Il tondo “Leonardesco” di Ridolfo del Ghirlandaio

Orizzonti d’arte a cura di Annalisa Di Maria

Annalisa Di Maria, originaria di Alessandria, è studiosa, curatrice artistica ed esperta internazionale d’arte specializzata nell’iconografia pittorica rinascimentale. Membro del Comitato di esperti del Club per l’UNESCO di Firenze.

L’eredità rinascimentale si perpetua nella trasmissione di tecniche e stilemi artistici, in un intreccio di reciproche influenze tra gli artisti. Ridolfo del Ghirlandaio, figlio di Domenico, ne è un esempio. Formatosi nella bottega di Fra Bartolomeo e influenzato da Raffaello, suo amico, rivela in realtà un’impronta leonardesca più marcata di quella del suo maestro. Il dipinto in esame (Foto 1) evoca in maniera inequivocabile il linguaggio stilistico peculiare di Ridolfo del Ghirlandaio.

La versione attribuita a Fra Bartolomeo del dipinto e custodita a Dublino, presenta delle variazioni rispetto all’esecuzione del Ghirlandaio. Si ipotizza che l’originale ideazione compositiva sia da ascrivere al Ghirlandaio, desumendolo dalla complessità e dall’inventiva dei dettagli, che caratterizzano il suo stile. Nella versione di Fra Bartolomeo, le figure mostrano una plasticità accentuata, simile a quella riscontrabile in Albertinelli. L’attribuzione anche del dipinto di Dublino a Ghirlandaio, avanzata da Matteo Gianeselli, non fu considerata dal museo stesso, preferendo quella a Fra Bartolomeo, come riporta nel suo catalogo per l’attribuzione della versione in studio, lo storico dell’arte Carlo Falcioni. Nel dipinto attribuito a Ghirlandaio, il panneggio e la resa delle vesti della Vergine richiamano la maniera di Leonardo da Vinci, precedente all’influsso raffaellesco, testimoniando l’ascendente di Leonardo, sulla generazione successiva, incluso Raffaello nel periodo fiorentino. È probabile che Ridolfo del Ghirlandaio abbia avuto accesso alle opere di Leonardo prima di Raffaello, data la loro comune origine culturale fiorentina, e questo dipinto ne sarebbe la prova.

L’ispirazione stilistica del Ghirlandaio a Leonardo trova riscontro in questo dipinto in opere quali la “Madonna Benois”, l’”Annunciazione”e nella “Madonna dei Garofani”, intriso degli stilemi propri della Firenze medicea quattrocentesca. Le preziose indicazioni che Leonardo apprese da Verrocchio – la resa dettagliata delle gemme, l’enfasi sulla volumetria e la ricchezza dei panneggi scultorei – sono elementi stilistici fondanti, trasmessi a discepoli e seguaci anche indirettamente.

La forma e la caduta della manica evocano richiami stilistici con rappresentazioni pittoriche leonardesche. Gli studi sui panneggi per la Sant’Anna di Leonardo, conservati oggi al Louvre, svelano inequivocabilmente le fonti di ispirazione e la profondità del processo creativo di ispirazione creativa leonardesca del Ghirlandaio.

Foto 1 Ridolfo del Ghirlandaio – The Madonna and Child with the Young St. John the Baptist, Oil on panel, Ø 84cm, circa. 1508–10, collezione privata.
Foto 2 Fra Bartolomeo, Museo Nazionale Irlanda

Foto 3 La Madonna Benois, olio su tavola poi trasferito su tela (48×31 cm), ascrivibile alla produzione di Leonardo da Vinci nel periodo 1478-1482, costituisce oggi un’importante opera conservata presso il Museo Statale dell’Ermitage di San Pietroburgo.

L’analisi del panneggio della Vergine rivela una chiara eco degli studi sui tessuti condotti da Leonardo da Vinci, in particolare quelli preparatori per la sua Sant’Anna, evidenziando un’influenza stilistica e tecnica riconoscibile.

Foto 4 Leonardo da Vinci: Studio di panneggio per la Madonna con Sant’Anna, Musée du Louvre.

Foto 5 dettaglio panneggi opera del Ghirlandaio a confronto

Foto 6 L’Annunciazione, olio e tempera su tavola (98×217 cm), è attribuita a Leonardo da Vinci e databile tra il 1472 e il 1475 circa. Si trova nella Galleria degli Uffizi a Firenze.

Foto 7 Madonna del Garofano è un dipinto a olio su tavola (62×47,5 cm) di Leonardo da Vinci, databile intorno al 1473 e custodito nell’Alte Pinakothek di Monaco di Baviera.

L’opera di Ghirlandaio suggerisce, per via indiretta, l’esistenza del cartone preparatorio di Leonardo da Vinci per la Sant’Anna oggi irreperibile, e la sua probabile presenza in città fino al 1508, anno d’inizio dell’esecuzione del dipinto da parte di Ghirlandaio. Inoltre, questo dato, fornirebbe elementi indiscutibili sulla differenza iconologica e iconografica esistente tra il cartone della Sant’Anna perduto e quello conservato oggi alla National Gallery di Londra. Le testimonianze di Novellara, Vasari e Bellori meritano dunque una rivisitazione critica e approfondita, tenendo presente che il dipinto della Sant’Anna conservato oggi al Louvre, allo stato attuale degli studi, si presenta come il più congruente con le descrizioni del cartone, fornite da Vasari e Novellara.

«Finalmente fece un cartone dentrovi una Nostra Donna et una S. Anna, con un Cristo, la quale non pure fece maravigliare tutti gl’artefici, ma finita ch’ella fu, nella stanza durarono due giorni d’andare a vederla gl’uomini e le donne, i giovani et i vecchi, come si va a le feste solenni, per veder le maraviglie di Lionardo, che fecero stupire tutto quel popolo.»
(Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568), Vita di Lionardo da Vinci

Il frate carmelitano Pietro da Novellara, in una missiva indirizzata a Isabella d’Este e datata 3 aprile 1501, offre una testimonianza del cartone fiorentino, descrivendo “un Cristo Bambino di età circa un anno, che uscendo quasi de’ bracci ad la mamma piglia un agnello et pare che lo stringa. La mamma quasi levandosi de grembo ad S. Anna, piglia il bambino per spiccarlo dall’agnellino. S. Anna, alquanto levandosi da sedere pare che voglia ritenere la figliola che non spicca il bambino dall’agnellino”.

Foto 8 Pietro da Novellara, Lettera a Isabella d’Este, 3 aprile 1501, Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, E, XXVIII, 3. b. 1103, C. 272.

L’arte del Ghirlandaio, si caratterizza per la fusione della dolcezza dei volti di Raffaello con il rigore anatomico e stilistico di Leonardo, dei richiami del padre Domenico e del suo maestro Fra Bartolomeo, evocato chiaramente in questo dipinto. L’individuazione di questo pregevole tondo, contribuisce ad arricchire il mosaico della fase giovanile di Ridolfo del Ghirlandaio e ad approfondire la comprensione delle prassi operative nella sua bottega, dove l’impiego di cartoni permetteva la modulazione delle proporzioni delle figure a partire da modelli permeati dal suo stile equilibrato e armonico nella Firenze del primo Cinquecento. Questo porta a presupporre che entrambi i dipinti, quello di Dublino e questo in esame di collezione privata, possano essere opere del Ghirlandaio e della sua bottega. L’aderenza stilistica di Ridolfo ai canoni quattrocenteschi, pur garantendo coerenza a una produzione artistica copiosa, ha ostacolato, nel panorama critico del Novecento, una sua piena rivalutazione. Questo nonostante l’efficienza della sua bottega e il prestigio delle commissioni ricevute da esponenti dell’aristocrazia e del clero, suggerendo oggi, la necessità di una più approfondita analisi della sua opera e della sua preziosa maestria. La dolcezza e la raffinatezza dei dettagli suggeriscono, come già evidenziato da Falcioni, inequivocabilmente l’attribuzione del dipinto a Ridolfo del Ghirlandaio.