, tra le altre cose, a mettere in risalto la figura di Domenico Luzzi, l’importanza che ha avuto per la comunità, il legame speciale col consorzio industriale, in quanto fu proprio Domenico Luzzi a prodigarsi per lo sviluppo dell’area industriale Morbegno- Talamona e ad incoraggiare una maggior collaborazione tra i consorzi industriali dei due comuni, motivo per cui il nome dell’ex sindaco non comparirà solo sulla targa della sala, ma anche sui documenti prodotti dal consorzio d’ora in avanti.

La vita politica e l’impegno di Domenico Luzzi però non si esaurirono certo qui. Egli fu particolarmente attento anche ai problemi occupazionali sempre ben disposto ad ascoltare i lavoratori, i loro problemi e a collaborare in modo proficuo con le associazioni che li rappresentano.

Si impegnò con passione anche contro la privatizzazione dell’acqua, coinvolgendo in questa battaglia anche sindaci di altri comuni, una battaglia della quale oggi si stanno raccogliendo i buoni frutti.

Il breve discorso tenuto dall’attuale sindaco Italo Riva ha dunque delineato il ritratto di un uomo molto attento allo stato sociale e che si è prodigato molto per il suo territorio e i suoi cittadini.

Un discorso al quale hanno fatto seguito i ringraziamenti di rito a tutti i presenti e anche a chi sarebbe dovuto intervenire, ma non ha potuto per problemi personali (come Emanuele Bertolini, presidente della camera di commercio e Giacomo Ciaponi presidente del consorzio).

Tra i presenti, altri oltre al sindaco hanno voluto dire qualche parola per celebrare la figura di Domenico Luzzi. Il signor Paride ha voluto sottolineare ancora una volta come l’intitolazione della sala fosse rappresentativa dell’impegno di Domenico Luzzi in uno dei tanti settori di cui si è occupato nel corso di 40 anni di vita politica e amministrativa, ma rappresentativa anche di due punti fissi, due paletti che hanno caratterizzato la vita politica, ma anche quella personale di Domenico Luzzi: la cultura del lavoro e l’identità territoriale. A questo punto la parola è passata a Sergio Pasina, testimone con Domenico Luzzi della vita politica di Talamona e della nascita del consorzio. Un intervento il suo caratterizzato da una grande emozione che ha ricordato per filo e per segno come nacque il progetto del consorzio industriale Morbegno- Talamona.

La regione per legge o per decreto all’epoca stabilì che esisteva un polo ovest industriale della provincia di Sondrio. Il sindaco di Morbegno allora era Giulio Spini e fu con lui che Domenico Luzzi e Sergio Pasina conferirono per ideare insieme il progetto del consorzio industriale che coinvolgesse i due comuni allora confinanti attraverso la vecchia stradetta di Napoleone. Fu così che il progetto del consorzio vide la luce, grazie alla caparbietà degli amministratori di entrambi i comuni la cui collaborazione, si spera, possa continuare nel tempo tenendo conto più dei punti in comune che delle differenze.

Un ultimo intervento è stato quello del senatore Mauro Del Barba per mezzo di una lettera memoriale letta ai presenti da un delegato. Una lettera in cui il senatore (assente questa sera per impegni politici) ha ricordato tutte le qualità di Domenico Luzzi, la sua tenacia la sua passione, il suo attaccamento alla comunità di cui intuiva difficoltà e problematiche. Da un punto di vista personale il senatore ha ricordato come sia stata proprio la figura di Domenico Luzzi a spingerlo ad intraprendere egli stesso la carriera politica, ha ricordato un uomo sempre presente e prodigo di consigli, un motivo di più che rende difficile ora sopportarne la mancanza.

Con quest’ultimo intervento si è chiusa la prima parte della serata cui ha fatto seguito il concerto della filarmonica all’auditorium con rinfresco a seguire.

Com’è accaduto all’ inizio della stagione culturale, anche questa sera un evento apparentemente minore, come l’inaugurazione di una sala, si è rivelato invece un’occasione importante per scoprire, riscoprire e commemorare (questo a seconda dell’età dei presenti) un’importante figura rappresentante di un’altrettanto importante pagina della nostra storia locale.

Antonella Alemanni

LA MUSICA DELLA MEMORIA

TALAMONA 20 giugno 2013 concerto in memoria di Antonino Caruso

RESOCONTO DI UNA SERATA VOLTA AD ONORARE UN PERSONAGGIO CHIAVE NELLA STORIA DELLA NOSTRA COMUNITA’ CON CIO CHE AMAVA DI PIU’: LA MUSICA

Antonino Caruso è stato presidente della filarmonica di Talamona dal 1972 al 2008. Nel corso di questi trentasei anni, ben trentasei della sua vita, ha ricoperto questo ruolo brillantemente fino a diventare il simbolo, l’anima, la colonna portante della banda che durante gli anni di presidenza di Antonino Caruso è cresciuta come non mai sotto tutti i punti di vista. Antonino Caruso aveva infatti un grande entusiasmo, grande passione nonché una grande capacità di creare un ambiente speciale per i suonatori coinvolgendo anche una gran rete di sostenitori. Grazie a Caruso la banda può vantare innumerevoli collaborazioni con altre realtà bandistiche e corali anche al di fuori della provincia nonché una serie di esperienze straordinarie: una tappa a Venezia nel 1976, due a Trieste nel 1982 e nel 2006, altre due a Verona nel 1985 e nel 1986, due a Falcone (in provincia di Messina il paese natale di Caruso) nel 1984 e nel 2003, altre due tappe a Vienna nel 1987 e nel 2001, una in Puglia nel 2005 e una in Francia a Ugine Albertville nel 2007.

È per ricordare questa figura così straordinaria ed importante che la banda, questa sera alle ore 21, ha voluto proporre un concerto inizialmente previsto nel giardino della casa Uboldi poi spostato per via del cattivo tempo. Un evento caratterizzato in primo luogo da una grande commozione e poi naturalmente anche dalla passione per la musica in onore di questo grande presidente scomparso da qualche anno. Un concerto scandito da sette brani.

Il brano d’apertura è stato una marcia intitolata  A SANTA CECILIA di Luigi Redaelli, un brano musicale che più di ogni altro si accosta al mondo bandistico di un compositore che, sebbene italiano, per uno strano scherzo del destino ha trovato maggior fortuna all’estero anziché nella sua terra natale. La marcia A SANTA CECILIA è dedicata alla protettrice di tutti i musicisti ed è stata  proposta dalla banda con lo specifico intento rendere uno speciale omaggio musicale all’impegno del presidente Caruso nel corso della sua lunga carriera.

A seguire due brani, ALTE KAMERADEN e GREEK FOLK SONG SUITE, già proposti con successo nel corso del concerto del primo maggio e questa sera riproposti altrettanto brillantemente.

È stata poi la volta di YORKSHIRE BALLARD di James Barnes. Nato in Oklahoma nel 1949, Barnes  ha studiato composizione all’università del Kansas materia che a tutt’oggi, dal 1976, insegna nel medesimo ateneo. Vincitore di diversi premi di composizione è salito alla ribalta attraverso diverse commissioni ricevute dalle bande militari statunitensi che sono state le prime a riconoscerne il talento. La sua musica è molto brillante, spesso suggestiva con momenti di intenso lirismo e poesia. YORKSHIRE BALLARD, composto nel 1985 sintetizza tutti questi aspetti della musica di Barnes in un’atmosfera calma e densamente lirica e vuol essere un omaggio al compositore australiano naturalizzato americano Grenger del quale Barnes utilizza i densi agglomerati verticali che si formano grazie a continue sovrapposizioni polifoniche che a loro volta provengono da manipolazioni successive del materiale tematico principale. Fin dal titolo è chiaro l’omaggio a Grenger il quale, nel corso di tutta la sua produzione, ha usato materiale tematico proveniente da canti popolari delle province inglesi, scozzesi e irlandesi. Il risultato è di assoluto rilievo. Ogni nota di YORKSHIRE BALLARD sembra nata per essere in quel punto e in nessun altro. L’esecuzione di questo brano è stata accompagnata dalla lettura di un testo scritto da Antonino Caruso il primo settembre del 2006. Una delle tante poesie con cui il presidente ha voluto esprimere il suo amore per la musica e in particolare l’affetto per la sua banda. Questa poesia infatti è un acrostico. Ciascuna delle prime lettere di ogni verso, se messe in fila, formano la scritta VIVA LA FILARMONICA NINO (come veniva da tutti chiamato il presidente). La poesia è stata recitata in contemporanea con l’esecuzione musicale da Laura Gusmeroli ex suonatrice della banda che presto tornerà a suonare. Un dettaglio che ha contribuito a dare una sfumatura assolutamente unica all’esecuzione di una composizione musicale già di per sé di notevole bellezza e spessore emotivo.

È stato poi il turno di AUSTRIAN ARMY MARCH di Richard Eilemberg. La tradizione musicale austriaca ha sempre mostrato una particolare attenzione alle culture tradizionali del luogo. Tra i compositori che si sono maggiormente distinti in questo ambito c’è indubbiamente proprio Richard Eilemberg capace di scrivere musica per ogni genere di situazione: dalle marce e danze per orchestra alle operette, dai balletti alla musica militare (è stato tra l’altro l’autore dell’inno militare austriaco).

A seguire RIDE OF THE VALKYRIES, anch’esso un brano già precedentemente proposto nel corso del concerto del primo maggio in onore di uno dei più grandi compositori di sempre, Richard Wagner, questa sera ulteriormente omaggiato.

Prima dell’esecuzione dell’ultimo brano ha chiesto la parola il sindaco Italo Riva per condividere pensieri e ricordi personali riguardo alla figura di Antonino Caruso e per ricordare l’importanza della commemorazione di figure che hanno dato lustro al nostro territorio e che sono state ottime anche sotto un profilo più personale ed umano. Proprio questa stessa sera alla Casa Uboldi ha avuto luogo anche una piccola commemorazione all’ex sindaco di Talamona, Domenico Luzzi, in occasione dell’inaugurazione di una sala a lui intitolata.

A questo punto non restava che ascoltare l’ultimo brano, la marcia della Royal Air Force (meglio conosciuta col suo acronimo RAF l’aeronautica militare inglese) composta da Walford Davies che ne completò la partitura originale nel 1918. Questa marcia accompagna tutte le uscite ufficiali della flotta da parata della regina inglese, il Queens Colons Squadra, ma la si può ascoltare anche durante il cambio della guardia a Buckingham Palace.

In conclusione della serata anche Pietro Boiani, dal 2005 direttore in carica della filarmonica, ha voluto dire qualche parola per ringraziare i suoi suonatori e il pubblico sempre entusiasta e partecipe che ha poi voluto omaggiare con un brano che è stato suonato anche in conclusione del concerto del primo maggio con l’accompagnamento ritmico del battito delle mani del pubblico (quasi sempre fuori tempo, nessuno si accorgeva quando il brano era finito e i battiti continuavano).

Una conclusione divertente per un evento che, come tutti i concerti della filarmonica, si è rivelato di immenso spessore culturale per via dei brani ogni volta accuratamente scelti, eseguiti con impegno, passione e maestria che li portano dritti al cuore degli ascoltatori, impreziositi da chicche ed aneddoti che compongono le note introduttive a ciascun brano, quasi un marchio di fabbrica dei concerti della filarmonica (da cui ho attinto anche io per questo articolo) nonché, potremmo dire, una nota in più.

Antonella Alemanni

QUANDO DICIAMO “RINASCIMENTO”

L’uomo può ciò che vuole”.
(Leon Battista Alberti 1404-1472, architetto, scrittore, matematico, filosofo rinascimentale)

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Chiunque si accosti al tema del Rinascimento italiano con l’intento di comprendere perché quest’epoca sia considerata uno dei momenti di massimo splendore dell’arte di tutti i tempi, lo fa piuttosto guidato da una serie di nozioni comunemente invalse. Lo stesso termine “rinascimento” evoca un’affascinante, per quanto vaga, idea di rinnovamento, contrapposta a quella-non meno vaga- di “buio medioevo”. Da tale antitesi derivano i principi cardine che caricano di significato, in sé positivo, il rinascimento: ”Il rinascimento sancisce l’affermazione dell’individuo, il risveglio del gusto estetico, il trionfo della pagana gioia di vivere, la conquista della realtà terrena per mezzo della ragione e una nuova consapevolezza dell’individuo nel suo rapporto con il mondo”. Tali sono le entusiastiche argomentazioni che all’interno del saggio “Il problema del rinascimento”, lo storico dell’arte Johan Huizinga esprime. Se a tutto ciò si aggiungono altri due concetti, secondo cui il rinascimento si rifà allo spirito degli antichi e introduce, per la prima volta, l’uso della prospettiva nella rappresentazione della profondità spaziale in pittura, si sono riassunti tutti i principi con cui il Rinascimento si usa descrivere.
Il Rinascimento ha la sua origine a Firenze da una schiera di importanti artisti e si presenta agli inizi del Quattrocento come movimento limitato ad un’area ristretta; nel corso del Quattrocento in altre aree geografiche e nelle corti vi sono altre forme espressive diverse da quelle rinascimentali: la principale è il tarda gotico. A quel tempo, poiché il Rinascimento era la corrente innovativa del periodo, gli artisti del tardo gotico come Pisanello, Gherardo Starnina, Gentile da Fabriano, furono sottovalutati, mentre si è risvegliato, di recente, il gusto per questo stile. Tra le due correnti ci sono state delle contaminazioni, ma vi sono anche grandi differenze. Il movimento artistico rinascimentale coinvolge architetti, pittori e scultori ed ha la caratteristica di voler riportare l’arte agli antichi fasti e magnificenze dell’antica Roma e della Grecia. Il rinascimento italiano è un ribaltamento totale anche della filosofia, della letteratura, della mentalità. E’ quindi una rinascita radicale che comincia con Cimabue, Giotto e Massaccio in pittura, Filippo Brunelleschi nel campo dell’architettura e Donatello in quello della scultura.
Lo storico d’arte Barbara Deimling, nel saggio sulla pittura del primo rinascimento a Firenze e nell’Italia centrale, afferma:” La visione del mondo rinascimentale non si configura tanto come desacralizzazione del mondo e dell’arte, visto che l’uomo rinascimentale si preoccupa della salvezza della propria anima quanto quello medievale. L’obiettivo è piuttosto quello di manifestare l’ordine divino attraverso strumenti terreni, al fine di renderlo più incisivo agli occhi dei fedeli”.
Per la prima volta nella storia, l’uomo rinascimentale ha la coscienza di appartenere ad un’epoca speciale, che rompe in qualche modo il legame con il Medioevo, ma rimane l’erede incontestabile e diretto dell’Antichità. Da qui nasce l’entusiasmo per le conoscenze antiche e lo stupore per le nuove scoperte scientifiche. Il confronto tra esse porta alla costruzione di un nuovo mondo, a una nuova scala umana. Scopriamo dunque l’Italia attraverso i suoi capolavori del Rinascimento.

Lucica Bianchi

A PROPOSITO DI …TALAMONA (prima puntata)

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Ciao a tutti, sono Talamona, un paese della Bassa Valtellina, uno come tanti…apparentemente. Invece nascondo piccole curiosità che fanno di me un territorio particolare. E ve le voglio raccontare. Prima di tutto, sono nata su un conoide di deiezione-quello della Roncaiola (1)ma sull’unghia e non sull’apice, e il mio territorio è caratterizzato dalla presenza di ben 5 corsi d’acqua(2). Non credo sia un caso che il mio nome, secondo l’esperto don Giacinto Turazza, significhi ”luogo elevato dalle acque.” La legenda vuole che siano stati gli etruschi a fondarmi: la presenza del Comune di Talamone in Toscana, l’effettiva presenza sull’arco alpino di questo antico e misterioso popolo(3) potrebbero provarlo. Più probabilmente, comunque, devono essere stati i miei pascoli a fare la differenza e a permettere la costruzione di nuclei abitati, prima stagionali e poi stabili. Sì, ho detto nuclei, perché-altra cosa strana-non sono sorta a partire da un centro, bensì sparsa qua e là…un po’ su e un po’ giù tra prati, campi e boschi, occupando fin dall’inizio della mia storia una posizione di circa 3 kmq, così tanti perché comprendevo anche la zona di Tartano(4). La mia posizione, non certo predominante rispetto al resto della provincia, mi ha permesso comunque di rivestire un ruolo di una certa importanza: studi dell’ultima ora dicono che segnavo il limite tra il territorio controllato dai romani e quello dei barbari, una specie di confine, rilevante per gli scambi commerciali e il controllo militare con tanto di zone fortificate: la località Turascia(5) potrebbe essere una di queste. Per quanto riguarda il periodo romano, andiamo sul sicuro: gli scavi archeologici tra il 1881 e il 1913 hanno permesso di rinvenire anfore, vasi, armi, frecce e monete. Già dal VII sec d.C. mi ero trasformata in una Corte; niente re, principesse e cavalieri, ma un aggregato di poderi con chiesa annessa e castello: non rimane forse il toponimo di Castel su dalle parti di S.Giorgio? Gli abitanti di questa antica Corte si insediarono nelle zone alte(6)- Premiana, Civo e Val Tartano- dove si esercitava la pastorizia e l’estrazione del ferro, per poi scendere a valle dove risultava possibile coltivare vite, mais e gelso, colture introdotte dai benedettini. Cosi vuole la tradizione che parla anche di paludi. E’ vero, di zone inospitali bonificate col tempo ce n’erano, ma il confronto tra i vari gisoi ancora presenti sui maggenghi e quelli più antichi di alcune contrade portano a pensare che il territorio chiamato Arbosto(7) fosse stato abitato prima di quanto si creda. Sono rimasta un punto di sosta e scambio per lungo tempo, quindi erano presenti anche nella zona bassa luoghi adatti al baratto e stazioni di posta dove i viaggiatori e i mercanti potevano riposare e trovare animali freschi per proseguire i loro viaggi. Infatti, nel medioevo, ero famosa per l’allevamento di equini e non tanto di bovini: servivano per il trasporto del metallo lungo la mulattiera che scendeva da Tartano e che si immetteva sulla strada per l’alta valle o il lago. L’importanza della lavorazione del ferro era tale che ancora oggi rimane il toponimo Cà di Feree , zona de ladent de la Roncaiola dove, probabilmente, vivevano i proprietari delle miniere del Monte Porcile. E tanto per smentire che sono il paese del formaggio, tengo a precisare che allora non mancava nemmeno il pesce: lungo i corsi d’acqua erano presenti le peschiere per l’allevamento delle trote. Ai tempi della Corte ero divisa in colondelli –suddivisioni amministrative più grandi delle contrade- e governata da un Capitano con pieni poteri che rendeva servi i lavoratori dei fondi, cioè campi, pascoli e boschi. Le persone che vivevano sul mio territorio-per legge- non potevano allontanarsi, pagavano canoni sulle terre che coltivavano, ma erano comunque libere e, grazie ai risparmi che potevano accumulare, alle volte erano in condizione di acquistare fondi e diventare piccoli proprietari. Si trattava di appezzamenti roncati(8) lungo i fianchi dei torrenti, un’attività regolata persino sugli Statuti del ‘500 che stabilivano di donare la terra bonificata a chi ci aveva lavorato gratuitamente per togliere dai prati i massi trasportati dai fiumi durante le inondazioni.(fine prima puntata)

Puntata realizzata e curata dalla classe 3°B, anno scolastico 2012-2013 insieme alla prof.ssa Simona Duca

1.La Roncaiola; per essere precisi, il nome va messo al maschile, ma la popolazione talamonese chiama il suo torrente principale al femminile…per affetto?

2.Tartano, Malasca, Roncaiola, Civasca e Adda

3.si trattava dei Reti, che poi hanno dato nome alle Alpi Retiche

4.L’unione con la valle del Tartano è continuata fino al 1850

5.La Torraccia, il toponimo richiama la presenza di una torre

6.Qui risiedevano le famiglie più in vista : Camozzi, Lindorgi e Massizi. Da esse derivano i cognomi doc in Talamona

7.Grosso modo da Coseggio alla via Erbosta

8.E’ proprio dal termine roncare che deriva il nome della Roncaiola. I sassi venivano poi ammucchiati ai bordi dei prati e ne diventavano le muracche, i muri di divisione.

 

 

I CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA-GIOVANNI BOCCACCIO

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“Umana cosa è l’avere compassione degli afflitti, e come che a ciascuna persona stea bene, a coloro è massimamente richesto li quali già hanno di conforto avuto mestiere ed hannol trovato in alcuni; tra li quali, se alcuno mai n’ebbe bisogno o gli fu caro o già ne ricevette piacere, io sono un di quegli.”
Giovanni Boccaccio- Decameron, incipit

Nato nel 1313 a Certaldo in Toscana, dall’amore illegittimo di un mercante fiorentino per una nobildonna, Giovanni Boccaccio vive a Firenze, finché nel 1325 il padre decide di inviarlo a Napoli a far pratica di mercatura presso il Banco de’ Bardi. Nella splendida città angioina egli dà cattiva prova delle sue attitudini per il commercio e per lo studio del diritto.
Tuttavia ha la fortuna di essere introdotto nella nobile e sfarzosa corte del Re Roberto. Questo soggiorno napoletano stampa nella sua anima le impressioni più vive e durature. Giovanni si avvia con passione alle prime esperienze letterarie, viene a contatto con la grande cultura della città, una città ricca di elementi della letteratura italo-francese e di quella arabo-bizantina, e infine conosce anche l’amore appassionato per Maria D’Aquino, figlia naturale del Re Roberto e sposa di un nobile di corte. E’ un amore profondo ma infelice, che resterà sempre la nota dolente della sua vita.
Maria non divenne un simbolo, ma ispira comunque tutte le opere di Boccaccio: quelle composte nel periodo napoletano(1336-1340) come il romanzo “Filocolo” e i due poemi “Filostrato” e “Teseida”, ma anche gli altri scritti dopo il ritorno a Firenze: “Il Ninfale d’Ameto”, “l’Amorosa visione”, “l’Elegia di Madonna Fiammetta”, “ Ninfale Fiesolano”.
Il desiderio d’amore esulta anche da ogni pagina del “Decameron” e infine si esaspera in invettiva contro le donne nel romanzo satirico “Il Corbaccio”.
Ritornato a Firenze nel 1340, a causa del disastro finanziario del padre, Giovanni affronta un duro periodo di sofferenze e privazioni, e si rifugia nel conforto della letteratura. Quando nel 1348 si abbate sulla città il flagello della peste, il suo occhio spazia ormai su un’umanità più vasta e la sua ispirazione scaturisce spontanea dalla vita. Fra il 1348 e il 1353 nasce il “Decameron”.
Le cariche diplomatiche che i concittadini gli affidano, le amicizie della corte reale di Napoli, a Boccaccio non bastano per migliorare le sue condizioni misere. Ritiratosi nella casa paterna di Certaldo, approfondisce nella solitudine, verso una fede profonda, dedicandosi agli studi. Conforto di questi anni è la familiarità con gli uomini dotti del periodo preumanistico e l’amicizia con il Petrarca, un rapporto che si trasforma in un dialogo spirituale. Il Boccaccio scopre nuovi codici di autori classici, introduce nel patrimonio culturale europeo la lingua greca, scrive opere dotte in lingua latina: biografie, trattati di mitologia.
Del rinnovato culto di Dante è frutto la prima biografia dantesca “Trattatello in laude di Dante”, e il commento pubblico dei canti dell’Inferno, da lui tenuto nella chiesa di Santo Stefano di Badia(1373-1374). Nella luce di una fede sincera e pacata, che compone in serena armonia le turbinose esperienze della giovinezza, si avvia verso la morte(1375), che viene a consacrarlo fra i grandi poeti del Trecento.
Come ha potuto il Boccaccio far confluire nel “Decameron” le sue esperienze migliori, per creare un mondo vivo e di perenne allegria? Egli ha ereditato dai mercanti quel raro istinto di saper vedere con occhio preciso ogni cosa, che analizza, ridimensiona e ricompone poi in cosa nuova. Da qui nasce il sorriso come evasione al tormento e mezzo più comune di sopravvivenza, un sorriso non amaro, bensì caldo e soddisfatto di chi, in fin dei conti, sa sempre cavarsela dai guai. Di conseguenza, il “Decameron” raccoglie elementi contrastanti: erudizione e slancio creativo, sacro e profano, ingenuità e astuzia, novità e tradizione, perfezione morale e perversità, simbolo e realtà, beffa e amore sincero.
Nel “Decameron” un’allegra brigata di giovani narra cento novelle, nel giro di dieci giornate. Sono sette fanciulle e tre giovani uomini, che hanno deciso di lasciare Firenze per sfuggire al contagio della peste e rifugiarsi in campagna, dove si dedicheranno agli svaghi e alla narrazione. Ogni giorno eleggono la regina o il re cui spetta di dettare il tema delle novelle che ciascuno dei dieci narrerà. Ma questa cornice è puramente fittizia e le figure dei narratori svaniscono come simboli. Anche la descrizione iniziale della peste è dimenticata per fare posto alla materia vasta e risonante di voci di vita vissuta. Tipi umani autentici, pescati dal popolo minuto, dalla nobiltà o dalla borghesia, provenienti da ogni parte del mondo. L’Oriente s’incontra con l’Occidente, la terra con il cielo. Tutta l’umanità viene a popolare la letteratura, parlando il linguaggio abituale: il
volgare. Dietro questi personaggi si nasconde il sorriso compiaciuto di Boccaccio, che di ciascuno ammira le virtù e compatisce i vizi. E se Maria d’Aquino si cristallizza nella figura sofisticata di Fiammetta, il soffio dell’amore aleggia dovunque. E’ un amore che assume mille aspetti diversi. Tutti gli eccessi si ricompongono nell’incanto dell’arte, diventando mosaico di colori, di suoni, di movimenti.
Capolavoro di varia umanità, il “Decameron” e perennemente vivo e attuale, perché non rispecchia soltanto un particolare momento storico, ma affonda le sue radici nell’eterna vicenda dell’uomo: la vita, il sorriso, le lotte, gli amori, le beffe. E proprio un figlio di mercanti come il Boccaccio, carico di esperienze reali di vita, viene a scoprire questo mondo profano del tardo Medioevo. Con lui la letteratura entra nella vita e la vita stessa nella letteratura. L’anima di tutto questo non è più una dottrina o un simbolo, ma l’uomo autentico, cosi com’è, come vive, come parla e come ama.

Lucica Bianchi

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LE NUOVE SETTE MERAVIGLIE DEL MONDO

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Il Colosseo, Il Taj Mahal, Il Complesso di Chichen Itza, La Città Perduta di Machu Picchu, Il Cristo Redentore, Il Sito Archeologico di Petra e La Grande Muraglia Cinese.
Sabato, 7 luglio 2007, a Lisbona, Spagna, sono state proclamate le sette meraviglie del mondo moderno. La cerimonia si è svolta allo “Stadio della luce”, dalle 22:30 alle 24:00 (ora italiana), e trasmessa in diretta streaming sul sito ufficiale. I presentatori erano le attrici Hilary Swank, Bipasha Basu e l’attore Ben Kingsley. Tra le varie personalità che vi hanno partecipato ci sono stati: Jennifer Lopez, Jose Carreras, Cristiano Ronaldo, Dulce Pontes, Neil Amstrong.
Il sondaggio, svolto via Internet, aveva raccolto in totale circa 100 milioni di voti. Scopriamo insieme anche queste meraviglie del mondo!
Capitolo 1- Colosseo
“Quamdiu stabit Colyseus stabit et Roma;
cum cadet Colyseus cadet et Roma;
cum cadet Roma cadet et mundus.”
(Profezia di Beda il Venerabile, VIII secolo d.C.)

Il Colosseo, originariamente conosciuto come Anfiteatro Flavio, è il più grande anfiteatro del mondo. Si trova nel centro della città di Roma ed è in grado di contenere fino a 50.000 spettatori.
E’ conosciuto in tutto il mondo come simbolo dell’Italia.
La sua costruzione fu iniziata da Vespasiano nel 72d.C. e fu inaugurato da Tito, suo figlio, nell’80d.C.
Il nome Colosseo, che deriva dalla vicina statua del Colosso di Nerone, si diffuse solo nel Medioevo. Fu principalmente usato per spettacoli di gladiatori e manifestazioni pubbliche varie.
Al Colosseo venivano portati i primi cristiani per essere giustiziati.
Il Colosseo come il centro storico di Roma insieme alla zona extraterritoriale della Santa Sede in Italia e la Basilica di San Pietro fuori le mura, sono stati tutti inseriti nella lista dei Patrimoni dell’Umanità dell’ UNESCO, nel 1980. Il Colosseo romano, oltre ad essere un monumento storico e meta di tanti turisti ogni anno, è diventato anche una delle sette meraviglie del mondo.
Alessandra Luzzi

I GIARDINI PENSILI DI BABILONIA

I giardini pensili della Babilonia (Babilonia significa letteralmente “Porta di Dio”), sono stati costruiti intorno al 590 a.C. dal re Nabucodonosor II, anche se la tradizione attribuisce la costruzione alla regina Semiramide.

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Edgar Degas, Semiramide alla costruzione di Babilonia, 1861, olio su tela, Parigi museo d’Orsay.

La leggenda narra che la regina trovava nei giardini di Babilonia delle rose fresche ogni giorno anche se il clima era arido. La questione della locazione dei giardini è ancora oggi irrisolta e gli studi hanno lanciato diverse ipotesi. La prima fu fornita dall’architetto tedesco Robert Koldewey che ha condotto degli scavi nel 1889 e 1917, scavi che hanno portato alla luce un’enorme struttura formata da 14 stanze, e per questo motivo pensò che i giardini si trovassero nell’angolo nord-orientale del palazzo reale, là dove appunto gli scavi hanno dato alla luce la struttura.
La seconda teoria fu avanzata da D.J. Wiseman, che immaginò i giardini a ovest del palazzo, perché presso le rive dell’Eufrate, che si trova in quella parte, i giardini avrebbero trovato l’acqua necessaria.
Nella prima meta degli anni ’90, lo studioso D.W.W. Stevenson ipotizzò che i giardini si trovassero a sud del palazzo. I giardini non si potevano trovare a ovest, perché a quel tempo, la zona in questione era coperta dal fiume Eufrate.
L’ultima teoria, sostenuta da Stephanie Dalley, afferma che i giardini non si sarebbero trovati in Babilonia, ma nella città vicina, Ninive. Le fonti babilonesi infatti, non nominano per niente l’esistenza di questi giardini, mentre le fonti assire testimoniano di importanti lavori idrici a Ninive, sotto il Re Senacnerio(668a.C.-631a.C.), nonché della presenza di giardini presso le rive del fiume Khors. Nei Giardini Pensili di Babilonia sono ambientate alcune scene dell’opera Semiramide scritta da Gioachino Rossini e rappresentata al teatro La Fenice il 3 febbraio 1823.

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Alessandra Luzzi, Anita Bertolini